Il racconto dei fatti di Casamari

ridRICERCA EFFETTUATA TRAMITE GOOGLE LIBRI SUL TESTO “La civiltà cattolica -anno duodecimo VOL:IX serie quarta ” ROMA 1861-
pag 487-489

5.È ormai fuori dubbio come, in forza della libertà, i rivoluzionari travisano i fatti e stampano calunnie di nuovo conio. Il racconto dei fatti di Casamari, a modo loro composto, ce ne dà nuova pruova. Noi incominciamo coll’asserire esser pienamente falso che i Monaci rinchiudessero nel monastero munizioni, polveri, armi, cannoni ed altro, a meno che non si volessero appellare con tali nomi i Crocifissi cui dagli invasori furono troncate le braccia, la statuetta rappresentante il S. Bambino che decapitarono, vari involti di Sante Imagini, da alcuni giornali chiamate figure oscene, le discipline trovate nelle celle di ciascun Religioso alle quali han dato il titolo di femmine di cattiva fama. È falsissimo che l’Abate di quel Monastero, vecchio anacoreta, incapace di mentire, abbia tenuto carteggio coi reazionari, come venne inventato dai giornali della menzogna; e possiamo egualmente asserire che se una lettera gli si scrisse da Roma; era quella di un pacifico suo antico amico, che qui in nota riferiamo a verbo(1- Reverendiss. P. Abate. Conosco come la P. V. Rma sempre intenta a menar vita claustrale sia aliena d’ immischiarsi in fatti o notizie politiche, conosco però anche a carità immensa della P. V. nell’ospitar foresticri di passaggio, o pellegrini, o poveri non ostante le ristrettezze economiche del Monastero, e perciò mi faccio lecito consigliarla, nelle attuali circostanze, a conservar rigorosameste il sistema che mi dice aver intrapreso, di congedar con bel garbo chiunque costì si presenti sotto qualsiasi titolo: potrebbe sotto il manto di pellegrino introdursi qualche capo della reazione e dar motivo a nuove invasioni di piemontesi. Da quanto mi scrisse, un 200 tra piemontesi e guardia nazionale di Regno saccheggiarono la sua Grancia di Anteva abitata da un solo custode di quel locale, potrebbe rionnovarsi il saccheggio in Casamari con maggior danno del primo. Scrivo ad uno che non s’intriga de fatti altrui e perciò sono sicuro di non offenderla. In fretta ma sempre con la consueta stima e venerazione mi confermo, Della P. V. Rma. Roma 21 Gennaio 1861. Affezionatissimo Servo ed Amico vero G. B. C.) .
Ciò premesso ecco la vera storia di quanto accadde a Casamari il 22 scorso, narrataci dallo stesso Abate del monastero che, dopo la dispersione de’suoi Religiosi, si recò in Roma al solo fine d’implorare da cui spetta la sicurezza personale de’ suoi Monaci, prima di riunirli nel loro S. Ritiro.
Nelle prime ore pomeridiane del 22 fu egli chiamato in un casolare di campagna per confessare un infermo; tornava dal pietoso ufficio, quando nelle vicinanze del Monastero seppe quanto ivi succedeva : valeva correre tra i suoi Religiosi, ma da questi che fuggivano con gli abiti crivellati dalle palle de’ Piemontesi, fu obbligato a ritirarsi. I Piemontesi divisi in tre colonne invasero furibondi il Monastero, dopo aver inseguito i reazionari che stavano al confine di Regno e che indietreggiando battevansi con essi, finchè alla prossimità di Casamari, traversando il fiume Masena e la contigua selva, si diressero a Bauco. Entrate le truppe piemontesi, e non avendo trovato che soli Monaci, spianarono contro di essi i fucili, imponendo la uscita dal Chiostro sotto pena della fucilazione, e tirando fucilate ai fuggitivi monaci, che si salvarono per miracolo; e nello scacciare il Priore P.D.Bernardo Pietralissa,piemontese, gli dissero,che qualunque monaco avessero rinvenuto nel locale lo terrebbero per un brigante e lo fucilerebbero sull’atto. Rimasti soli, dopo sì gloriosa vittria contro 40 monaci inermi e di santa vita, cella per cella, ambiente per ambiente, fracassarono ogni porta, e tutto misero a ruba e sacco, avendo oltre i cannoni, recato anche alcuni carri pel trasporto degli oggetti da rubarsi al Monastero: tutto ciò, che non poterono intascare e incassare, fu, tutto fracassato a rigor di termine; quindi in chiesa, rotta la porta della sagristia, rubarono ogni sacro arredo, Calici, Ostensorio, Pissidi, Reliquarii e sagre reliquie, biancheria, cera e tutt’altro; spogliato ogni Altare,saliti all’Altar maggiore e non trovando la chiave; ruppero i gangheri per ;il S. Ciborio, staccarono la lamina di metallo dorato che ne guarniva lo sportello, gettarono a terra le S.S. Particole, spargendole dall’altar maggiore al primo Altare della navata a destra e rubarano la Pisside; tagliarono braccia ai Crocifissi e la testa alle imagini del S. Bambino, e nelle stanze dell’Abate involarono Mitre, Croci da petto, anelli abaziali, ed ogni cosa in esse esistente, come già nelle rispettive celle dei Monaci e nelle varie officine avevano fatto.
Di ciò non paghi incendiarono a basso la Farmacia con un danno di oltre quattro mila scudi, il laboratorio chimico, è la libreria annessa ; incendiarono le stanze della Cellereria ossia dell’Amministrazione, con la perdita di ogni carta relativa al Monastero, cioè Apoche, Istromenti, Scritture, Obbligazioni, Ricevute, Cabrei, Mappe, Codici, libri di computisteria ecc. ecc. con danno non solo incalcolabile, ma irremediabile del Monastero ivi fondato da sette secoli ed abitato dal luminare de1la Francia S.Bernardo Abate. Un solo religioso converso, che non erasi sottratto,alla furia di quella truppa, fu legato e chiuso nella Farmacia tra le fiamme ma con l’aiuto del Signore potè fuggire sollevando coi piedi una porticella che menava dalla farmacia al chiostro interno e alla chiesa,ove pel primo osservò lo spettacolo delle SS. Particole gettate al suolo. Queste,alla partenza de’ Piemontesi, furono raccolte dal P. Maestro de’Novizi, chiamato appositamente donde rifuggiavasi in quelle vicinanze; che,postele in un pannolino, non avendo più vasi sacri, le conservò in altro piccolo Ciborio, e nel seguente giorno; fattosi prestare un Calice e tutto l’occorrente dalla Chiesa d’un vicino paese, potè consumarle nella celebrazione della Messa.

Appiccato l’incendio anche al fienile, ed usata la cera della,Chiesa nell’illuminar le fenestre del Monastero in segno di giubilo, le truppe piemontesi partirono verso le 9 pomeridiane.
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