Geert Wilders e il suicidio dell’Europa

Geert Wilders e il suicidio dell’Europa

di Guy Millière – 28 aprile 2017

Pezzo in lingua originale inglese: Geert Wilders and the Suicide of Europe
Traduzioni di Angelita La Spada

Nessuno dei discorsi di Wilders incita alla violenza contro chiunque: la violenza che lo circonda è diretta soltanto contro di lui.

L’unica persona a parlare di questi problemi è Geert Wilders. I leader politici olandesi e la maggior parte dei giornalisti a quanto pare preferiscono dire che Geert Wilders è il problema; che se lui non ci fosse, questi problemi non esisterebbero.

Quello che i fautori di questa visione del mondo che colpevolizza l’Occidente “dimenticano” è che l’Islam ha oppresso a lungo l’Occidente: gli eserciti musulmani conquistarono la Persia, l’Impero bizantino cristiano, il Nord Africa e il Medio Oriente, la Spagna, la Grecia, l’Ungheria, la Serbia e i Balcani, e di fatto tutta l’Europa orientale. Gli eserciti musulmani furono una minaccia costante fino a quando le truppe predatrici ottomane non vennero definitivamente allontanate alle porte di Vienna nel 1683.

Anche se il politico olandese Geert Wilders avesse vinto e se il Partito della Libertà (Pvv) da lui fondato undici anni fa fosse diventato il primo partito nel paese, Wilders non sarebbe stato in grado di diventare il capo del governo. I leader di tutti gli altri partiti politici hanno detto che avrebbero rifiutato qualsiasi alleanza con lui e fino a oggi mantengono questa posizione.

Per anni, i media mainstream olandesi hanno diffuso odio e calunnie contro Wilders per aver cercato di mettere in guardia il popolo olandese – e l’Europa – su ciò che il loro futuro sarà se non porranno fine alle loro attuali politiche in materia di immigrazione. In cambio, lo scorso dicembre, una corte di tre giudici lo ha dichiarato colpevole di “incitamento alla discriminazione”. I quotidiani e i politici di tutta Europa lo descrivono continuamente come un uomo pericoloso e un sobillatore di destra. A volte lo chiamano “fascista”.

Ma cosa ha mai fatto Geert Wilders per meritarsi questo? Nessuno dei suoi commenti ha mai incriminato una persona o un gruppo a causa della sua razza o etnia. Per accusarlo, il sistema giudiziario olandese ha dovuto interpretare abusivamente e in maniera esagerata le parole da lui usate durante un comizio in cui egli ha chiesto agli olandesi se volessero “un minor numero marocchini”. Nessuno dei discorsi di Wilders incita alla violenza contro chiunque: la violenza che lo circonda è diretta soltanto contro di lui. Egli difende i diritti umani e i principi democratici ed è un risoluto nemico di ogni forma di antisemitismo.

Il suo unico “crimine” è quello di denunciare il pericolo rappresentato dall’islamizzazione dei Paesi Bassi e del resto d’Europa e di affermare che l’Islam rappresenta una letale minaccia alla libertà. Purtroppo, Wilders ha buone ragioni empiriche per dirlo. Inoltre, ahimè, l’Olanda è un paese dove criticare l’Islam è particolarmente pericoloso: nel 2004, Theo van Gogh ha fatto un film “islamicamente scorretto” ed è stato brutalmente assassinato da un islamista che ha dichiarato che lo avrebbe ucciso di nuovo se avesse potuto. Due anni prima, Pim Fortuyn, che sperava di candidarsi alle elezioni, aveva definito l’Islam “una religione ostile”: fu ucciso da un attivista per i diritti degli animali, un islamofilo di sinistra. Geert Wilders è vivo solo perché è sotto scorta della polizia ventiquattr’ore al giorno, benevolmente fornita dal governo olandese.

Nel 2004, il terrorista olandese di origine marocchina Mohammed Bouyeri (nella foto a sinistra) ha sparato al regista Theo van Gogh (nella foto a destra) e poi lo ha accoltellato e gli ha tagliato la gola.
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Più in generale, l’Olanda è un paese in cui la comunità musulmana mostra pochi segni di integrazione. Oggi, nei Paesi Bassi ci sono una quarantina di no-go zones; i disordini scoppiano con facilità, come è accaduto negli ultimi tempi a Rotterdam, Amsterdam e Nijmegen. Di recente, persone provenienti da altri paesi hanno ripetutamente aggredito i cittadini olandesi. Alcuni sono talmente sicuri di rimanere impuniti che pubblicano online i video dei loro crimini. In tutto il paese, nelle periferie è in corso una pulizia etnica che gli europei sono troppo spaventati per chiamarla per nome e spesso i residenti non musulmani dicono di sentirsi infastiditi.

Le donne non musulmane sono incoraggiate dalle autorità locali a vestire “con modestia”. Visto che nell’Islam i cani sono haram (impuri), i proprietari dei cani sono invitati a tenere i loro animali domestici in casa. Nel 2014, 2015 e 2016, gli islamisti hanno organizzato manifestazioni di protesta e gridato slogan di sostegno a Hamas e allo Stato islamico.

La vita quotidiana è diventata particolarmente difficile per i 40.000 ebrei che ancora vivono nel paese: i distretti da tempo abitati dai membri della comunità ebraica sono diventati quasi interamente musulmani. Le autorità raccomandano agli ebrei di evitare di mostrare qualsiasi “segno visibile” di appartenenza alla religione ebraica per non creare “tensioni”. Il tasso di delinquenza tra i musulmani è elevato: la percentuale di musulmani finiti in prigione è notevolmente superiore alla percentuale di musulmani nella popolazione. Il 6 per cento della popolazione del paese è musulmano; circa il 20 per cento di tutti i detenuti è musulmano. Niente di tutto questo è un segreto.

L’unica persona a parlare di questi problemi è Geert Wilders. I leader politici olandesi e la maggior parte dei giornalisti a quanto pare preferiscono dire che Geert Wilders è il problema; che se lui non ci fosse, questi problemi non esisterebbero. Nella migliore delle ipotesi, pronunciano parole confuse volte a mostrare forza; nel peggiore dei casi, voltano le spalle.

Un’elevata percentuale della popolazione olandese è ansiosa: la costante demonizzazione di Geert Wilders cerca di indottrinare la gente ad accontentarsi di meno.

Un anno fa, il sindaco musulmano di Londra Sadiq Khan affermava che “gli attacchi terroristici fanno parte del vivere in una grande città”. Non è così. Il sindaco musulmano di Rotterdam, Ahmed Abutaleb, ha usato parole più dure dicendo che i migranti devono “rispettare la legge o tornarsene a casa”.

Alla fine di gennaio, il primo ministro in carica, Mark Rutte, ha pubblicato un annuncio a piena pagina su diversi quotidiani avvertendo gli immigrati di “comportarsi in modo normale o andarsene”, senza usare la parola “Islam”. L’11 marzo 2017, quattro giorni prima delle elezioni olandesi, Rutte ha deciso di inviare un “messaggio forte” vietando ai ministri turchi di parlare a Rotterdam. Gli elettori che avevano pensato di votare per Geert Wilders hanno invece espresso il loro consenso per il Partito popolare per la libertà e la democrazia (Vvd) di Rutte, che così si è assicurato una vittoria in extremis. Il partito di Wilders è arrivato secondo. Il Partito della Libertà (Pvv) ha ottenuto cinque seggi in più rispetto alle elezioni precedenti, ma ne avrà solo 20 su 150. Il Vvd di Rutte avrà 33 seggi. Il Partito laburista, il principale alleato di Rutte fino al 15 marzo, è crollato e ha subito una sconfitta storica con solo 9 seggi. La sinistra, però, non è in ritirata, GroenLinks, un partito in gran parte composto da ex comunisti e ambientalisti radicali ha guadagnato 14 seggi, dieci in più rispetto a prima. Il Partito socialista ha ottenuto 14 seggi, i Democratici 66, un partito “social-liberale”, “progressista” e multiculturale ha conquistato 19 seggi, quasi quanto il Partito della libertà. Un partito musulmano, Denk (che in olandese vuol dire “Pensiero” e in turco “Uguaglianza”), ha ottenuto 3 seggi. Il Vnl, un partito conservatore fondato da due ex membri del Partito della libertà, ha subito una clamorosa sconfitta e non ha guadagnato alcun seggio.

Il prossimo governo olandese sarà una coalizione di quattro partiti, forse cinque, e probabilmente tenderà più a sinistra rispetto ai precedenti governi. Certamente ne faranno parte i Democratici 66 e forse anche Groenlinks.

Negli anni a venire, la situazione nel paese si deteriorerà. Il tasso di fertilità dell’Olanda (1,68 figli per donna) non è catastrofico come in Germania, Italia o Spagna, ma è di gran lunga al di sotto del tasso di sostituzione. Il tasso di natalità dei musulmani presenti nel paese è più alto di quello dei non musulmani. Decine di chiese chiudono ogni anno a causa della rapida diminuzione del numero di cristiani praticanti e le chiese sono sostituite da moschee. I predicatori radicali continuano ad arrivare e proselitizzare; le organizzazioni islamiste continuano a reclutare. In un report sull’islamizzazione dei Paesi Bassi pubblicato dieci anni fa, Manfred Gerstenfeld scriveva che “la resistenza alle forze radicali in seno alla comunità musulmana olandese è debole”. Nulla è cambiato da allora.

Quello che sta accedendo in Olanda è simile a ciò che accade nella maggior parte dei paesi europei. Nel Regno Unito, in Belgio, Francia, Germania e Svezia, il numero delle no-go zones è in rapida crescita. I disordini scatenati dagli islamici si ripetono con sempre maggiore frequenza. Le bande etniche sono sempre più violente. La pulizia etnica sta trasformando i quartieri. Gli ebrei si trasferiscono in Israele o nel Nord America. La popolazione musulmana sta crescendo drasticamente. Le moschee radicali proliferano. Le organizzazioni islamiche sono ovunque.

I politici che osano parlare come Geert Wilders vengono trattati come quest’ultimo: disprezzati, emarginati e messi sotto processo.

La visione del mondo nell’Europa occidentale è ora “egemonica”. Essa si fonda sull’idea che il mondo occidentale è colpevole, che tutte le culture sono uguali e che la cultura islamica è “più uguale” della cultura occidentale perché l’Islam è stato presumibilmente oppresso per così tanto tempo dall’Occidente. Ma quello che i fautori di questa visione del mondo che colpevolizza l’Occidente “dimenticano” è che l’Islam ha oppresso a lungo l’Occidente: gli eserciti musulmani conquistarono la Persia, l’Impero bizantino cristiano, il Nord Africa e il Medio Oriente, la Spagna, la Grecia, l’Ungheria, la Serbia e i Balcani, e di fatto tutta l’Europa orientale. Gli eserciti musulmani furono una minaccia costante fino a quando le truppe predatrici ottomane non vennero definitivamente allontanate alle porte di Vienna nel 1683.

La visione europea comprende anche l’idea che tutti i conflitti possono essere risolti in maniera pacifica, che l’appeasement è quasi sempre una soluzione e che l’Europa non ha nemici.

Questa visione si fonda inoltre sull’idea che una élite illuminata deve avere il potere, perché se Adolf Hitler arrivò al potere con mezzi democratici ottant’anni fa, lasciare che il popolo decida liberamente il proprio destino potrebbe portare al disastro.

Il sogno sembra essere quello di un futuro utopico in cui la povertà sarà debellata dai sistemi di welfare e la violenza sarà sconfitta dall’apertura mentale e dall’amore.

È questa visione del mondo che può aver indotto la cancelliera tedesca Angela Merkel ad aprire le porte a più di un milione di migranti musulmani, senza alcun criterio, nonostante un’ondata di crimini commessi dai migranti e un crescente numero di stupri e aggressioni sessuali. L’unico candidato che potrebbe essere in grado di battere Angela Merkel alle elezioni politiche tedesche che si terranno quest’anno è il socialista Martin Schulz, ex presidente del Parlamento europeo.

In Francia, Marine Le Pen, l’unica candidata che parla di Islam e immigrazione, sarà quasi certamente sconfitta da Emmanuel Macron, un ex ministro del governo di François Hollande – un uomo che non vede il male da nessuna parte.

È questa visione del mondo che sembra aver portato la premier britannica Theresa May a dire che l’attacco islamico del 22 marzo a Westminster “non è stato un atto di terrorismo islamico”.

Questa visione del mondo idealistica e utopica spiega anche perché in Europa persone come Geert Wilders sono viste come l’incarnazione del male, ma l’Islam radicale è considerato un fastidio marginale che non ha alcuna attinenza con la “religione di pace”. Intanto, Wilders è condannato a vivere protetto come se fosse in carcere, mentre quelli che vogliono ucciderlo – e che minacciano milioni di persone in Europa – se ne vanno in giro liberamente.

Questa visione adolescenziale è così radicata nelle menti di milioni di europei che per sradicarla sarà necessaria una rapida crescita.

Guy Millière, insegna all’Università di Parigi ed è autore di 27 libri sulla Francia e l’Europa.