Pensioni: cosa accadrà con le rivalutazioni

“Attenti alle pensioni: cosa accadrà con le rivalutazioni”
9 Ottobre 2021
Gennaio è un mese chiave per gli assegni delle pensioni. Dal nuovo sistema di perequazione allo stop dei tagli sui cedolini d’oro. L’esperta ci spiega cosa può accadere
Ignazio Stagno

Il 31 dicembre 2021 va in soffitta l’attuale sistema di perequazione degli assegni previdenziali. Il nuovo anno porterà grosse novità sugli importi degli assegni. Ne abbiamo parlato, per capire cosa ci aspetta, con l’avvocato Celeste Collovati uno degli studi più grandi d’Italia impegnati sul fronte dei diritti dei pensionati.

Avvocato dal primo gennaio 2022 cambia il sistema di rivalutazione delle pensioni. Ci spiega le principali novità?

“Nel 2021 le pensioni non sono state rivalutate perché l’inflazione prevista in via provvisoria per il 2020 era negativa. Nel 2022, si presume salirà anche perché il tasso del costo della vita sarà al 1,5%. La quantificazione dell’aumento come rivalutazione dipende dal metodo che il governo deciderà di seguire per la perequazione. Con gli “scaglioni Prodi” si va dai 126 euro medi in più all’anno per le pensioni fino a 1.500 euro lordi al mese (quelle 3 volte la pensione minima) ai 1.027 euro medi extra per gli assegni più importanti, cioè quelli nove volte sopra il minimo. Con il metodo varato dal governo Conte nel 2019 la variazione sarebbe da 126 a 484 euro annui.
Dipenderà dunque da come il Governo decide di dividere le categorie di pensioni per applicare la rivalutazione. L’importante è che il governo rispetti quanto negli ultimi 7 anni è stato, a chiare lettere, chiarito dalla Corte Costituzionale, ovvero che se anche per motivi di deficit economici si debba ricorrere a blocchi della rivalutazione, questi debbano essere di breve durata, occasionali, così da non sollevare il ricorrente tema dell’incostituzionalità in merito alla durata di tali provvedimenti”.

In passato, con lo stop alle rivalutazioni voluto dal governo Monti è partita una valanga di ricorsi. Che esito hanno dato?

“Il governo Monti aveva deciso di bloccare le rivalutazioni anche delle pensioni per così dire più basse (3 volte il minimo Inps) con l’intento di ripianare il debito pubblico, ma ciò ha generato una serie di questioni di incostituzionalità che ci hanno portato a depositare centinaia di ricorsi in vari tribunali italiani per far sì che fosse sollevata la questione di incostituzionalità avanti la Corte, a nostro avviso, fondata per violazione di vari articoli della Costituzione. Significativa è stata la sentenza del 2015 della Corte Cost. che ci ha dato ragione ponendo l’accento sull’incostituzionalità in merito alla durata del blocco che – come dicevo- non deve essere reiterato per più anni consecutivi, ma sul piano dell’eliminazione del blocco, purtroppo, non venne eliminato. E così fu anche nel 2017”.

Per tornare ad un sistema “premiante” per gli assegni servono circa 4 miliardi. Teme possa esserci un nuovo stop del governo?

Temo di sì, ma i blocchi ed i tagli alle pensioni (come ad esempio l’applicazione del contributo di solidarietà per determinate categorie di pensioni) dovrebbero avere come scopo quello di reinvestire le somme recuperate nel sistema pensionistico come doveva essere per il contributo di solidarietà…

Il calcolo sulle rivalutazioni a quali pensioni si applica?

Sinora si è applicato a tutte le pensioni (dirette-indirette ) dalle tre volte il minimo Inps a quelle oltre le 9 volte il minimo… Restano di solito escluse dal blocco le pensioni minime.

Lei da tempo è in prima linea con lo studio Dirittissimo nei ricorsi per restituire ai pensionati quanto perso con gli stop alle rivalutazioni dei governi Monti (e successivi). Cosa deve fare un pensionato per recuperare queste somme?

“I giudizi che abbiamo portato avanti avevano ad oggetto la richiesta di restituzione somme a titolo di arretrati di rivalutazione che facevamo calcolare appositamente da un consulente tecnico e la questione di incostituzionalità che, peraltro, un Giudice del Tribunale di Milano ci ha accolto pronunciandosi a sua volta con un’ordinanza che finì davanti ai Giudici della Corte Costituzionale. Nonostante la pronuncia della Corte Cost. non ci siamo mai arresi e abbiamo portato la questione anche avanti alla Corte Europea. Oggi il procedimento sarebbe lo stesso, prima si passa dai giudici ordinari (Corte dei Conti nel settore pubblico e Tribunale del lavoro settore privato) per poi chiedere di sollevare la questione alla Consulta. E su questo fronte stiamo appunto studiando nuovi presupposti e violazioni della Carta Costituzionale. Per tutte le informazioni basta scriverci a tuttopensioni@gmail.com”.

Da anni va avanti un braccio di ferro tra governo e Consulta proprio sulle rivalutazioni. In che modo si è espressa la Corte Costituzionale?

“La Corte Costituzionale ha cercato di bilanciare gli interessi in gioco, cosa non facile, e di fatto, ritiene che le misure adottate per far fronte al debito pubblico e alla situazione finanziaria non devono mai essere di lunga durata. Così per i blocchi di rivalutazione, così è stato per il contributo di solidarietà la cui applicazione, infatti, grazie ai nostri ricorsi, è stata ridotta a 3 anni anziché gli iniziali 5 anni previsti”.

Lei crede che con un eventuale stop di Draghi alle rivalutazioni piene, possa esserci un nuovo intervento della Consulta?

“Dipende cosa prevederà il provvedimento; se non avranno attenzione per la durata del provvedimento come spiegavo prima e continueranno a reiterarlo, temo proprio di sì…. Perlomeno sarà impugnabile ancora davanti alla Corte. Potrebbe essere oggetto di incostituzionalità nuovamente davanti alle competenti sedi giudiziarie… e non solo Corte ma anche Corte Europea”.

Qual è, infine, la situazione delle pensioni alte?

“Le pensioni alte in genere sono sempre quelle più tagliate dal punto di vista quantitativo… come spiegavo, sono state anche oggetto di applicazione del contributo di solidarietà che inizialmente era previsto per la durata di 5 anni, ma che poi è stato ridotto a 3 anni; anche in tal caso abbiamo combattuto avanti alla Corte per far sì che potesse essere eliminato sempre perché in contrasto con alcuni articoli della costituzione e a nostro avviso considerato come una doppia imposizione fiscale.La nostra battaglia la consideriamo una parziale vittoria dato che seppur rigettata la questione di incostituzionalità, siamo comunque riusciti ad ottenere una riduzione della durata di tale taglio”.