Polpette di Manzoni (avvelenate)

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Polpette di Manzoni (avvelenate)
di Marcello Veneziani
03 Giugno 2023

Rieccoci ancora con Alessandro Manzoni. Da mezzo secolo era scesa una fitta coltre di nebbia, di odio e dā€™oblio su di lui. Lo scrittore italiano per antonomasia, dal Risorgimento in poi, il romanziere dellā€™Italia cattolica, popolare, moderata e moralista, che era stato a lungo lā€™interprete moderno dellā€™anima italiana e passaggio obbligato a scuola, era stato messo da parte dopo il ā€™68. Per esprimere un verdetto di condanna per Manzoni erano stati ripubblicati i giudizi-stroncatura di Antonio Gramsci contro il suo paternalismo conservatore e classista, seppur dissimulato da unā€™indulgenza aristocrazia verso i popolani, bonariamente presi in giro, ridotti a bestie e macchiette, sempre secondo il papa dellā€™egemonia culturale. A lui Gramsci opponeva Tolstoj, umanitario, dalla parte del popolo, precursore del socialismo e, dettaglio non secondario, russo (eravamo nel tempo dellā€™Unione sovietica). E Manzoni, il piĆ¹ familiare dei nostri scrittori, diventĆ² improvvisamente il piĆ¹ alieno.
Ora che lo abbiamo liberato dal velo della polvere e dellā€™oblio e ci siamo finalmente ricordati di lui in occasione del suo anniversario, a 150 anni dalla sua morte, ĆØ avvenuto uno strano e perverso miracolo. Manzoni ĆØ stato improvvisamente riabilitato, ĆØ diventato di colpo unā€™icona dellā€™antirazzismo, dellā€™antinazionalismo, dellā€™anti-tradizionalismo. E lo ĆØ diventato non solo per via del coro spompato del Collettivo Intellettuali di Sinistra e del suo ā€œcontrordine compagniā€ di guareschiana memoria; ma anche con la bolla del Quirinale, di Mattarella in persona.
Nellā€™Italia uscita dal Risorgimento fino agli anni settanta del secolo scorso, Manzoni era il nome che univa piĆ¹ Italie, perlomeno quella cattolica, quella nazionale, quella liberal-risorgimentale; e su altri piani quella borghese, quella aristocratica e quella popolare. E la sua centralitĆ  nella scuola allā€™epoca democristiana, dopo lā€™etĆ  umbertina e quella fascista, ne era la prova ulteriore e segnava lā€™abbraccio tra i cattolici e la storia patria, il ponte tra i cristiani e il Risorgimento, nella prospettiva di un cattolicesimo liberale e moderatamente conservatore.
Invece Mattarella ha deciso di usare Manzoni per dividere gli italiani, secondo un collaudato schema manicheo che viene applicato a ogni occasione storica, istituzionale e politica; ne ha abusato in modo maldestro, facendone una specie di antesignano della sinistra, se non addirittura del Pd. Vanamente qualcuno ha ricordato il celebre motto manzoniano che sā€™imparava a scuola: ā€œLā€™Italia una dā€™arme, di lingua, dā€™altare, di memorie, di sangue e di corĀ» che ĆØ lā€™esatto contrario di quel che ha sostenuto Mattarella. Manzoni viene ridotto a sostenitore della Rivoluzione francese, dimenticando le sue pagine aspre nel Saggio sulla rivoluzione francese, dedicate al Terrore, alla ā€œdittatura della virtĆ¹ā€ e ai fanatici giacobini che sā€™impossessarono della Rivoluzione; viene dimenticato il suo ritratto di Robespierre e della sua devastante follia rivoluzionaria, nel suo libro Dellā€™Invenzione. Quelle pagine sulla rivoluzione francese e sul suo capo, insieme ad altre sul senso religioso, la morale cattolica, lā€™amor patrio e la difesa della lingua italiana, ripubblicai lo scorso anno in unā€™antologia manzoniana, I fiori del bene, edito da Vallecchi. Manzoni credeva nellā€™intervento diretto della Provvidenza nella storia e nella vita degli uomini; una prospettiva teologica incompatibile con ogni prospettiva progressista, laicista, massonica, giacobina e rivoluzionaria. Un conto ĆØ sottolineare la sua tempra di moderato, il suo cattolicesimo liberale, la sua preferenza per una monarchia costituzionale e la sua sintonia con lā€™azione liberal-conservatrice di Cavour rispetto al radicalismo repubblicano di Mazzini o Garibaldi; un altro ĆØ usare Manzoni per colpire il governo in carica, per versare la dose quotidiana di veleno sulla destra, sul populismo, sul nazionalismo tradotto impropriamente in razzismo (e magari in cripto-nazismo e proto-fascismo). E fare di Manzoni un nemico ante litteram delā€¦ ministro Lollobrigida e un difensore accanito della societĆ  multietnica.
Nellā€™epoca dellā€™ateismo globale e antinazionale, i saggi manzoniani, ma anche le sue opere poetiche e letterarie, e il suo stesso impegno civile e nazionale, sono quanto di piĆ¹ remoto dalla retorica di cui ĆØ assiduo e scontato portavoce Mattarella. Per scendere al livello propagandistico degli slogan usati per leggere Manzoni con le lenti della cancel culture e del politically correct, diremo che se cā€™ĆØ un autore che si richiama ai principi della fede, della morale e dellā€™amor patrio, cioĆØ di Dio, patria e famiglia, questi ĆØ proprio Manzoni.
A questo punto non sappiamo piĆ¹ se augurarci che certi autori cancellati, rimossi o emarginati del passato, siano piĆ¹ danneggiati o piĆ¹ salvaguardati dal silenzio, rispetto a certi recuperi devianti, certe attualizzazioni forzate, certi abusi storici e letterari per compiacere le miserie ideologiche del presente. A volte verrebbe voglia di sperare che li lascino nellā€™oblio, a cui sono stati abbandonati per decenni, evitando di fare della grande cultura del passato solo un dĆ©filĆ© di precursori dellā€™ideologia progressista e global dā€™oggi. Lasciateli alla loro grandiosa inattualitĆ  e alla loro concezione incompatibile con i pregiudizi del presente. A quando un bello spettacolino su Renzo trans, Lucia femminista con lā€™utero in affitto, Fraā€™Cristoforo precursore di don Gallo, El Griso nonno di La Russa e don Rodrigo antenato della Meloni?

(Panorama, n.23)