Solitudine: Drogati di solitudine

Drogati di solitudine
Alessandro Bertirotti

È tutta questione di… amore.

Quando ho terminato di leggere questo articolo, sconvolto per quello che avevo compreso e saputo, ho iniziato subito a scrivere quello che la mia mente cominciava ad elaborare sapendo che sarebbe stato utile a molti conoscerne le conclusioni.

Sono anni che esiste il problema, in Occidente ma non solo, della dipendenza, ossia dell’incapacità da parte di alcune persone di allontanarsi da forti legami di sottomissione che annebbiano ogni forma di reazione volontaria che impedisce di avere la libertà di agire e scegliere.

Sappiamo che esiste la dipendenza dal gioco, dal fumo, dall’alcool, dalla droga, dalle sette, e dalla cattiveria omicida altrui (e mi riferisco a quelle relazioni di coppia all’interno delle quali la femmina umana riesce ad amare il proprio carnefice). Gli interventi per liberarci da questa situazione hanno sempre fatto leva sugli aspetti attrattivi delle diverse droghe d’abuso, perché ne hanno evidenziato il potere che queste sostanze hanno nell’annullare la volontà. In realtà, queste droghe si innestano in un tessuto esistenziale già privo di volontà, proprio perché si tratta di persone abbandonate nel silenzio della propria solitudine.

Eppure, dalle ricerche che in questo articolo vengono riportate, scientificamente condotte da studiosi che fanno parte dell’Accademia mondiale, emerge un dato completamente diverso: non è la droga a creare la dipendenza nella mente umana ma è una vita solitaria, disgiunta da ogni legame affettivo, che può indurre a cercare di fuggire da questa realtà stessa attraverso “una droga” qualunque essa sia.

La dipendenza nasce dalla solitudine e dalla negazione di ogni rapporto sociale affettivamente significativo. Come combatterla allora? L’unico rimedio è inserire la mente “colpita” all’interno di un sistema di relazioni amicale ed amorose di particolare importanza e rilevanza.

Se le cose stanno in questo modo, come le ricerche scientifiche dimostrano, comprendiamo il perché siamo di fronte al fenomeno dei social network, della telematica, e dell’uso di droga anche da giovanissimi. Ci siamo sempre di più allontanati dall’amore, dagli affetti, convinti che l’autonomia esistenziale significasse decidere di noi stessi e della nostra vita senza avere bisogno di nessuno. Abbiamo creduto, e molti ancora lo credono, che possiamo, da soli, bastare a noi stessi.

Abbiamo creato una società che avidamente consuma tutti i legami possibili, ne abbiamo stretti di nuovi, spesso vuoti e vacui ma che promettono una “sorpresa”, che diventa un’ulteriore dipendenza mentale.

In questo contesto la famiglia e la scuola dovrebbero ripartire dal recupero di atteggiamenti tradizionali, legati appunto a quella rete di relazioni sociali affettivamente significative che abbiamo perso, giudicandole antiche, passate e demodé.

Comprendere che all’origine dei maggiori mali umani vi è l’assenza di legami significa che abbiamo una sola possibilità rivoluzionaria di fronte a noi: perseguire l’amore, come fonte, mezzo e fine dell’intera esistenza umana.


ale

Alessandro Bertirotti, antropologo della mente, è nato nel 1964. Si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È Vice Segretario Generale dell’Organizzazione Internazionale della Carta dell’Educazione CCLP Worldwide dell’UNESCO, membro del Comitato Scientifico Internazionale del CCLP e Membro della Missione Diplomatica, per l’Italia, Città del Vaticano, Repubblica di San Marino e Malta, del CCLP Worldwide presso l’Unione Europea. È docente di Psicologia Generale presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Genova. Il suo sito è www.alessandrobertirotti.it