Manca solo il Partito Intellettuale

𝐌𝐚𝐧𝐜𝐚 𝐬𝐨𝐥𝐨 𝐢𝐥 𝐏𝐚𝐫𝐭𝐢𝐭𝐨 𝐈𝐧𝐭𝐞𝐥𝐥𝐞𝐭𝐭𝐮𝐚𝐥𝐞
Con l’arrivo di Elly Schlein alla guida della sinistra la prima, assoluta novità è il ritorno in piazza nel nome dell’antifascismo.

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Manca solo il Partito Intellettuale
di Marcello Veneziani
Pubblicato il 13 Marzo 2023

Con l’arrivo di Elly Schlein alla guida della sinistra la prima, assoluta novità è il ritorno in piazza nel nome dell’antifascismo. E subito dopo la discesa in campo in difesa dei migranti. Quindi verrà la battaglia lgbtq, la legalizzazione della cannabis, la difesa dell’aborto… Aria nuova, vero? Una svolta, un cambio epocale…
Ma della finta novità bisogna cogliere il vero fervore. Migliaia di nuovi iscritti ai dem, dicono almeno gli orchestratori del consenso alla neoeletta; sondaggi in salita, il Pd si riprende molti voti grillini. D’altronde, è stato decisivo proprio il voto dei grillini nei gazebo per decretare la vittoria della Schlein. Ora si torna alla mobilitazione di piazza su temi nuovi come il fascismo alle porte.
In questo fervore non si nota ancora la discesa in campo del Partito Intellettuale, che di solito è tra i primi a formarsi, compattarsi e mobilitarsi nelle sue sezioni letteratura, cinema, musica, arte, cultura varia in un clima del genere. Per ora si muovono in ranghi sparsi, con mezzi privati, non si è ancora formato il Collettivo e il relativo torpedone. Cosa aspettano? Che si componga la collana, ovvero la sequenza ideologica di Atti Indegni che preparano ai loro occhi la nascita di un nuovo regime liberticida e fascistoide. La scaramuccia di Firenze, la mobilitazione per Cutro, sono già due promettenti sintomi, subito trasformati, secondo una vecchia strategia, in guerra al governo nella persona del ministro della pubblica istruzione, Valditara e del ministro dell’Interno, Piantedosi (colpirne uno a sessione). Ora si aspetta il Terzo Atto e il Terzo Infame da crocifiggere e poi partirà la Mobilitazione generale e intellettuale sulle ali della Grande Indignazione per l’indegno governo di destra. La sinistra al governo è un fallimento ripetuto, sottolineato dalle sconfitte elettorali che poi riceve, ma il suo potenziale distruttivo, la sua capacità di marciare contro, di remare contro, è ancora la sua vera forza e il suo vero collante. Un potere d’intimidazione, d’interdizione e demonizzazione che non ha paragoni. La capacità di compattarsi è inversamente proporzionale alla qualità e alla fondatezza dei temi agitati; la forza d’urto cresce quanto più decresce la ragionevolezza e la veridicità della tesi sostenuta. Un caso da studiare.
“In ogni minoranza intelligente c’è una maggioranza di imbecilli”, aveva ragione Andrè Malraux osservando da indigeno la stupidità degli intellettuali.
Ma sforziamoci di vedere il lato positivo. Se la presenza di Meloni al governo dovesse risultare sulla sensibile epidermide dell’artista o dell’intellettuale come uno scudiscio o un contatto urticante, allora dovremmo esserle grati per aver spinto un corpo morto, fossilizzato, privo di reazioni, di creatività e di sensibilità da diverso tempo, a svegliarsi e reagire. Anche se dovesse innescare reazioni paranoiche, ciò potrebbe vitalizzare la stanca produzione letteraria, artistica, satirica, televisiva del nostro paese. La sindrome del complotto e la mania di persecuzione producono di solito pessimi comportamenti vitali ma grandi opere artistiche. La perdita del senso della realtà può generare magnifiche fiction. Immaginare di vivere nel regno del Male può far nascere perfino capolavori.
Viceversa, le convocazioni di intellettuali, la loro sindacalizzazione, la chiamata alla leva per i battaglioni del Genio Civile e Intellettuale, dovrebbero far nascere nei migliori tra i precettati la voglia matta di uscire dalle gabbie e dai gruppi, il sottile piacere di disertare, anzi di marinare la scuola dell’obbligo ideologico e vedere di nascosto l’effetto che fa. La cartolina precetto per correre alle armi arruolandosi nei ranghi dell’Intellettuale Collettivo dovrebbe suscitare, come fenomeno allergico e reattivo, un formicolìo di libertà, un’ansia di spirito critico. Non sentite la gioia di spazi liberi e deserti, gioiosamente soli, dopo tanti pianti corali e politicamente corretti? Sarebbe una sana reazione, coltivatela. La convinzione che la plebe sia destrorsa e fascistoide, che il volgo sia volgare, che sia una turba di telebestioni, dovrebbe spingere i migliori a salire e rinchiudersi sdegnosi nella torre d’avorio. Se questo tempo, queste masse, questa fetente umanità non meritano i vostri delicati pensieri, le vostre raffinate battute, i vostri libri incompresi, perché non voltate le spalle al mercato, alla tv e alle cattedre e vi chiudete a produrre opere destinate ai posteri, nei monasteri della vostra Ascesi? Perché vi date al narcisismo intellettuale se chi vi fa sentire una star è un popolo di bestie selvatiche? Sappiate essere aristocratici fino in fondo.
A maggior gloria, aggiungo una postilla. Gli scrittori, i pensatori, gli artisti, gli attori sono grandi o meschini indipendentemente dai governi in carica e perfino dai regimi. Fior di artisti sono fioriti in epoche politiche infami, perfino sotto dittatori e tiranni. Non cercate un alibi alla mediocrità incolpando l’inclemenza del tempo politico e del governo infame. E a chi sicuramente ripeterà come ai tempi di Berlusconi che questo governo “non ha nulla da spartire con la cultura”: chiederemo quale dei governi precedenti avesse da spartire e poi chiederei se ciò non sia un bene per la cultura medesima non “spartire” nulla con un governo. Un governo può far poco sulla cultura, anzi per dirla con Karl Kraus, un premier è un ottimista se crede di poter peggiorare la nostra cultura.
Si spera solo che il travaglio appena narrato di essere intellettuali sotto il governo Meloni possa generare un miracolo a lungo atteso: la voglia di liberare l’intelligenza dal partito preso, la cultura dalla militanza, la creatività dall’organizzazione. E ognuno sia giudicato per quel che crea e produce e non per quel che lamenta, sottoscrive e depreca. Indignarsi può essere un buon esercizio digestivo, ma non è prova della propria superiorità.

La Verità – 12 marzo 2023