Validoro era il banditore del Comune

Validoro
Validoro era il banditore del Comune da tempo immemorabile, il suo era un antico mestiere, menav r band, il mezzo più veloce per diffondere notizie, avvisi e disposizioni delle Autorità Comunali. Le diffondeva in modo capillare in tutto il paese seguendo un disegno logico che era solo nella sua mente e che molti si premuravano di spiegare. Per sommi capi lo si vedeva iniziare dai quartieri più popolosi, nelle ore in cui era probabile la presenza della gente poi diffondeva la sua opera nelle varie borgate, tutto rigorosamente a piedi.
Il suo ruolo era indispensabile, l’unico mezzo di informazione nel paese. Molte persone, oltre alle Autorità, usufruivano di questo servizio: venditori di stoffe, venditori di pesce, ambulanti e commercianti, i quali promuovevano le loro merci tramite il banditore. Validoro, come tutti i banditori veniva pagato in natura, con frutta, verdura, pesce o con altri generi che egli aveva pubblicizzato.
Era molto popolare e conosciuto, in una epoca in cui non c’erano molti giornali in giro per il paese e in cui Internet era lontano da venire, Validoro rappresentava l’unica fonte di informazione della comunità e funzionava efficientemente. L’impianto di acqua del paese, all’epoca, era la disperazione della comunità, funzionava nel periodo estivo solo per qualche ora al giorno e a volte, specialmente a luglio o agosto, anche a giorni alterni. In questi casi, quasi ogni giorno, Validoro percorreva tutte le strade del paese con la sua tromba da banditore e preceduto da due o tre squilli di tromba annunciava ad alta voce: “Attenzione ! Attenzione ! Alle doie si leva l’acqua”.
La notizia, per la gente ormai assuefatta, si accettava come un male ineluttabile ma un giorno Giovanni Mazzetta, detto Tasciola, decise di reagire. Si preparò con un grosso imbuto metallico sul balcone. Quando Validoro, come al solito si avvicinò al quartiere e lanciò per l’ennesima volta il suo bando: “Attenzione! Attenzione! Alle doie si leva l’acqua” Giovanni si affacciò sul balcone e con l’aiuto del grosso imbuto che gli faceva da megafono rispose a Validoro: “ Abbiamo capito, Abbiamo capito, ma a che ora torna l’acqua ?” Validoro non si scompose minimamente e di rimando rispose: “Non lo saccio, non lo saccio, addomandatelo alla Democrazia Cristiana!” Il partito che all’epoca comandava ogni cosa.
Il comune pagava il servizio del banditore con le “mnozzole”.
E qui spieghiamo cosa fossero le “mnozzole”.
Nella piazza del paese, proprio al centro del lato più lungo, c’era il negozio di Carluccio Roccone che era il più importante del paese e che vendeva di tutto. Aveva ogni cosa indispensabile, dalle sigarette alla liscivia (antico nome popolare della candeggina) che all’epoca si vendeva sfusa. Come anche le sigarette si vendevano sfuse. Si potevano comprare due o tre o cinque sigarette a seconda della disponibilità economica dell’acquirente. Carluccio Roccone di una età indefinibile e una pazienza consumata dal tempo, con gesti lenti e misurati prelevava il numero di sigarette richieste dal cliente e le riponeva in una bustina di carta allo scopo dedicata. A volte le bustine di carta terminavano e in attesa di acquistarne altre Carluccio metteva le sigarette in un pezzo di giornale e le avvolgeva accuratamente.
In uno scaffale apposito, pieno di cassetti, Carluccio Roccone teneva la pasta sfusa. Il cassetto era pieno di pasta e lui, in base alla richiesta del cliente, ne prelevava con un’apposita paletta ricurva la quantità richiesta e la metteva in un cuoppo di carta marrone per poi pesarla.
Esistevano pochi tipi di pasta, in pratica come pasta lunga c’erano gli ziti e come pasta corta i tubetti. Ma dagli ziti, spezzandoli con le mani, si ricavavano i mezza zita o anche gli zitoni a seconda della lunghezza. Nello spezzare gli ziti si formavano piccole schegge di pasta che si raccoglievano in una tovaglia per usarle separatamente. Queste erano le “mnozzole”, una vera prelibatezza nel sugo rosso. Nei cassetti di Carluccio Roccone, dopo aver prelevato tutti gli ziti presenti, rimanevano sul fondo le famose “mnozzole” che venivano vendute a prezzo stracciato e quindi erano richiestissime.
Il Comune, non potendo dare un vero e proprio stipendio al banditore comunale, lo pagava acquistando con un buono spesa la pasta per Validoro nel negozio in piazza. Validoro, che doveva vedere come campare la vita, non si faceva dare la pasta normale ma si prenotava le “mnozzole” che costando di meno ne garantiva una quantità maggiore.
La fame aguzza l’ingegno.
Tutti, in paese, volevano bene a Validoro, e tutti gli volevano bene tutto l’anno ma c’era un giorno dell’anno in cui tutti gli volevano bene ancora di più: il primo di marzo.
Era il giorno in cui Validoro agghindava il suo asino con festoni colorati e campanelli tintinnanti, indossava un mantello nero e cavalcava r ciuccio con la tromba nella mano sinistra e un gran fiasco di vino nella mano destra.
Il primo giorno del mese di marzo Validoro annunciava per le strade del paese l’ arrivo del mese che era pazzerello e burlone quanto lui.
Appresso a Validoro e al suo asino si formava immediatamente una schiera di bambini festanti che gli facevano da coro. In ogni vicolo del paese che attraversava suonava la tromba e poi annunciava a gran voce:
“ Marzo è arrivato! Guagliu’, sentite e stateve attienti. Chisto e’ pazzo e oggi chiove e domani tira r viento. Vecchiarielli, mettiteve a liett e nun ascite chiù, ca chisto e pazzo e v’accire a tutti quanti. Marzo è arrivato… alè !! Signurì, non v scoprite ca oggi ce stà o sole e domani la neve. Marzo è pazzo e v’accire a tutti quanti…” (continua)

C. Perugini & M. Coletta

Tratto da Scarpittopoli Storie di Paese

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