L’ARMATA DI MARE

L’ARMATA DI MARE

Quando Carlo di Borbone conquistò il Regno nel 1734, la situazione era grave a causa delle continue incursioni dei pirati barbareschi, che rendevano insicure le coste ed il commercio.
Addirittura, nell’aprile del 1738, una squadriglia di sciabecchi algerini era entrata nel Golfo di Napoli con l’intento dichiarato di rapire il Re in persona e portarlo come ostaggio al Bey turco di Algeri.

IMG_2930Il piano ovviamente fallì, ma per Carlo fu un chiaro segno della necessità di rinforzare seriamente tutta la forza navale, per renderla adatta e degna del ruolo di potenza mediterranea che spettava naturalmente al Regno.

Inoltre egli non aveva trovato la flotta, essendo stata questa consegnata all’Imperatore Carlo VI dal marchese Pallavicini.
Per tale motivo, Carlo acquistò subito da Papa Clemente XII tre galee che, insieme ad una quarta costruita a Napoli (la “Capitana”), formò la prima squadra.
Si diede impulso all’Arsenale di Napoli, che venne appositamente ingrandito per costruire la futura grande flotta e così nel 1738 fu iniziata la costruzione del “S. Carlo” e della “Partenope”, e quella delle feluche “Purissima Concezione” e “S. Gennaro”.

Nel 1748 fu ripresa la costruzione di altre navi, come la “Regina”, la “Concezione”, la “S. Amalia”, la “S. Antonio”… Le navi da guerra si distinguevano in due classi con due speciali categorie di ufficiali: la “Esquadra de los reales navios”, composta da un vascello e da una fregata, e la “Esquadra de galeras”, comprendente galere e galeotte.
Gli sciabecchi facevano parte di questa seconda classe.
Carlo creò un sistema difensivo navale dislocando tre formazioni navali nei punti nevralgici del Regno. La prima controllava le coste del Tirreno, la seconda lo Jonio e la terza la Sicilia. Inoltre, per rendere sicura la vita dei suoi sudditi, Carlo non trascurò i trattati diplomatici con il Sultano di Costantinopoli, da cui dipendevano le reggenze di Tripoli, Tunisi ed Algeri, anche se poi di fatto le incursioni dei barbareschi continuarono come prima; al che Carlo iniziò a rispondere con la violenza, e da quel momento le incursioni cominciarono a diminuire, fin quasi a scomparire.

Dopo la partenza di Carlo per Madrid, il Consiglio di Reggenza, guidato dal Tanucci, in effetti trascurò la politica navale, ma non così Ferdinando quando assunse i pieni poteri.
Egli comprese subito la necessità di rafforzare l’Armata navale, sia a tutela dei sudditi che del commercio marittimo; fu aiutato nella sua politica dal Primo Ministro inglese John Acton, che divenne poi anche Ministro della Guerra e della Marina, per la sua straordinaria competenza di uomo di mare.
Insieme predisposero un piano ambizioso che puntava sullo sviluppo della cantieristica e delle costruzioni navali.
Si costruirono in breve tempo 6 vascelli da 74 cannoni e 6 fregate da 32/40 cannoni. Inoltre, fu costruito, oltre a quello già esistente a Napoli, un nuovo e più efficiente arsenale a Castellammare di Stabia tra i boschi del monte Faito e le sorgenti di acqua minerale: fu uno dei primi del Mediterraneo anche per grandezza e fu dotato di tre imponenti scali, che consentivano di impostare contemporaneamente altrettanti grossi vascelli.
Un imponente macchinario a dieci argani, a ciascuno dei quali erano adibiti trentasei uomini, considerato a quell’epoca un vero prodigio, consentiva di tirare agevolmente a secco navi di qualsiasi stazza.

Si trattava di un vero “cantiere modello” per l’epoca: venivano impiegati i nuovi procedimenti tecnici della rivoluzione industriale agli albori e si formarono, così, maestranze locali altamente qualificate, che conquistarono fama di eccellenti costruttori navali.
Sotto la dinastia borbonica furono varati, dal Cantiere di Castellammare, unità navali tra le più moderne e veloci dell’epoca, quali le fregate Partenope, Ercole, Archimede, Carlo III, Sannita ed Ettore Fieramosca, dotate di macchine da 300 cavalli. Nel solo ventennio che va dal 1840 al 1860, dal varo del brigantino Generoso al varo della fregata mista Borbone, fu varato un totale di oltre 43.000 tonnellate di naviglio, tra vascelli, fregate, cannoniere, brigantini e cavafondi. Il Cantiere di Castellammare continuò la sua gloriosa attività anche dopo l’unità d”Italia.

È il caso di ricordare che dagli scali del glorioso Cantiere stabiese furono varate le due navi scuola della Marina Militare italiana: la Cristoforo Colombo nel 1928 e l”Amerigo Vespucci nel 1931. Quest”ultima, ancora oggi, desta stupore e meraviglia quando si presenta nei porti di tutto il mondo durante le crociere di addestramento degli allievi ufficiali dell’Accademia navale di Livorno Come prova del valore che la flotta stava assumendo anche a livello internazionale, basti ricordare che nel 1784 partecipò assieme a quelle di Spagna, Malta e Portogallo ad un’azione combinata contro le fortificazioni barbaresche di Algeri; ma soprattutto si distinse nell’assedio di Tolone del 1793: Ferdinando mise a disposizione della Prima Coalizione antifrancese tre vascelli (il Guiscardo, il Sannita e il Tancredi, quest’ultimo comandato da Francesco Caracciolo), quattro fregate (l’Aretusa, il Minerva, il Sibilla e il Sirena), due brigantini, ed un contingente di 6.500 uomini armati con i nuovi fucili modello 1788, che si distinsero nei tre mesi d’assedio al punto da suscitare l’ammirazione dello stesso Napoleone.

Pasquale Peluso