«Il criminale pallido» di Philip Kerr

È finalmente in tutte le librerie «Il criminale pallido» di Philip Kerr, tradotto dall’inglese da Patrizia Bernardini.

IMG_9724Dopo «Violette di marzo», il secondo capitolo della trilogia berlinese di Bernie Gunther: un grande classico del poliziesco.
Durante la torrida ondata di caldo estivo che affligge Berlino nel 1938, il popolo tedesco attende con ansia l’esito della conferenza di Monaco domandandosi se Hitler trascinerà l’Europa in una nuova guerra. Nel frattempo, in città sono scomparse diverse ragazze adolescenti, tutte bionde con gli occhi azzurri, tutte bellezze ariane. Heydrich in persona assolda il detective Bernie Gunther, costringendolo a tornare nella Kriminalpolizei, a capo di una squadra che faccia luce sul caso.
Mentre qualcuno cerca di far ricadere la colpa su un membro della comunità ebraica, l’investigatore si cala nei meandri della prostituzione, della pornografia e della stampa estremista: la Germania hitleriana, sotto la sua patina di ordine e decoro, nasconde sentieri sotterranei cosparsi di depravazione. E, come se non bastasse, la Notte dei cristalli è alle porte.
Colpi di scena, depistaggi, intuizioni e una buona dose di maleducazione: tutto quello che serve per un romanzo poliziesco vecchio stile riuscito in pieno, frutto di una mente geniale. Con «Il criminale pallido» Kerr si conferma maestro: è il momento di riscoprire l’iconico Bernie Gunther, il detective privato antinazista più scorretto di sempre.

Su «Violette di marzo», primo volume della trilogia, è stato scritto:

«La genialità di Kerr nel riprodurre umori, paure, viltà, miserie, sadismi, architetture, ruggine e fuliggine della Germania hitleriana rende “Violette di marzo” inquietante come una seduta spiritica. Un romanzo tragico, avvincente, bellissimo».
Antonio D’Orrico, «Sette – Corriere della Sera»

«Un’opera grandiosa, debitrice a Chandler non meno che a Grosz e a Levi. Di Marlowe, Gunther ha il disincanto, il sarcasmo, l’ostinazione, la lingua lunga. Quanto al lascito di Levi, non c’è che da leggere le pagine sul lager e l’indicibilità dell’orrore per scorgerlo».
Roberto Iasoni, «La Lettura – Corriere della Sera»

«Uno dei più abili scrittori di crime storici degli ultimi decenni. “Violette di marzo” dimostra di non essere invecchiato di un secondo, ma di avere un’inquietante capacità di risuonare non solo attuale, ma addirittura contemporaneo».
Luca D’Andrea, «Robinson – la Repubblica»

«Questo noir ci racconta nel dettaglio come Berlino si preparò alle Olimpiadi del 1936, dal punto di vista mediatico, civile e politico. Ne esce un ritratto lucido e disincantato di quel periodo».
Luca Crovi, «il Giornale»