La Novena di Natale

La Novena di Natale

I primi fiocchi di neve che galleggiano nell’aria dal cielo fino a depositarsi delicatamente sulla terra in questi giorni, sono ricchi di spiritualità natalizia, quella spiritualità che scendeva sul capo delle genti di campagna il 16 dicembre di ogni anno quando di buon mattino ancora sommerso dal buio, con la sola luce delle lanterne, si recavano in paese per la Novena di Natale nella Chiesa Madre del SS. Salvatore. I fedeli percorrevano i sentieri che conducevano all’abitato in fila indiana creando una suggestiva fiaccolata fino ad attraversare i vicoli nel cuore dell’antico caseggiato rapito dalla musica e dalle dolci parole dell’inno al Natale della Novena composta da “Umbert r Casc’tégl’” al secolo Umberto Sforza, in arte ciabattino. Dalle case come dicevano in quel tempo “prenotate”, si udiva la dolce melodia del capolavoro musicale per quella che era diventata la “Novena privata” portata tra le mura domestiche dei vecchi ammalati e allettati. La Novena di Natale pur non essendo una preghiera ufficiale della Chiesa, costituisce comunque un momento particolarmente significativo della vita delle comunità cristiane. E proprio perché non è una preghiera ufficiale, la Novena può essere realizzata secondo le diverse usanze popolari, com’era appunto quella di Pontelandolfo: la bellissima Novena del musicista ciabattino Umberto Sforza. “E’ la notte del colmo del verno/entro fredda spelonca romita/un bambino apre gli occhi alla vita/e riposa sul nudo terren …”, iniziava la sua opera. “Egli è nato ripete la valle, cui fanno eco le cime dei monti, Egli è nato leviamo le fronti, siano redenti dischiusosi è il ciel …”, era il preludio della fine: “… si è compiuto il prodigio superno, gloria gloria cantiamo al Signor”. La Novena del Santo Natale fu eseguita per la prima volta nel 1720 a Torino in una casa di missionari vincenziani, nella Chiesa dell’Immacolata. Grazie alle loro missioni poi, la Novena trovò presto diffusione in Piemonte e da qui in tutta Italia, fino alle nostre comunità.

Gabriele Palladino