A Roccaromana l’incontro: “Frammenti di donne”

Roccaromana
Si è svolto presso “I ricordi di Casa Matilde” di S. Croce di Roccaromana l’incontro: “Frammenti di donne”, organizzato dall’Associazione Culturale “L’Aquila”, sul tema della violenza sulle donne.
Già nella presentazione/introduzione della Presidente dell’Associazione, dott.ssa Maria Rosa Lombardo, appare evidente la volontà di dare una particolare impostazione alla manifestazione, non la solita festa/ricorrenza nel tradizionale ed oramai abusato 8 marzo, ma la scelta di un modo diverso e in un giorno diverso, che l’Associazione “L’Aquila” ha voluto dedicare alle donne e viverlo insieme, attraverso il confronto e la riflessione, intorno a visioni e saperi della donna.
Sono stati presentati vissuti ed esperienze che hanno offerto al numeroso pubblico una rappresentazione dell’universo femminile visto dalle donne e nelle loro esperienze e nelle loro paure.
La prof.ssa Filomena Rossi, dirigente scolastico, prima ad intervenire, ha posto il problema della necessità di un processo educativo nel nostro contesto, dove la violenza pare oramai così generalizzata da far perdere i contorni percettivi.
Ha fatto seguito un momento di forte impatto emotivo, nella sua incisività lessicale e per l’esperienza proposta, una tragica pagina di violenza sulla donna con esiti mortali, un feroce femminicidio in cui la protagonista, la donna trucidata, racconta la sua storia di violenza subita. Formidabile per le sensazioni trasmesse, la lettura espressiva offerta dalla signora Cristina Formicola, lettura che ha commosso il pubblico maschile e femminile.
Altrettanto significativo, anche perché rappresenta un racconto/esperienza, l’intervento della professoressa Longo.
Un’esperienza di molestie subite da una bambina dove salvifico è stata la presenza attenta genitoriale, quasi paradigma e dimostrazione di come possa essere importante per le bambine, nell’affrontare il problema della violenza, la presenza del supporto/fiducia/intervento dei genitori.
Interessanti, per il vissuto proposto, le narrazioni delle assistenti sociali del Centro antiviolenza “Aurora” di Piedimonte Matese che hanno evidenziato come, troppo spesso, le donne arrivano al centro oramai quasi incapaci di chiedere aiuto, devastate sul piano psicologico oltre che deturpate nel fisico. Un dramma della violenza vissuto come autocolpevolizzazione che rende difficile lo stesso approccio terapeutico, una vera e propria “sindrome di Stoccolma” – definiscono le psicologhe – il perverso legame che si viene a creare, spesso, tra la donna pur maltrattata e il suo carnefice maschio/marito violento.
La seconda parte dell’incontro, abilmente moderato dall’ex Sindaco di Roccaromana e presidente dell’Associazione, è stata dedicata alla lettura, di poesie, pagine di romanzi e pubblicazioni al femminile. condivisa con le autrici presenti.
Toccante la lettura di alcune pagine inedite di un racconto “L’amore rubato” proposta all’auditorio dall’autrice, tra l’altro, del romanzo “Come un chicco di grano” edizioni Paoline e del saggio storico “Stragi ed eccidi dei Savoia durante il Risorgimento”.
La prof.ssa Longo in “L’Amore rubato” ci racconta la strage di Pontelandolfo, così come riportata nel diario dal bersagliere Carlo Margolfo: “l’ordine ricevuto era fucilare gli abitanti, meno i figli, le donne e gli infermi, ed incendiarlo. Nell’ordine impartito, ci dice l’autrice “ le donne, i bambini e gli infermi dovevano essere risparmiati, invece, il 14 Agosto del 1861, l’armata dei bersaglieri, dopo aver messo in salvo le case di tre liberali, fa strage degli innocenti. Nessuno viene risparmiato.
In questo contesto vengono collocati dalla scrittrice tre episodi toccanti di violenza contro le donne che vengono proposte al pubblico con pathos e commozione.
E, così, ecco la storia di Maria Izzo “è tra le ragazze più belle di Pontelandolfo: alta, carnagione olivastra, lunghi capelli neri raccolti alla nuca e due occhi profondi ed espressivi. È promessa sposa di Donato, un contadino del posto. Agli inizi di settembre sarebbero convolati a nozze. Quando i bersaglieri sfondano la porta e entrano, Maria non fa in tempo a reagire, le sono addosso come iene. I genitori e i fratelli vengono fucilati immediatamente, mentre per lei è troppo fucilarla a sangue freddo. …“C’è da divertirsi, dai bella, che ti facciamo diventare donna!” “…Il branco è affamato, mentre il primo la violenta gli altri, lo incitano a sbrigarsi. Ed è così che quel corpo è vituperato per ben 10 maledette volte. Maria non sente più nulla, le sue orecchie sono ovattate, pensa di vivere un incubo e che presto il risveglio lo avrà cancellato. Alla fine, l’ultimo piumato le sferra un colpo di baionetta nel ventre, mettendo fine alla sua vita.”
E la stessa sorte tocca alle altre due donne. Maria Ciaburri, è “ a letto col marito Giuseppe. Se li vede piombare in camera, minacciosi e violenti. mentre trattengono il marito altri violentano lei sotto i suoi occhi, lo passano quindi alla baionetta ma Maria ancora non hanno finito, sfogano i loro bassi istinti, senza provare nessun pudore tra loro, e trafiggono a morte la povera donna con la lama, che strisciando raggiunge la mano del marito stringendola, prima di volgere gli occhi al cielo.”
E, con Concettina Biondi, si consuma l’ennesimo delitto/violenza contro le donne. “Costringono la ragazzina e il padre Nicola, un contadino di sessant’anni, a raggiungere la stalla. Qui Nicola è legato ad un palo e presto sarà spettatore di un teatro vomitevole ignaro che la protagonista è la figlia. I bersaglieri denudano Concettina e la violentano a turno. La ragazza, ormai ridotta uno straccio sanguinante, perde i sensi per il dolore. L’ultimo soldato stupratore, non è soddisfatto: offeso e deluso le sferra un colpo di fucile alla testa”.
Ecco, tre donne umiliate e torturate da un branco di bestie, davanti ai propri figli,…
Da donna dice l’autrice lo so, lo capisco, avresti voluto che la lucidità della mente ti abbandonasse per non provare più l’umiliazione, il dolore, la vergogna che ti mettono addosso, mentre continui a sentire le loro risate, il loro piacere; avresti preferito la morte, a tutta quella violenza, e chiedi al Signore il perché di quell’affronto, anziché un colpo di fucile alla testa. Mentre gli occhi di un bambino fissano l’orrore, il tuo sguardo sembra incitarlo a voltarsi dall’altra parte; e la pena è di entrambi. Poi, all’improvviso una fredda lama squarcia il tuo ventre, la “desiderata” baionetta sta per mettere fine all’orrore; e tu sei li, con gli occhi al cielo d’agosto e ti senti finalmente libera. La fine è vicina, ma altre mani sfiorano il tuo ventre, lacerato e sanguinante, e quel tocco lo riconosci, non ti fa paura, tutt’altro. Allora, chini il capo, e l’ultimo sorriso è per tuo figlio, che piange disperato mentre ti abbraccia, il volto sporco del tuo sangue come quando lo desti al mondo, ma ora parla, sussurra e dice: “mamma”. Le forze ti abbandonano, ma con voce flebile lo rincuori e prima dell’ultimo respiro gli dici:
Figlio, io ti ho partorito e ora muoio, ma non cesserò di esserti accanto. Abbi cura di te e conserva memoria di quel che hai visto e nel ricordo, abbi rispetto per la donna e di questa dona che ti ha generato.
L’applauso intenso dei presenti sottolinea la commossa partecipazione del pubblico alle pagine raccontate dall’autrice.
Segue l’intervento di Luisa Moretti, napoletana, diplomata in arti grafiche presso l’Istituto d’Arte “Filippo Palizzi” autrice de “I Fiori di Sara” edizioni Albatros, che ha letto alcune pagine del suo romanzo. Un eterno conflitto tra bene e male ben sintetizzato nella storia di Lilly, una giovane maestra che arriva a Pietrasanta per prendere possesso del suo ruolo d’insegnante presso la scuola elementare del posto. Qui prima conosce e familiarizza con Lorenza, la proprietaria che le ha affittato una stanza della sua casa, dopodiché incontra Ester, una bambina con una storia alquanto singolare: non va a scuola, come fanno le sue coetanee, gioca da sola nel tempo libero e trascorre le sue giornate nella casa della nonna Sara. Quando Lilly conosce l’anziana signora, scopre una storia che, poco a poco, sconvolgerà la sua vita e che, in concomitanza con altri eventi che stravolgono la quiete della tranquilla località della Versilia, la condurrà alla radice dell’eterno dualismo tra “bene” e “male”.
E, per finire, Czapla Aleksandra Zofia, la delicata scrittrice 18enne pietramelarese di origine polacca, studentessa presso il liceo linguistico di Vairano Scalo, il tempo libero dallo studio dedicato alla scrittura, la sua grande passione, autrice di ‘Quel sogno esiste? Io adolescente’ (Arduino Sacco Editore), che ha letto alcune pagine del suo romanzo. La storia, di un’adolescente, Perry White, silenziosa e solitaria che segue la sua famiglia in Italia, una vita le riserva piena di sorprese. Dopo la perdita di tutte le sue amiche, durante il soggiorno in Inghilterra, in Italia rincontra Marco Grossi, il ragazzo di cui si era innamorata qualche anno prima in Inghilterra e che credeva perso, ma torna anche Bernadette, una sua vecchia migliore amica che le si rivolge con una richiesta che sconvolgerà la sua vita. L’adolescente deve decidere se inseguire ancora il suo amore e se aiutare chi le ha lasciato così tante cicatrici.
A conclusione dei lavori la giornalista dott. Francesca Nardi, Direttore di Appia Polis comunicazione, che, nel tracciare la sintesi dell’incontro, evidenzia come appaia chiaro il fallimento dei processi educativi se a distanza di tanti anni ancora si parla di violenza di genere e non di un sistema che violenta e immiserisce.
Efficace anche l’aspetto coreografico della location con l’esposizione di foto con i volti delle donne viste attraverso l’obiettivo e la sensibilità di Tommasina Pecoraro studentessa presso la facoltà di farmacia.
La manifestazione si chiude con la promessa di un appuntamento futuro.

Alfredo Pappalardo

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