Distanze “Un metro e mezzo non basta”

“Un metro e mezzo non basta”. ​Ora Galli vuole misure più dure

La variante infetterebbe di più rispetto alle altre e il distanziamento finora tenuto potrebbe non bastare
Valentina Dardari – Lun, 01/03/2021

Il distanziamento che abbiamo finora cercato di tenere di un metro e mezzo potrebbe non bastare con la variante inglese.

Questo nuovo allarme andrebbe a cambiare ogni convinzione. Che la variante inglese abbia una capacità di diffusione maggiore rispetto al virus originario era già stato ipotizzato ma nessuno aveva pensato che a causa di ciò la distanza di un metro e mezzo potrebbe rivelarsi vana.

“Il metro e mezzo non basta”

A mettere la pulce nell’orecchio è stato Massimo Galli, primario dell’Unità di Malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano, che è intervenendo alla trasmissione Agorà in onda su Raitre. Parlando della variante inglese, Galli ha spiegato che “una velocità di trasmissione maggiore del 37 o del 40% vuol dire che probabilmente il virus va anche più lontano del solito metro e mezzo e infetta più efficacemente anche bambini e ragazzi. Per fortuna non sembra più capace di ammazzare. Una concentrazione magari anche inferiore delle famose goccioline riesce ad arrivare qualche centimetro più in là e a infettare per la maggiore affinità di questa variante nei confronti dei nostri recettori cellulari. Sono ipotesi che hanno una logica e che ci spaventano in modo particolare, soprattutto perché la variante GB è destinata a diventare presto prevalente in Italia, se non lo è già”. E quando si tratta di ottimismo nessuno batte Galli. Che ha poi aggiunto che in questo caso la media dell’età dei soggetti positivi è più bassa rispetto al normale. Solitamente contraggono il virus prima i bambini e i ragazzi e in seguito lo trasmettono agli adulti e poi alle persone anziane. Quindi, come sottolineato da Galli, se non riusciremo a partire in modo efficace con la campagna vaccinale, il rischio è che avremo un numero elevato di soggetti fragili che potrebbero infettarsi.

La variante inglese e i bambini

Come riportato dal Corriere, durante la conferenza stampa di venerdì scorso, Gianni Rezza, direttore generale della Prevenzione al Ministero della Salute, si era detto preoccupato per il diffondersi delle varianti, tuute, anche la brasiliana e la sudafricana, non soltanto quella inglese.“Abbiamo regioni in cui vediamo focolai che rappresentano motivi di preoccupazione, perché molti di questi sono dovuti alla circolazione di varianti che corrono di più. Dobbiamo tenere molto alta la guardia e intervenire, dove serve, tempestivamente e anche duramente. Quindi direi che la strategia è: contieni e vaccina. Dobbiamo mitigare l’andamento per esempio della variante inglese: sappiamo che diventerà dominante nel giro di pochissimo tempo, ma sappiamo che possiamo contrastarla con il vaccino e con un’opera costante di mitigazione: su questo dobbiamo essere molto attenti e pronti”.

Da quello che finora si è capito è che questa variante GB infetta tutte le fasce di età allo stesso modo, bambini compresi. Un team di studiosi del King’s College Hospital di Londra, durante un intervento pubblicato su The Lancet Child and Adolescent Health, ha tenuto a sottolineare che durante la seconda ondata non sono state riscontrate malattie più gravi nei bambini e nei ragazzi. La variante in questione non avrebbe quindi un decorso clinico molto diverso da quello osservato nel ceppo originale. Le forme respiratorie gravi nei malati Covid più giovani rimangono un evento raro.

Le aziende farmaceutiche si stanno attrezzando

La sfida adesso è per le aziende farmaceutiche che devono modificare i vaccini per contrastare le varianti del Covid. L’Ema ha intanto stilato delle linee guida per cercare di velocizzare l’iter dei nuovi vaccini. Per il momento i sieri che abbiamo sembrano essere efficaci contro la variante inglese che è la più diffusa. Moderna ha reso noto di aver consegnato ai National Institutes of Health statunitensi delle dosi di un possibile vaccino contro la variante sudafricana. Si attendono i risultati. La Pfizer-Biontech sta pensando a una terza dose e di fare un vaccino apposta per contrastare la variante sudafricana. Lo stesso sta studiando AstraZeneca.