Se Atene piange, Sparta non ride…

𝗦𝗲 𝗔𝘁𝗲𝗻𝗲 𝗽𝗶𝗮𝗻𝗴𝗲, 𝗦𝗽𝗮𝗿𝘁𝗮 𝗻𝗼𝗻 𝗿𝗶𝗱𝗲…
Il peggior governo della peggiore coalizione possibile nel peggior momento della repubblica. E davanti un’opposizione scarsa, parolaia e biforcuta. Basterebbe questo quadro di partenza per chiudere il discorso e occuparsi d’altro: di vacanze, giardinaggio o metafisica. Ma uno sforzo ulteriore va fatto per spiegare il nostro sconforto

Continua a leggere ⤵️

Se Atene piange, Sparta non ride…

Il peggior governo della peggiore coalizione possibile nel peggior momento della repubblica. E davanti un’opposizione scarsa, parolaia e biforcuta. Basterebbe questo quadro di partenza per chiudere il discorso e occuparsi d’altro: di vacanze, giardinaggio o metafisica. Ma uno sforzo ulteriore va fatto per spiegare il nostro sconforto. Siamo alle porte di un autunno che ci annunciano come un disastro: sul piano sanitario-pandemico da una parte e sul piano socio-economico dall’altra. E ci stiamo arrivando con un governo guidato da un trasformista vanesio pronto a tutto, pure a vendersi l’Italia pur di restare premier, composto dal Partito dell’Ignoranza a cinque stelle e dal Partito dell’Arroganza sinistrese. Un finto, tragico, ottimismo, un continuo annuncio di cifre, aiuti, potenze di fuoco e dall’altra una realtà sempre più devastata, anche se gli organetti di regime, i tg in prima linea, strombettano primati mondiali e fenomeni a Palazzo Chigi. Riconquistiamo il quadro generale come se fosse un’opera teatrale con tutti gli attori in palcoscenico: eccoli, i sei personaggi in cerca d’autore. Da una parte Conte Giuseppe, Grillo Beppe, Zingaretti Nicola in rappresentanza del grillismo, del sinistrismo e del trasformismo. Dall’altra parte in ordine di consensi Salvini Matteo, Meloni Giorgia, Berlusconi Silvio. E l’autore? Non c’è, o meglio una volta è Renzi Matteo, un’altra è Mattarella Sergio, più nomi stranieri. Li vedo sul palcoscenico, li sento dire, e avverto innanzitutto il disagio di sentirli tutti, chi più chi meno, figli del proprio tempo e del proprio spettacolo. Certo, chi più chi meno, c’è qualche differenza, in un arco in cui il peggio è rappresentato da chi guida il governo e il meno peggio è da chi ne è stato più distante, quella che chiamo in gergo peronista Giorgita Melòn. Sappiamo che roba è la coalizione che regge il presente governo: il partito più inadeguato della storia repubblicana, col tasso più elevato di ignoranti, incapaci, privi di bussola e di un’idea guida, che però il popolo sovrano in gita fuori porta ha votato come primo partito; e la sinistra più scadente che abbiamo mai avuto in Italia: e capisco che per lo storico comunista Luciano Canfora l’unico leader di sinistra in Italia è Bergoglio.

Ma per una volta volgiamoci a guardare dall’altra parte, all’opposizione, cioè a coloro che dovrebbero salvarci. Vi dico in spietata sintesi la convinzione che mi sono fatto incrociando dati e dichiarazioni, storie e interessi: nutriamo sfiducia. Non mi fido di Berlusconi, non ho fiducia in Salvini e reputo Meloni coi suoi fratelli (e cognati) non in grado di governare l’Italia. L’ho buttata giù dura, per capirci subito. E aggiungo che fra i tre, alla fine, almeno nel regno del Dire, è preferibile la Meloni, sbanda meno, sbava meno, e almeno sul piano del messaggio è più coerente ed efficace. Ma guai se passiamo al regno del Fare e ipotizziamo un governo di costoro, ammesso che l’alleanza non si sfasci prima e Berlusconi giochi la sua partita doppia, in cambio della sua mezza riabilitazione.

Vi potete fidare di Salvini che nel giro di un anno, da agosto ’19 ad oggi le ha sbagliate in modo seriale quasi tutte, ha paurosamente oscillato un giorno facendo il liberista, un giorno il cattolico tradizionalista col rosario in mano, un giorno il comunista di ritorno col santino di Berlinguer (la Lega erede dei “valori “ del suo Pci); un giorno è nazionalista, un altro è padano, e poi un giorno filo-Trump (più Israele) e una notte filo-Putin, e si potrebbe continuare. Salvo il leit motiv sui migranti.

Una controprova l’abbiamo avuta con le candidature alle amministrative: i sovranisti e i loro partner berlusconiani hanno scelto candidature tra lo scarso e il riciclato, un valzer di nomenklature scadenti, dopo uno spettacolo di divisioni indecenti.

Dove pensate che possa andare questa armata se avesse in mano il governo, quale criterio di scelta avrebbero per i ministri e gli uomini ai posti chiave se non gli stessi che usano già adesso, così scadenti? Chi pensate che possa prenderli sul serio in Europa e nel mondo, che peso riuscirebbero ad avere nelle relazioni internazionali? Ma soprattutto dove sono gli statisti anche in erba che ci porterebbero fuori dalle secche della crisi economica, sociale, politica, istituzionale? Se non temessimo una specie di Monti bis, dovremmo auspicare un governo impolitico o sovrapolitico, un governo dei migliori, guidato da gente autorevole e capace, visionari più che tecnici, con curricula adeguati, udienza internazionale e maggioranza trasversale. Ma dove trovarli, chi sono? E chi ci dice che non sia un altro governo asservito alla Troika, di domestici dei poteri economici globali? Draghi è il nome più autorevole: ma c’è da fidarsi di lui, a chi risponderebbe davvero, da dove tirerebbe fuori i suoi ministri, con quale linea italiana?

Allora ci ricomponiamo e diciamo: se avete stomaco, alla fine, turandovi non solo il naso come faceva Montanelli, ma naso orecchio e gola, e tenendo aperto, anzi socchiuso solo un occhio, votate sovranista, melonista, quel che un tempo si chiamava destra sociale, destra nazionale. Perché almeno tenete fede voi, più che i destinatari del voto, a una linea di principio, e soprattutto mandate l’avviso di sfratto al Mitomane con la pochette e ai suoi alleati grillo-sinistri. Ma poi rubate il rosario a Salvini perché ne avrete davvero bisogno per raccomandarvi alla Madonna e a tutti i Santi, non volendo disturbare il Signore. Naturalmente l’incognita è se e quando ci faranno votare, visto l’andazzo, le minacce d’emergenza e ogni altro gioco di prestigio per far sparire l’urna e far comparire la colomba della fregatura. Io però, con la scusa che ho raggiunto l’età della pensione, a votare non ci vado, e potrei portare certificato medico: ho conati di vomito e imbratterei la scheda di rigurgiti, anche involontari.

MV (Scritto a mezza estate, uscito nel numero di settembre de Il Borghese)