“Il Delitto di via Puccini”

Lei era la nonna di Camillo Casati Stampa di Soncino, da cui Camillo apprese le sfumature da esteta. Nel “Delitto di via Puccini”, la ricordo come la Coré del D’Annunzio. Un delitto ancora irrisolto, Camillo Casati e Anna Fallarino. Tante le ombre e le verità celate che tento di rivelare nel romanzo e altre che devono essere ancora scoperte; tanti i misteri di una Roma “di guerriglia” e morti, avidità e potere, nobiltà e decadenza.
IMG_3280“L’età non può appassirla, né l’abitudine rendere insipida la sua varietà infinita”. Questo l’epitaffio scelto dalla nipote per la tomba al cimitero londinese di Brompton, dove la nonna fu sepolta nel 1957 col suo mantello nero bordato di pelliccia di leopardo, le iconiche ciglia finte e, ai piedi, l’amato pechinese imbalsamato.
Questi furono i versi scritti da Shakespeare per descrivere la regina Cleopatra, che per anni stupì il mondo antico col suo stile di vita tanto da meritarsi, insieme con l’amato Antonio, l’appellativo di “amimetobioi”, termine greco che significa “i viventi inimitabili”.
A 140 anni esatti dalla nascita, avvenuta nel 1881 a Milano, la Marchesa Luisa Casati Stampa, nata Amman, ci appare ancora come una donna epocale, inimitabile, unica, al tempo stesso divina e dissipata, oltreché dissipatrice.
Figlia di un ricchissimo industriale del cotone, quando nel 1900 sposò, senza trasporto, il Marchese Camillo Casati Stampa, era già non solo una delle più facoltose ereditiere d’Italia, ma anche la protagonista delle cronache mondane della “Belle Époque”.
Alta, slanciata, colta, raffinata, trasgressiva e con due occhi di un verde magnetico, lei gli uomini non li faceva innamorare, bensì li ammaliava con la sua eccentricità e le “mises” sbalorditive, cariche al tempo stesso di erotismo e richiami al mito.
Non si vestiva, perlomeno nel senso che diamo noi a questo termine, ma si agghindava, truccava e indossava costumi straordinari, per far meravigliare gli astanti o quanti la incontrassero, sempre e non solo in occasione delle tante feste in maschera che amava organizzare nel suo splendido palazzo veneziano, ora sede del “Guggenheim Museum”.
Non contenta, appariva quasi sempre accompagnata da un animale insolito, come il boa dal quale amava farsi cingere la silhouette oppure le scimmie che portava al guinzaglio alternandole, secondo le occasioni, con un ghepardo o una coppia di levrieri dal pelo dello stesso colore del suo abito. Stupire, anzi sbalordire, fu la sua ragione di vita.
Vi riuscì, se persino Gabriele D’Annunzio, uno che per stranezze ed originalità era solito stupire gli altri, disse di lei, nel frattempo diventata sua amante: “La divina Marchesa, la sola donna che mi abbia sbalordito, amo i suoi capricci!”.
Non fu l’unico a cadere in trappola, perché il poeta e scrittore francese Jean Cocteau la definì: “Il più bel serpente del paradiso terrestre”, mentre il nostro Filippo Tommaso Marinetti la omaggiò come: “La più grande futurista del mondo”.

Fra i tanti artisti e fotografi di grido che la immortalarono e le cui opere lei amava esibire alle sue cene, sedendosi accanto ad esse con gli stessi abiti e gioielli con cui si era fatta raffigurare, spicca il bellissimo ritratto con levriero eseguito dal pittore ferrarese Giovanni Boldini.
Quando i due s’incontrarono per la prima volta nel 1908 a Venezia, presso l’hotel Danieli, ancora prima di salutarla il Boldini si precipitò in ginocchioni, fra i tavoli, a raccogliere le perle sparse sul pavimento della lunghissima collana che la Marchesa, giungendo di soprassalto, aveva inavvertitamente rotto.
In quello che è considerato uno dei suoi capolavori, l’artista ci presenta la Marchesa elegantissima, mentre fissa gli spettatori coi suoi famosi occhi magnetici in una posa come di sfida, slanciata e flessuosa come il levriero nero che tiene al guinzaglio, dello stesso colore dell’abito che indossa.
Il sapiente gioco dei colori, oltreché il tocco fugace e moderno del pennello di Boldini, imprimono alla scena lo stesso irrefrenabile dinamismo che sempre animò la “divina Marchesa”, facendone l’icona di un’epoca.
Accompagnano questo scritto il ritratto “La Marchesa Luisa Casati Stampa con un levriero”, di Giovanni Boldini, 1908, collezione privata, oltreché una foto della Marchesa raffigurata in una delle sue eccentriche “mises”.

A.P.

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