Recensioni a Fiori di Ginestra di Maria Scerrato

Recensione a Fiori di Ginestra di Maria Scerrato
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Maria Scerrato di Alatri ha dato alle stampe un libro di racconti ispirato alla vita e alle gesta di sette personaggi femminili molto particolari. Si tratta infatti di sette brigantesse, che operarono su un teatro territoriale corrispondente alla Ciociaria e all’Alta Terra di Lavoro, ovvero le terre sulle quali passava la frontiera fino al 1860 tra Stato pontificio e Regno delle Due Sicilie, e dal 1860 al 1870 tra Stato Pontificio e Regno d’Italia. La presenza della frontiera costituì un indubbio fattore di vantaggio per i briganti, i quali potevano così avvalersi di una sia pure malcerta immunità o impunità. Non a caso il sottotitolo del volume è Donne briganti lungo la Frontiera 1864-1868. Le protagoniste, come è subito e opportunamente evidenziato, non sono solo donne dei briganti, ma anche e soprattutto donne briganti, che per coraggio, intraprendenza, determinazione, e spesso ferocia, niente hanno da invidiare ai loro sodali di sesso maschile. Brigantesse, appunto.
Le peculiari figure femminili sono tracciate dalla Scerrato, che ha condotto accurate ricerche d’archivio, con sobrio realismo e, trattandosi peraltro di un’opera narrativa e non di un resoconto storiografico, riecheggiando quell’aura romantica di leggenda che fatalmente sorge intorno a personaggi del genere. In ogni caso, è bene sapere che sono realmente accadute anche le vicende più rocambolesche, come, a titolo di esempio, la fuga di Maria Teresa Molinari dal treno in corsa.
Ciò che, fra l’altro, colpisce il lettore è che delle protagoniste, datesi alla macchia per lo più per sfuggire alle terribili condizioni materiali in cui la loro vita era costretta e destinate in gran parte a morte violenta o a lunghissima detenzione, è ben resa la femminilità, la quale si esprime sia nell’accoratezza di madri impensierite per la sorte incerta dei figli, sia nel trasporto di appassionate amanti malgrado tutto.
L’autrice si è mostrata capace di trasporre i risultati della sua ricerca documentale in una prosa interessante per il contenuto, avvincente e agile per il ritmo, molto curata sul piano stilistico. E l’incalzare degli avvenimenti è efficacemente intervallato da momenti più lirici legati all’espressione degli stati d’animo.
La prosa della Scerrato, dettagliata e puntuale nelle descrizioni, non appare dunque mai pedante né gigionescamente compiaciuta del pur elegante tessuto lessicale in cui è tramata, e risulta, allo stesso tempo, sapida e scorrevole. Grazie alla capacità descrittiva dell’autrice, il contesto rurale e paesano della Ciociaria e dell’Alta Terra di Lavoro, su cui pure sarebbe stata desiderabile qualche pagina in più, è reso con efficacia, così che di un mondo oramai perduto ci viene restituito qualche scampolo.
Si tratta dunque di una lettura che per il piacere e il costrutto che se ne trae si raccomanda naturalmente a chiunque, ma soprattutto agli italiani del Mezzogiorno – dove la lotta tra brigantaggio post unitario e forze militari e di polizia sabaude si è configurata nei termini di una vera e propria guerra civile – e in special modo agli abitanti di quella parte di Mezzogiorno in cui le vicende narrate si sono svolte.
Direi infatti che il volume si inscrive nel solco di quella riscoperta delle radici che ha portato molte persone in Alta Terra di Lavoro a maturare finalmente una più appropriata consapevolezza della fisionomia storico-culturale del loro territorio.
Se un limite si riscontra nella prova narrativa di Maria Scerrato, esso risiede nel taglio unilateralmente concentrato sulle protagoniste e, conseguentemente, nel non aver voluto dare all’appassionante materia, che pure vi si presta, un respiro narrativo più ampio.
Concludono il volume gli indice dei personaggi storici e delle località, che risultano senz’altro utili a inquadrare con precisione nel loro contesto storico e geografico le vicende narrate.

Recensione di Antonio Longo antoniolongo@hotmail.it


Fiori di ginestra. Donne briganti lungo la Frontiera 1864-1868, di Maria Scerrato, Arte Stampa Editore, Roccasecca (FR), 2016.  ROCCO BIONDI
http://roccobiondi.blogspot.it/2016/09/fiori-di-ginestra-di-maria-scerrato.html
I fiori di ginestra erano amati da Nicolina Iaconelli, una delle sette brigantesse trattate da Maria Scerrato nel suo libro. In esso si parla delle donne briganti vissute ed operanti alla frontiera tra lo Stato Pontificio ed il Regno delle Due Sicilie, negli anni 1864-1868.
Le gesta di queste donne, realmente esistite, sono narrate, scrive Fernando Riccardi nella introduzione, sotto forma di romanzo per rendere più avvincente il racconto.
Si contribuisce con il libro della Scerrato a dare un volto a quel “popolo senza nome”, ma anche un corpo, un cuore e un’anima, alle sette “donne briganti”.
Storici che hanno preceduto nel trattare delle brigantesse sono stati Francamaria Trapani, Maurizio Restivo, Valentino Romano.
La brigantessa Maria Teresa Roselli era nata nel 1838 nello Stato Pontificio. Il padre Domenico venne arrestato più volte con l’accusa di manutengolismo. Lei sposò giovanissima il noto brigante Giuseppe Molinari, dal quale ebbe numerosi figli. Giuseppe venne catturato e chiuso a vita nelle carceri di Frosinone. Maria Teresa, divenuta l’amante del brigante Giorgio il Calabrese, vestita da uomo partecipava abitualmente alle azioni brigantesche, maneggiando con grande precisione le armi da fuoco. Arrestata, venne condannata all’ergastolo da scontare nel carcere papalino delle Terme di Diocleziano a Roma. Fin qui la storia. Il romanzo narra, tra l’altro, di una precedente rocambolesca fuga della brigantessa, lanciandosi dal treno in corsa. E raggiunge i suoi cinque figli: tre maschi e due femmine, che dovrà poi lasciare per sempre prima di consegnarsi ai gendarmi pontifici.
Michelina Di Cesare nacque nel 1841 a Caspoli in Terra di Lavoro, in una famiglia poverissima. Sposò ventenne un bracciante, che si ammalò e morì l’anno dopo. Svolgendo l’attività di manutengola incontrò il capobrigante Francesco Guerra e ne divenne la donna, avendone anche un figlio. Combatterono insieme per sette anni e furono uccisi insieme dai piemontesi sul Monte Morrone il 30 agosto 1868. Nel racconto si dice del solenne battesimo celebrato per il figlio di Michelina e del brigante Guerra. «Vennero accesi tutti i ceri davanti alle statue dei Santi, stesi i paramenti più belli e il sacerdote cantò la messa, facendo risuonare la voce stentorea nella chiesa gremita». Poi consegnò il bambino a un vecchio monaco, affinché fosse allevato bene. E corse libera, a combattere per la libertà.
Elisa Garofoli era nata nel 1844 nello Stato della Chiesa. Divenne l’amante del capobanda Luigi Cima e intorno a lei nacque la leggenda de “La Regina delle Montagne”. Ebbe una figlia, che affidò ad una balia. Venne tradita e finì i suoi giorni nel carcere delle Terme di Diocleziano. Si narra della sua investitura come brigantessa. Di fronte alla banda, Luigiotto Cima le porse le armi: una carabina a sei colpi, una pistola revolver ed un pugnale; ed infine le venne inciso sul braccio con un coltello appuntito il simbolo della banda. La bella brigantessa divenne ben presto una leggenda nella piana di Fondi, al punto da oscurare la fama dello stesso capobrigante Luigiotto. E famoso divenne anche il suo tesoro, che nella sua fantasia, quando sarebbe uscita dalla galera e si sarebbe ricongiunta a sua figlia, si sarebbe andato a riprendere.
Michelina Iaconelli fu una delle molte donne del capobrigante Domenico Fuoco e si diede alla latitanza a soli 18 anni, partecipando alle azioni brigantesche, armata e vestita da uomo. Era nata nel 1846. Strinse un rapporto di amicizia con Michelina Di Cesare. Venne catturata a Scifelli e tradotta in treno presso il carcere femminile alle Terme di Diocleziano in Roma, scortata da 40 militi. Si ignora il suo destino successivo. Temeva Domenico Fuoco ed allo stesso tempo sentiva di non essere in grado di lasciarlo. Anzi gli salvò la vita, quando due briganti tramarono di ucciderlo per intascare la taglia.
Rosa Antonucci, nata nel 1838 in Terra di Lavoro, sposò avendo solo 16 anni Francesco Cedrone, che sarebbe diventato il luogotenente di Chiavone. Rosa lo seguì nella latitanza. Fu uccisa in combattimento dai piemontesi il 7 febbraio 1866. Rosa da viva era tenuta in grande considerazione dalla banda e, perché onesta e fidata, si decise di affidare a lei la cassa comune.
Cristina Cocozza è avvolta nel mistero; di essa, come di tante altre brigantesse, si persero le tracce ancor prima di subire il processo. Resta comunque il ritratto scritto da Jacopo Gelli, non suffragato però da nessuna verità storica, che la dipinge come la più feroce delle brigantesse. La Scerrato, nel suo racconto, ci dice che il buio della cella la rese quasi cieca.
Maria Capitanio, la settima e ultima brigantessa della quale parla il libro, era nata nel 1850 da piccoli proprietari terrieri. Conobbe Antonio Agostino Longo, abbastanza più grande di lei, e lo seguì nella banda del capobrigante Giacomo Ciccone. Fu arrestata dai piemontesi nel 1868. Portata nel carcere di Isernia subì un processo, ma grazie all’intervento del padre, che inventò un rapimento della ragazza da parte del Longo e corruppe i giudici, venne prosciolta da ogni accusa e scarcerata. La leggenda, ripresa nel libro, racconta che preferì suicidarsi ingerendo dei pezzi di vetro, piuttosto che tornare al suo paese. Il libro si chiude con la frase, riferita a Maria Capitanio, «ha continuato ad esistere quando già era morta sul Monte Cavallo di Presenzano un giorno di marzo del 1868».
Chiudo, rispondendo alla domanda posta nell’introduzione, dicendo che per me la Scerrato è parimenti romanziere e brigantessa.
Rocco Biondi


Maria Scerrato, Fiori di ginestra. Donne briganti lungo la Frontiera 1864-1868, introduzione di Fernando Riccardi, Arte Stampa Editore, Roccasecca (FR) 2016, pp. 168, € 15,00

http://www.unoetre.it/radici/libri-e-racconti/presentazioni/item/3629-fiori-di-ginestra
GIULIO FABI
Ho letto molto in tema e difficilmente mi sono imbattuto in qualcosa di simile in materia di respiro del nostro territorio, durezza dell’argomento e piacevolezza della lettura.
L’ambientazione è il decennio in cui la resistenza del Sud all’unità nazionale si trovò di fronte a quella guerra di popolo che fu definita sbrigativamente brigantaggio e liquidata come pratica di polizia. Molti autori hanno fatto opera encomiabile di recupero della presenza e del contributo femminile alla lotta, dimostrando che questo fu un fenomeno molto più vasto di quanto si è voluto far credere dai parte dei vincitori che avevano imposto militarmente ciò avrebbe dovuto essere proposto con il consenso e la pratica della giustizia sociale.
Il testo di Maria Scerrato aggiunge un capitolo nuovo e diverso
Partendo dalle poche notizie che ci hanno trasmesso le cronache giudiziarie Maria Scerrato ha restituito vita a sette personaggi femminili tutti rigorosamente originari del nostro territorio e alcuni quasi sconosciuti. Li ha inseriti nelle vicende note e storicamente documentate dell’epoca, incastonandole nell’ambiete di vita dell’epoca, accanto ai loro uomini quando amanti e forti nei loro sentimenti materni quando madri ,tipici delle donne della nostra terra. Ha inserito poi le vicende nel contesto umano e soprattutto paesaggistico rendendo un ottimo servizio a questa terra che ne esce bella nelle descrizione, forte di valori e di coraggio e ce le ha raccontate in maniera che la lettura risulta facilmente comprensibile scorrevole e piacevole. E’ cosi che si può raggiunge un pubblico più vasto facendo opera di divulgazione di una vicenda umana e storica su cui si è sempre cercato di stendere un velo.
Emerge in tutti i personaggi il contrasto tra il desiderio di una vita normale, le necessita del momento e la disperazione di non intravedere una via d’uscita che il sentimento di amore materno o coniugale avverte come priorità
La partecipazione di personaggi femminili fu sminuita dai piemontesi che cercarono volutamente di nasconderne la presenza trattando sbrigativamente la pratica e spesso clementi nel comminare le pene, per attenuarne l’attenzione dei media , svilendone il ruolo e soprattutto privandole di umanità. Questo testo ci restituisce anche un po’ di verità storica e oltre che di vicenda sentimentale e umana del nostro popolo.
La nostra è stata da sempre una terra di frontiera, ma una frontiera che ha più unito che diviso e la donna è stata sempre la protagonista. Era lei la a gestire l’ economia familiare, la conservazione degli alimenti l’educazione della prole e contribuiva al lavoro dei campi spesso passa spesso dai campi al letto di parto o portando con se nei campi i piccoli da allattare.
A ritroso ricordiamo: anche altri momenti in cui le nostre donne furono protagoniste di una storia mai sufficientemente narrata di questo territorio : le marocchinate, l’esodo biblico dell’emigrazione quando tante donne furono lasciate sole a gestire le numerose famiglie, il baliatico, e il momento della resistenza antipiemontese, di cui nel bene e nel male con il sostegno ai loro uomini, ai loro figli, ai loro mariti o amanti, furono le protagoniste in una lotta senza speranza e che mostrando al mondo il coraggio di questo popolo si protrasse per oltre dieci anni.