Obolo di Garibaldi; doni municipali

COP CIV CATTRICERCA EFFETTUATA SU “GOOGLE LIBRI” DAL LIBRO “LA CIVILTA’ CATTOLICA ” ANNO VIGESIMOQUINTO VOL.IV DELLA SERIE NONA -FIRENZE -1874
Da pag.611 A 612

CRONACA CONTEMPORANEA
Firenze, 28 novembre 1871.

I.COSE ITALIANE
1. Obolo di Garibaldi; doni municipali; Garibaldi rifiuta le sottoscrizioni ed accetta i denari -2. Elezioni politiche dell’S novembre: astensioni dei cattolici; incuria delle pluralità dei liberali – 3. Ballottaggi del 15 novembre; risultato delle elezioni – 4. Inaugurazione della XII legislatura il 23 no¬vembre; discorso della Corona.

I. A crescere la fama dell’eroe di Marsala, presentemente romito alla Caprera, i suoi partigiani seppero molto bene vantaggiarsi di alcuni dissesti finanziarii, sopravvenuti nella sua famiglia. I due figli dell’eroe non partecipano punto dell’austera frugalità del padre loro. Il Menotti principalmente si avventurò in varie imprese, che si dicono speculazioni, firmando cambiali per ingenti somme. Anche il Ricciotti, menando allegra vita a Londra, dove sposò la figlia d’un banchiere, ricco si, ma non disposto a lasciarsi spennacchiare, contrasse obbligazioni e debiti rilevanti. Giuseppe Garibaldi non voleva nè poteva tollerare che qualche macchia non politica dovesse contaminare il nome de’suoi figli, e si dispose a pagar per loro. Vendette pertanto il piccolo ma, ottimo Yacht a vapore, che egli aveva avuto in dono da non ci ricorda più quale lord inglese. Ne ricavò lire 80,000; e queste diè in mano ad un tale, che gli pareva meritevole di piena fiducia, affinchè le portasse a Genova per satisfare alle obbligazioni del Menotti. Ma il messaggiere non resistette alla tentazione di fare un bel viaggio a spese di Casa Garibaldi e scomparve portando seco le 80.000 lire. Il Garibaldi così truffato non volle venir meno a ciò che gli consigliava l’onore, e mandò chieder denaro in prestito al Banco di Napoli, dando in ipoteca la sua Caprera.
Quest’avventura d’indole tutta privata si venne ben tosto a risapere dal pubblico. I giornali del suo partito intonarono subito inni di compianto al novello Belisario. Un Americano, corto Rosa, scrisse all’eroe offrendogli un migliaio di dollari, che poi non pagò.
Questo fu come la scintilla, che mette fuoco alle polveri. Altri ed altri antichi amici e cooperatori del Garibaldi imitarono l’esempio e con una calcolata ostentazione gli offerirono buone somme di denaro. Il Senatore Raffaele Conforti mandò stampare nella Gazzetta d’Italia, che mentre il Garibaldi era Dittatore dell’Italia meridionale, il Consiglio dei Ministri, preseduto dal Pallavicino, volendo dargli un segno di riconoscenza, con decreto firmato da tutto il Consiglio, aveagli assegnato sul Debito pubblico un’annua rendita di lire 150,000; e che il Garibaldi fieramente la ricusò, dicendo: Il Governo sono io, i ministri sono miei mandataril e quindi, accettando, farei un dono a me stesso “Ma che soggiunse: « Allora solo potrò accettare un dono pei servigi che rendo al paese, quando, compiuta l’unità d’Italia con Roma capitale, mi sarà conferito dalla Rappresentanza nazionale. »
Tanto bastò perché si bandisse stretto dovere delgl’Italiani il dare al Garibaldi la meritata ricompensa, sì dai privati con ispontanee oblazioni, si dai Municipii a nome dei loro amministrati, e si dal Governo e dal Parlamento.
Avviaronsi pertanto sottoscrizioni, a Genova, per l’obolo di Garibaldi. Ma queste non gli piacquero, nè poteano piacergli, sapendo egli abbastanza quale suol essere il loro risultato fra liberali; e scrisse al Riboli suo carissimo, per rifiutarle, una lettera ristampata poi a gara da tutti i giornali democratici, ed anche dalla Libertà, n. 320 del 16 novembre. Dalla quale apparisce che al Garibaldi non vanno a sangue le sottoscrizioni ed offerte per via di giornali ; ma che non disdegna punto di accettare il denaro sonante che mandasi immediatamente a lui, sia dai privati, sia dai municipii.
Quando il Garibaldi scriveva questa lettera, le sue intenzioni a tal proposito già erano conosciute, per affettuosa indiscrezione dei suoi confidenti; e il proverbio dice : A buon intenditor poche parole. La Capitale del 30 ottobre pubblicava quanto segue, “Il consiglio Comunale di Napoli ha ieri l’altro compito un nobilissimo atto. Il consigliere Simeoni presentò la proposta di assegnare a Garibaldi in nome della città di Napoli 3000 lire in modesto vitalizio. »
La democrazia italiana si affrettò d’imitare questo buono esempio. Già fin d’ora non pochi Consigli comunali decretarono, a favore del Garibaldi, l’annua rendita quale di 1,000, quale di 2,000, e quale di 3,000 lire, in attestato di gratitudine per quanto egli fece a pro dell’Italia rivoluzionaria, e specialmente per estirpare il cancro del Papato. Accortamente fu insinuato dai giornali della setta italiana e subito accolto ed applaudito dagli stranieri, il disegno, che simigliante tributo fosse offerto dalla democrazia straniera, e notantemente dalla francese, per gratitudine degli alti fatti di guerra compiuti dall’eroe ad Autan, presso Digione e sui Vogesi durante l’ultima guerra Franco-Germanica. `

Garibaldi accetta