I Tarquini: la dinastia segreta – Emma Pomilio

Proprio cosi me li immagino: a banchetto, eleganti e innamorati mentre ordiscono trame.
𝘓𝘦𝘪 𝘴𝘵𝘢𝘷𝘢 𝘱𝘦𝘳 𝘪𝘯𝘵𝘦𝘳𝘭𝘰𝘲𝘶𝘪𝘳𝘦 𝘦 𝘤𝘩𝘪𝘦𝘥𝘦𝘳𝘦 𝘮𝘢𝘨𝘨𝘪𝘰𝘳𝘪 𝘪𝘯𝘧𝘰𝘳𝘮𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘪, 𝘧𝘶 𝘭’𝘢𝘴𝘴𝘰𝘭𝘶𝘵𝘢 𝘪𝘮𝘮𝘰𝘣𝘪𝘭𝘪𝘵𝘢̀ 𝘥𝘦𝘭 𝘮𝘢𝘳𝘪𝘵𝘰, 𝘤𝘩𝘦 𝘱𝘶𝘳𝘦 𝘢𝘷𝘦𝘷𝘢 𝘶𝘥𝘪𝘵𝘰 𝘭𝘦 𝘱𝘢𝘳𝘰𝘭𝘦 𝘥𝘦𝘭𝘭’𝘰𝘴𝘱𝘪𝘵𝘦, 𝘢 𝘳𝘦𝘯𝘥𝘦𝘳𝘭𝘢 𝘮𝘦𝘯𝘰 𝘪𝘳𝘳𝘶𝘦𝘯𝘵𝘦.
𝘓𝘶𝘪 𝘧𝘦𝘤𝘦 𝘴𝘦𝘨𝘯𝘰 𝘢𝘪 𝘴𝘦𝘳𝘷𝘪 𝘥𝘪 𝘧𝘢𝘳 𝘦𝘯𝘵𝘳𝘢𝘳𝘦 𝘭𝘢 𝘮𝘶𝘵𝘢 𝘥𝘢 𝘤𝘢𝘤𝘤𝘪𝘢 𝘦, 𝘮𝘦𝘯𝘵𝘳𝘦 𝘪 𝘤𝘢𝘯𝘪 𝘴𝘪 𝘢𝘷𝘷𝘦𝘯𝘵𝘢𝘷𝘢𝘯𝘰 𝘴𝘶𝘪 𝘳𝘦𝘴𝘵𝘪 𝘥𝘪 𝘤𝘪𝘣𝘰 𝘴𝘰𝘵𝘵𝘰 𝘪 𝘭𝘦𝘵𝘵𝘪, 𝘭𝘦 𝘮𝘰𝘳𝘮𝘰𝘳𝘰̀ 𝘯𝘦𝘭𝘭’𝘰𝘳𝘦𝘤𝘤𝘩𝘪𝘰: «𝘕𝘰𝘯 𝘧𝘢𝘳 𝘮𝘢𝘪 𝘤𝘢𝘱𝘪𝘳𝘦 𝘢 𝘯𝘦𝘴𝘴𝘶𝘯𝘰 𝘤𝘰𝘴𝘢 𝘩𝘢𝘪 𝘪𝘯 𝘮𝘦𝘯𝘵𝘦, 𝘢𝘮𝘰𝘳𝘦 𝘮𝘪𝘰, 𝘦̀ 𝘱𝘦𝘳𝘪𝘤𝘰𝘭𝘰𝘴𝘰»

𝗜 𝘁𝗮𝗿𝗾𝘂𝗶𝗻𝗶, 𝗹𝗮 𝗱𝗶𝗻𝗮𝘀𝘁𝗶𝗮 𝘀𝗲𝗴𝗿𝗲𝘁a
La ricostruzione di un colpo di stato nella Roma dei re www.emmapomilio.it

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DESCRIZIONE LIBRO

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Copertina libro: I Tarquini: la dinastia segreta – Emma Pomilio | Mondadori Tarquinia, sei secoli prima di Cristo. In occasione di una gara a cavallo, Lucumone, giovane e ancor più ambizioso mercante etrusco, si invaghisce della nobile Tanaquil, indovina e abile interprete dei segni degli dei. Dovrebbe essere condannato a rimanere un sogno impossibile, il suo – Tanaquil è promessa sposa al potente principe Murinas – ma Lucumone non è abituato a rinunciare ai propri desideri, né gli mancano l’astuzia e l’abilità per realizzarli. Con un’impossibile prova di coraggio, capovolge il finale già scritto della gara, e insieme riscrive anche il destino di Tanaquil. Le conseguenze del suo oltraggio, però, non si fanno attendere, convincendo Lucumone a tentar miglior fortuna in una città vicina in forte e inarrestabile espansione, Roma. Accolto a corte, Lucumone mostra presto qualità preziosissime agli occhi di Anco Marcio, l’attuale re: straordinario intuito politico, granitica affidabilità, grandi doti militari e – dulcis in fundo – infinita disponibilità e generosità economica. Ma non tutti vedono in Lucumone, che presto cambia il suo nome nel romano Lucio Tarquinio, un potente alleato: per altri, lo straniero è solo un pericoloso concorrente alla corsa al trono, da eliminare con ogni mezzo… Nessuno può sospettare che tra le mura del palazzo si sta giocando una partita più ampia, che getta lo sguardo già oltre la generazione di Anco Marcio e Lucumone, posandosi su Macstarna, meglio conosciuto come Servio Tullio.
Con la consueta, straordinaria accuratezza storica, combinata a una altrettanto invidiabile vis narrativa, Emma Pomilio ricostruisce la vera storia dell’ascesa di Lucumone, il generale etrusco che la Storia poi ci consegnerà con il nome di Tarquinio Prisco e il titolo di Quinto re di Roma, ma anche del giovane condottiero che quest’ultimo sceglie come suo erede, quel Servio Tullio che, nato schiavo, diventerà il primo tiranno della Città eterna, e dopo aver combattuto i privilegi dei patrizi in una lotta senza quartiere, aprirà la via al cambiamento, con grandi riforme che porteranno Roma a diventare una potenza nel Mediterraneo.

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Lucumone guardò il re riflettere, sempre più convinto che fosse un uomo pericoloso. Ormai credeva fermamente che Anco Marcio avesse bruciato vivo il suo predecessore con la moglie e i figlioletti… ma non solo per brama di potere. Soprattutto per amore di Roma. Quella città trovava uomini che l’amavano più di se stessi e per lei avrebbero commesso qualunque delitto.

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EMMAAlcune mie brevi considerazioni sul romanzo

Da qualche tempo il mio editor in Mondadori mi invogliava a fare un romanzo sugli Etruschi. Io tergiversavo, dicevo che lo avrei scritto solo se avessi trovato un argomento di grande interesse storico ma anche molto coinvolgente per il lettore. Ho trovato l’argomento giusto quando ho approfondito lo studio della dominazione dei Tarquini a Roma e della figura del re Servio Tullio.
In questo modo ho unito la passione per Roma e per gli Etruschi.
Servio Tullio è una figura enigmatica, un tiranno buono molto amato dal popolo e sempre elogiato dagli storici romani, ma dietro questo grande personaggio si celano segreti sanguinosi. Non è stata una cosa tanto pulita la conquista del trono di Roma da parte di Servio Tullio.

Il romanzo narra la formazione dei poteri personali a Roma, con i Tarquini, mediante l’uso delle ricchezze private, l’intervento di mercenari, l’appoggio dei nuovi ceti mercantili e del popolo. E’ ambientato nell’epoca monarchica di Roma, intorno al 600 a.C. Un’epoca di cui conosciamo poco, perché chi ha scritto la storia di Roma lo ha fatto molti secoli dopo, quindi non ci sono certezze, eppure confrontando l’opera degli storici e le scoperte archeologiche si giunge a intravedere alcuni fatti concreti.

Anche se è tanto nebuloso, questo è un periodo molto affascinante.
Lo ha sintetizzato in modo geniale chi ha definito la Roma dell’epoca narrata come La grande Roma dei Tarquini, poiché la storia di questo periodo è la storia dei Tarquini.
Roma ha sempre lottato, ma è con i Tarquini che si afferma, può tenere testa ai potenti Etruschi e Greci, e si prepara ai trattati con Cartagine. E saranno poi ancora i Tarquini, un ramo meno ricco e meno importante, a cacciare con una congiura il tiranno Tarquinio il Superbo e a fondare la repubblica. Per molti anni la storia di Roma si identifica con la storia dei Tarquini.

Il dominio dei re etruschi ha rappresentato a Roma una fase nuova, quella dell’apertura massima ai commerci e alla multiculturalità.
Ci furono importanti sviluppi militari e politici, un grande progresso economico e artistico legato all’incremento dei rapporti culturali e commerciali con il mondo greco ed etrusco, un notevole ampliamento della città con grande sviluppo dell’edilizia.
Il periodo etrusco a Roma si apre con Tarquinio Prisco. Lucio Tarquinio Prisco, secondo la tradizione figlio di un ricchissimo aristocratico greco fuggito da Corinto e di una Etrusca, si sarebbe accattivato la fiducia del quarto re di Roma Anco Marcio e del senato, tanto da essere scelto come successore del re alla sua morte.
Tarquinio rappresenta un elemento di novità, fa molte riforme e ne vorrebbe fare di radicali, ma l’aristocrazia lo blocca. Tarquinio non riesce a traghettare Roma nei tempi nuovi, per fare questo ci vuole una figura diversa, un uomo forte in grado di contrapporsi all’aristocrazia: Tarquinio lo trova in un giovane servo a lui devoto, Servio Tullio.

Servio Tullio è una figura molto discussa: è certamente uno dei grandi protagonisti della storia romana, il rifondatore, il nuovo Romolo. E’ un servo che diventa re, e con le riforme, contrastando i privilegi dei patrizi, avvia Roma a diventare una grande potenza nel Mediterraneo.
La figura tradizionale di Servio deriva principalmente da Livio, Dionigi di Alicarnasso e Cicerone. Secondo la storiografia ufficiale Servio Tullio era figlio di una schiava che viveva nella casa del re Tarquinio Prisco. Tarquinio e sua moglie Tanaquil, la regina, ne videro le grandi qualità e lo fecero educare, lo tennero come un figlio, tanto che il re ne fece il suo capo della cavalleria e gli diede in moglie la figlia Tarquinia. Questo fu un chiaro segnale per gli aristocratici: pensarono che Tarquinio Prisco stesse designando come re Servio Tullio. Per evitarlo gli aristocratici fecero assassinare il suo protettore Tarquinio. Avevano paura che Servio il servo demolisse i loro privilegi. Ma Tanaquil riuscì a farlo diventare re con un colpo di mano che gli aristocratici non avevano previsto: nascose la morte del re Tarquinio, annunciò che il re era solo ferito e ordinava che durante la sua convalescenza fosse Servio Tullio a detenere il potere al suo posto. Poi, quando il potere fu saldamente nelle mani di Servio, la regina annunciò la morte del re.
Quindi nella versione romana tradizionale Servio è un tiranno, poiché non è stato eletto regolarmente; ma Servio si appoggiò al popolo, che lo sostenne sempre, fu poi molto amato dai Romani e considerato per la sua moderazione un re giusto.
Ma c’è un’altra versione della vita di Servio Tullio e delle sue origini. Secoli dopo Servio Tullio viene menzionato dall’imperatore etruscologo Claudio in un suo discorso in senato conservato nelle tavole di bronzo di Lione, in cui dice che Servio era un mercenario conosciuto come Macstrna e fedele compagno del condottiero di Vulci Celio Vibenna, giunto a Roma con quanto rimaneva del suo esercito e stabilitosi sul Celio. Mastarna avrebbe poi cambiato il suo nome in Servio Tullio e sarebbe diventato re con sommo beneficio per Roma.
A sostegno di Claudio ci sono il racconto di Verrio Flacco e le parole di Tacito, e cosa più importante, che illumina la storia di Roma di questo periodo, gli affreschi della Tomba François di Vulci, che rappresentano questi avvenimenti.
Nella seconda metà del secolo IV a.C. la tomba di una famiglia aristocratica di Vulci, i Saties, ricevette una decorazione con affreschi di soggetto storico e mitologico di profondo significato politico. Riguardano i rapporti con Roma e ricordano un episodio in cui Vulci ha battuto Roma. Vi sono raffigurati l’uno di fronte all’altro due avvenimenti, uno è il sacrificio dei prigionieri troiani da parte di Achille (sappiamo che il troiano Enea era considerato il capostipite della dinastia di Alba da cui discendeva Romolo), l’altro è una battaglia tra Vulcenti e Romani, rappresentata per mezzo di duelli vinti dai Vulcenti. Vi si riconosce Servio Tullio, con il suo nome etrusco Macstrna, mentre un suo alleato è pronto a sgozzare Cneve Tarchunies Rumach, il Romano Gneo Tarquinio. Ci sono Celio e Aulo Vibenna, i capi mercenari che erano venuti a Roma chiamati dal re Tarquinio Prisco. Il significato è apologetico e antiromano, e la presenza di un Tarquinio ci permette di datare l’evento all’interno del regno di Tarquinio Prisco.

La storiografia ufficiale romana racconta con dovizia di particolari che Servio visse la sua infanzia e giovinezza a Roma e nemmeno nomina Mastarna. La parte etrusca dice che era un mercenario etrusco, il fedelissimo sodale (macstrna) di Celio Vibenna.
Ma allora, cosa hanno in comune queste figure che sembrano opposte, il Servio Tullio della tradizione romana e il Mastarna della tradizione etrusca?

Le restanti considerazioni contengono spoiler.

Tra le interpretazioni date dagli studiosi moderni la più interessante mi sembra quella di Andrea Carandini, alla quale mi sono attenuta per delineare il personaggio di Servio.
Carandini riunifica le due figure e ipotizza che Servio vivesse a Roma, ma frequentasse Vulci e la scuola d’armi dei Vibenna allo scopo di imparare la tecnica della falange e diventare amico dei mercenari, così da essere in grado di intervenire a Roma con truppe mercenarie nel momento in cui gli aristocratici di Roma si fossero opposti con le armi ai Tarquini. Carandini ipotizza inoltre, sulla scorta di alcune affermazioni di Cicerone, Livio e Dionigi, che Servio Tullio fosse il figlio bastardo di Tarquinio Prisco, scelto da lui per succedergli perché era uno spirito indomito, un grande condottiero (detto infatti Macstrna, magister per antonomasia), e perché era legato solo a Tarquinio, non aveva legami con gli aristocratici.

Tarquinio aveva un figlio legittimo, che non poteva succedergli, poiché a Roma la monarchia era elettiva e il figlio non poteva succedere al padre; il re doveva essere super partes, in quanto a Roma convivevano etnie diverse e nessuna doveva prendere il sopravvento.
La ricostruzione di Carandini, studio comparato delle fonti letterarie e dei resti archeologici, e geniale opera di immaginazione, ha il grande merito di portare l’attenzione su questa figura quasi del tutto ignorata da altri storici moderni, o confusa con la figura del padre: Gneo Tarquinio, Gneve Tarqunies Rumach, probabilmente figlio di Tarquinio Prisco, dipinto nell’affresco etrusco di Vulci mentre un alleato di Servio-Mastarna è pronto a sgozzarlo.
Gneo Tarquinio è citato dalle fonti etrusche e quasi ignorato da quelle romane.
Dunque esisteva un altro Tarquinio, e poiché Livio dice che il Prisco aveva tre figli legittimi, due femmine e un maschio, il quale non compare da altre parti, forse è lui il figlio maschio, Gneo, che non poteva accedere al trono e molto probabilmente ha sostenuto un partito contrario a Servio. Ciò che sorregge e dà un senso alla storia di questo periodo (e al mio romanzo) è il radicato sentimento antidinastico dei Romani.

Naturalmente anche questa ricostruzione ha dei punti deboli, ma al momento mi sembra la più plausibile e la più affascinante, cosa quest’ultima di fondamentale importanza per il romanziere. In ogni caso le moderne interpretazioni sono solo ipotesi, che attendono di essere smentite non appena sorgerà un elemento nuovo. Quasi certamente sarà ancora l’archeologia a fornirlo: chi può affermare che non sarà ritrovato un vaso dipinto o un affresco che possano illuminare meglio la figura di Servio Tullio? Io me lo auguro, ma certo le interpretazioni degli studiosi sarebbero discordi.
Per una ricostruzione del periodo regio non ci si può avvalere di un gran numero di prove certe, poiché non ci sono, ma nemmeno si può fare come molti storici odierni che accettano solo la versione etrusca della vita di Servio e poco accettano di quanto ci hanno lasciato scritto Livio, o Cicerone, o Dionigi di Alicarnasso, i quali, per quanto posteriori all’epoca arcaica, erano comunque più vicini di noi e avevano a disposizione archivi e opere precedenti.
Dobbiamo invece chiederci perché la storiografia ufficiale romana non conosceva Gneo Tarquinio e la doppia identità di Servio: forse ciò dipende dal fatto di non voler mettere in luce l’influenza etrusca su Roma, ma anche di voler tramandare una storia edificante. Certo a qualcuno conveniva che queste cose non si sapessero.
Probabilmente fu il re Servio Tullio a tramandare una storia edificante per nascondere che lo stesso figlio del re Tarquinio Prisco aveva congiurato contro il padre; questo ce lo fa pensare il fatto che la casa del re controllava quanto veniva divulgato e inoltre Servio Tullio scrisse le sue memorie, che furono poi alla base della repubblica.
La vicenda di Gneo Tarquinio, che viene fatto sparire dalla storia di Roma, mostra la storia fatta dai vincitori.

Gli affreschi che raccontano questi fatti fondamentali della storia dei Tarquini sono stati staccati dalla tomba in cui erano a Vulci e poi portati presso i Torlonia. Adesso si trovano a Villa Albani.
Nel 1857 il principe Alessandro Torlonia finanziò una campagna di scavi nella tenuta della Badia di Vulci e l’incarico venne affidato ad Alessandro François, funzionario del granducato di Toscana e archeologo. Il Francois aveva condotto numerosi scavi riportando alla luce molti reperti tra cui il celeberrimo vaso a figure nere venuto alla luce nel 1844 presso Chiusi.
L’obiettivo di questa campagna era trovare l’ingresso del grande tumulo della Cuccumella. Il caso volle che all’inizio della campagna di scavo tutta la tenuta fosse coltivata a grano, così per salvare il raccolto gli scavi furono rinviati alla fine della stagione. Allora il Francois spostò le sue ricerche nella località Ponte Rotto e fu in quella zona che scoprì il celebre ipogeo.
Dalle parole dell’archeologo possiamo immaginare cosa si trovò davanti. Lui racconta che la vista della magnificenza della grande tomba inviolata da più di duemila anni fu incredibile.

Molti interpretano l’avvento di Tarquinio Prisco come un dominio etrusco su Roma, ma sembra piuttosto il dominio di una potente e ricchissima famiglia etrusca proveniente da Tarquinia, non di Tarquinia su Roma.
Questo è il periodo del predominio delle grandi gentes, che potevano fare guerra da sole a una città, come a Roma i Fabi. Queste gentes potevano schierare un gran numero di armati loro clienti, e potevano ingaggiare mercenari. Circa un secolo dopo giungerà a Roma Appio Claudio con la sua gens: si dice con cinquemila persone. Era un Sabino, fu accolto tra gli aristocratici e divenne potentissimo a Roma. I Claudi sono diventati una delle famiglie più importanti di Roma.

Nell’epoca del romanzo nell’area centrale tirrenica dell’Italia si scontravano non solo eserciti di città nemiche, ma anche bande di mercenari, che sostenevano gli eserciti cittadini, ma potevano essere impiegate anche quando il conflitto scoppiava dentro una città e le forze regolari dovevano essere super partes. I condottieri di queste bande spesso erano specialisti della falange e potevano essere ingaggiati dalle diverse fazioni di una città in lotta tra loro. Fu proprio così che all’epoca del romanzo sul suolo di Roma si scontrarono bande di mercenari. Vinse la parte di Servio Tullio.

Mi è sempre stato detto che so creare personaggi femminili interessanti e credo di averlo fatto anche in questo mio ultimo romanzo.
Tanaquil è un personaggio molto importante nel racconto degli storici antichi e per quanto riguarda i Tarquini è la chiave di volta. Lei convince il marito a trasferirsi a Roma da Tarquinia, lei predice che sarà re. Morto assassinato il re suo marito, ne nasconde la morte, e prepara la successione per Servio Tullio: solo quando il potere è nelle mani di Servio annuncia la morte del re. E’ una creatrice di re, è una dispensatrice di regalità. Non si sono tramandati i nomi delle regine precedenti, e questo dimostra la sua importanza. Io ne ho fatto un personaggio audace, a cui piace il pericolo, che segue le sue inclinazioni, eppure sa sacrificarsi, quando diventa regina, al bene di Roma.
Delle regine dell’epoca etrusca conosciamo i nomi: Tanaquil, Tarquinia, Tullia. Di quelle precedenti no. Per gli storici antichi non era un vanto che si parlasse delle donne, e hanno cercato di occultarle o di renderle odiose, ma con ciò non riescono a nascondere il fatto che a Roma, con gli Etruschi, le donne contavano e sono state determinanti. Gli storici, e non solo romani, definivano prostitute le Etrusche. Naturalmente gli storici antichi con tante malignità sulle donne intendevano offendere tutto il popolo etrusco.
In seguito, nella Roma riconquistata dagli aristocratici, prevalse lo stereotipo della lanifica, la donna che fila la lana e non fa sentire la sua voce.

I protagonisti principali del romanzo sono quelli tramandati dagli storici. Non siamo certi che la tradizione giunta fino a noi ci abbia detto tutto di loro, o abbia mistificato qualcosa, o abbia attribuito a un personaggio cose che ha fatto un altro. Da parte mia, col grande aiuto che ci offre oggi l’archeologia, ho cercato sopratutto di ricostruire, insieme ad alcuni eventi principali, l’ambiente, la società, il modo di vivere dell’epoca. Spero di esserci riuscita e di averlo fatto in modo che la lettura risulti agevole e piacevole.

Naturalmente queste sono solo poche considerazioni. Chi vuole approfondire può farlo leggendo Livio, Dionigi d’Alicarnasso e Cicerone, prendendo visione delle testimonianze archeologiche e delle interpretazioni degli storici e archeologi odierni.

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Una recensione di Corinna Pieri.

Storia e leggenda si fondono in questo bel lavoro di Emma Pomilio che riesce a tracciare, attraverso la puntuale conoscenza delle non molte fonti disponibili , una fase storica complessa della Roma del 600 a.C. , non del tutto chiarita, anche in quanto condita di miti, ma fondamentale perché determinò l’ascesa di quella città, che da quel momento divenne inarrestabile. Con la maestria della storica rigorosa unita alla potenza narrativa, Pomilio riesce a trascinare il lettore in un vortice di vicende e personaggi che, da appassionata cultrice di quelle civiltà che a Roma si incontrarono, trovo assolutamente realistici. Una lettura che, aldilà dell’indiscusso valore storico, utile anche per gli studenti di ogni età, ci presenta la genesi della cultura romana, proprio nel suo nascere, dimostrando quanta propulsione al progresso, quanta vitalità e quanta forza possa scaturire dall’incontro col diverso, con lo straniero, col portatore di nuove conoscenze. Quella genesi non fu esente dai tradimenti, dalle violenze più efferate, dal male, ma in essa troviamo personaggi di grande statura tra i quali svetta la principessa etrusca Tanaquil, la Sacerdotessa cosiddetta indovina, moglie di Tarquinio Prisco, una donna capace di “vedere lontano” attraverso l’analisi profonda e acuta delle vicende e dei personaggi che la circondavano, e consapevole delle conseguenze dolorose alle quali sarebbe andata incontro nell’attuare ciò che era utile alla grandezza di Roma.
Congiure, guerre, tradimenti, intrighi, amore, passioni, ragion di Stato: tutto scorre velocemente tra colpi di scena e rovesciamenti di fronte.
Un libro, colto e avvincente, dentro cui ritroviamo il bene e il male che si sovrappongono nell’eterna affannosa ricerca dell’armonia del convivere.

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Recensione di Aldo Forbice del 18 Novembre 2019

I Tarquini- La dinastia segreta di Emma Pomilio ( Mondadori). L’autrice si occupa da molti anni di storia romana, con passione e con scrupolo da seria ricercatrice. E questo testo lo conferma. In passato abbiamo recensito più volte saggi sui re di Roma e sull’influenza di Tarquinia sulla nascita e crescita dell’antica Roma,ma il libro della Pomilio (oltre 400 pagine) ci è sembrato il più completo, per documentazione storica e per qualità narrativa. Lucumone,Anco Marcio,Tanaquil ,Servizio Tullio e altri sembrano personaggi di oggi alle prese con intrighi di palazzo , corruzione diffusa, conflitti, conquiste per il potere e cosi via : tutte quelle premesse che porteranno Roma ad avviare grandi riforme per farla diventare una grande potenza del Mediterraneo.
[…] Tratto da: Avanti – Quotidiano online, 18 Novembre 2019

I Tarquini. La dinastia segreta
Genere: Romanzi storici
ISBN: 9788804709305
Cartaceo – 432 pagine

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