Speriamo che sia femmina

𝐒𝐩𝐞𝐫𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐢𝐚 𝐟𝐞𝐦𝐦𝐢𝐧𝐚
Nella danza sul Quirinale, il galateo femminista e demagogico dà la precedenza alle donne.

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Speriamo che sia femmina

Nella danza sul Quirinale, il galateo femminista e demagogico dà la precedenza alle donne. “Dopo tredici uomini vogliamo una donna al Quirinale”, dicono in coro. L’ultimo a ripeterlo è Carlo Cottarelli. Se si prescinde dalle persone e si procede per generi, quote o categorie faccio notare che non è mai stato mai eletto al Quirinale un presidente disabile, un nero, un ebreo, un omosessuale, un trans e potrei continuare. E non è stato mai eletto un presidente romano, milanese o adriatico… Che facciamo, rimediamo? E se invece di usare questi criteri generici si cercasse di eleggere qualcuno affidabile sul piano della qualità, dell’autorevolezza e della capacità di rappresentare al meglio tutti gli italiani? Se poi è donna fa piacere.

Ma è la lottizzazione del mondo per tipi che è grottesca e rovinosa. La donna. Il gay. Il migrante. Il rom. Il giovane. Il disabile. E a rovescio il sessista, l’omofobo, il razzista, il fascista. Spariscono i popoli con la loro storia, le loro tradizioni, le loro comunità e la loro identità. Spariscono le famiglie, coi loro legami, la loro vita, il loro amore. Spariscono le persone, coi loro meriti, i loro limiti, le loro capacità, le loro responsabilità. La sostituzione della vita concreta con le categorie astratte, le identità e responsabilità coi generi, risale ai giacobini della Rivoluzione francese. Ribattezzarono i giorni e le cose con astrazioni climatiche e concettuali, abolendo tutto ciò che ricordava usi, tradizioni, storia, persone. Quell’indole restò in eredità al comunismo, ma il genere allora si chiamava classe, e poi al radicalismo. Oggi è la retorica dominante, pervasiva, asfissiante.

Oh deputate, signori e ministri pensate che sia giusta e vivibile una società in cui per nominare un ministro, chiamare un medico o un idraulico si debba scegliere per genere? Qui ci vuole una Donna, qui un Gay e qui un Migrante. La filosofia delle quote è un’ideologia di genere che impone uguaglianza dove sarebbe necessaria la diversità e impone disuguaglianza dove sarebbero giuste le pari opportunità. A questo catechismo s’inchinano pure i capi di stato. A guidare il mondo ci vogliono un presidente trans, una cancelliera nera, un papa gay, un alto commissario rom e una regina disabile.

MV