“R’Focu r’ Sant’Antòn!

fuoco

“R’Focu r’ Sant’Antòn!

La notte che dal 16 ci porta al 17 di gennaio ci introduce ai festeggiamenti di Sant’Antonio Abate. Un santo importante nel calendario pontelandolfese, per diverse motivazioni. Possiamo tranquillamente ricondurre questa tradizione al Giano bifronte, che ricongiunge e separa due periodi ben definiti nella nostra comunità.
Si chiudono le manifestazioni augurali per il nuovo anno e si aprono quelle del Carnevale pontelandolfese.
La nostra cultura è pervasa da elementi diversi: dalle radici che si avvincono alla ruralità; allo spirito che si spinge dal monastico a quello contadino.
I voti augurali e gli auspici che invadono e pervadono le notti come quella di San Silvestro per raggiungere finalmente il nuovo anno; o come in quella dell’Epifania che coincide con la dodicesima notte dopo il solstizio invernale,la notte della rinascita della Natura.
La conclusione di questi riti apotropaici è affidata a Sant’Antonio Abate, il nostro “Sant’Antòn”, con la fonesi che richiede l’accento acuto sulla “o” finale(anche se qui lo dobbiamo rappresentare con quello grave per motivi tipografici) e la chiusura tronca sulla “n”, per distinguerlo dal Patrono di Pontelandolfo che è Sant’Antonio di Padova, in vernacolo “Sant’Antoni’”.
Il Santo d’Egitto che qui onoriamo con i falò che si accendono un po’ ovunque nel nostro territorio è diventata la tradizione de “R’focu r’Sant’Antòn” appunto.
Come in molte delle ritualità paesane, vi è sempre un’allegoria della vita. La formazione della catasta da ardere deve essere alimentata da legna secca, simbologia del passato, che bruciando diventa brace per riscaldare le case e preparare le vivande; ed infine cenere da spargere nei campi come augurio alla Natura che rinasce e si rinnova.
Questo ci fa pensare all’Araba Fenice che rinasce dalle proprie ceneri, proprio come capitato al nostro paesello nel corso della sua storia.
Nel mentre i falò brillano in ogni dove, in ogni angolo delle nostre contrade, gli astanti esorcizzano gli spiriti maligni con la forza del fuoco e la luce che squarcia il buio della notte invernale. Ci si abbandona alla convivialità, arrostendo alla brace esclusivamente carne di maiale, magari appena ucciso, con salsicce e bistecche ad emanare il profumo della cucina semplice e genuina. Non solo!Sotto la brace si preparano le cosiddette “patan’ abb’lat’”,letteralmente patate sotterrate, ricoperte, velate dalla cenere. La patata infatti, si abbrustolisce col calore della cenere.
Pur essendo il nostro dialetto una lingua prevalentemente derivata da quella napoletana,ha tante parole che si richiamano ad altri dialetti. E’il caso di questa parola “ABB’LAT’”: non si trova nel pur ricco vocabolario della lingua napoletana. Troviamo termini simili nel ciociaro e nell’abbruzzese, oltre che nel molisano. La spiegazione storica sta nelle nostre origini monastico-cassinesi, senza nulla togliere alle transumanze che i nostri avi praticavano. Comunque l’origine viene dal latino AD VELARE, che per l’appunto significa “velare, cingere” e quindi velata, coperta dalla cenere.
Ritornando alla notte, quella passava tra canti e balli nella fredda serata per accogliere il Carnevale e di cui parleremo in altra occasione.
Ma cosa lega Sant’Antonio Abate a Pontelandolfo?
Anche se di origini egiziane ci ricollega alle origini monastiche dell’attuale centro urbano, fondato con la torre dominante e la chiesa dell’Annunziata costruita dai benedettini cassinesi che in epoca longobarda raggiunsero le nostre terre.
Del resto il nostro paese è un omaggio ad uno di principi di origini tedesche.
Il Santo del fuoco si spogliò di tutti i propri averi per intraprendere una vita ascetica nel deserto della Tebaide. L’emblema di questo sant’uomo è costituito dal bastone pastorale, dal maiale, dalla campana e dalla croce a tau.
Perché l’Anacoreta sia legato al Fuoco è dovuto alla fama di guaritore del male degli ardenti, il cosiddetto fuoco di Sant’Antonio, corrispondente all’ergotismo e all’herpes zoster, malattie che si manifestano con eritemi e vescicole fastidiose.
Abbiamo rintracciato un proverbio antico,di certa derivazione napoletana che dice “Chi festeggia Sant’Antòn, tutt’ r’ann’ s’r’ passa bbòn”! Come Pontelandolfo, sono tante le località in Italia e nel mondo che onorano questo santo, ma da noi ha il gusto dell’anima: il fuoco che è luce, calore, benessere, vita.

NICOLA DE MICHELE

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