Le Riflessioni di Maria Pia 7°

Alba, sonno, desideri, tristezza, speranza, caffè, libri, malinconia, acqua calda, gioia, mascherine, sorrisi, virus, scuola, soldi, stivaletti, amori, morte, politica, bellezza, impermeabile…di che scriviamo stamane? Di nuvole, scriviamo di nuvole: gonfie, abbracciate, colanti, ricamate, libere, a cui dare un senso e una forma, perché troppe cose non hanno senso, né forma, qui, sulla terraferma. Buongiorno anime belle. ( ma poi torno).

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– Non voglio metterti in imbarazzo, ma sono un chirurgo di una certa bravura, potrei forse aiutarti per quella gobba.
– Quale gobba? –
(I negazionisti)
Buongiorno anime belle. Indossate le mascherine, l’inesorabile morte arriva, ma facciamo in modo sia il più tardi possibile per tutti.
M.P.

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Grazia Deledda e il fascismo.  Molte fonti sottolineano il contributo antifascista della scrittrice, ma la Storia ha sempre i suoi risvolti e vanno raccontati tutti. È indubbio che Grazia Deledda offrì, da scrittrice, il suo contributo intellettuale alla cultura del fascismo, poiché non è tuttora concepibile affermare che il fascismo non avesse cultura, considerando a-posteriori la linea Pirandello – Deledda – Pavese. Ella partecipò alla commissione per la selezione dei libri di Stato per le scuole elementari (era il 1929). Benito Mussolini, pur avendo avuto con lei pochi legami, l’ha sempre considerata una grande scrittrice. In una sua dichiarazione la considera più grande di D’Annunzio. “Se non fosse per pochi scrittori”, dirà Mussolini, “come Pirandello, Antonio Beltramelli, la Deledda, la letteratura italiana non avrebbe avuto una sua definizione nazionale ben precisa”. Nel 1930 e poi 1931 venne incaricata di scrivere un libro per la terza classe delle elementari. La Deledda accetta senza riserve. Nel 1927, invece, nelle pagine del romanzo “Annalena Bilsini” (pagine considerate minori, ma che rilette oggi evidenziano uno spessore significativo al fine di creare e sfatare il discorso tra letteratura e potere, tra letteratura e ideologia) Grazia Deledda scrive una frase destinata a divenire storica: “Da noi non succedono più queste cose. Da quando c’è lui, tutti si vive in pace”. È naturale che quel “lui” rimanda a Benito Mussolini. Siamo all’interno di un discorso che ci avvicina a Corrado Alvaro, quando nel 1930 faceva le Cronache dell’Agro Pontino e pontificava in favore di Benito Mussolini scrivendo frasi come questa: “anche se le giornate sono ombrate, lui al balcone ha la capacità di far sorgere il sole”. In un incontro tra Grazia Deledda e Mussolini, allora capo del governo, la scrittrice sarda chiese informazioni riguardanti un confinato di Nuoro, un suo concittadino di nome Elias Sanna, sottolineandone l’onestà e garantendo per lui. Dopo pochissimi giorni da quell’incontro, Elias Sanna fece ritorno a Nuoro e in una visita all’amica Grazia Deledda a Roma, si dimostra diffidente per quell’improvviso rilascio. La Deledda lo rassicura, pur non esplicitando il suo rapporto con Mussolini. Soltanto tempo dopo, Elias Sanna verrà a conoscenza del fatto che a favorirlo fu proprio la richiesta di Grazia Deledda a Benito Mussolini. Tutto questo si intreccia, in quegli anni, a un discorso comparato tra linguaggio, letteratura, politica e rapporti personali. Ieri come oggi. Oggi come ieri. Di certo Mussolini aveva una notevole considerazione per lei; il 14 marzo del 1945, durante il periodo di Salò, Benito invia a Claretta Petacci in dono un libro di Grazia Deledda, accompagnandolo con la seguente scritta: “Ti mando un bellissimo romanzo della Deledda”. Mussolini le invierà anche una foto con dedica datata 25 novembre 1927: “A Grazia Deledda con profonda ammirazione”, a ridosso della notizia della vittoria del Nobel.
Riporto un pezzetto di brano che la Deledda scrisse nel libro scolastico dedicato ai ragazzi di terza elementare, si legge:
“La mattina del 28 ottobre i fascisti avanzarono e entrarono in Roma, perché Roma è la testa dell’Italia, che dopo la sua splendente vittoria nella Grande Guerra era rimasta senza testa.
– Chi gliel’aveva tagliata? – domandò Cherubino.
– I comunisti.
– Io ho sentito parlare dei comunisti, ma non so che cosa siano – disse Cherubino.
– Fa conto: Tu copi il problema di aritmetica che ha svolto Sergio con fatica. Ecco che sei un po’ comunista”.
(Buona domenica anime belle, ma poi torno!) M.P.

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Oggi è stata una giornata particolarmente dura e difficile per me. Ma i tratturi impervi e le pesantezze superate conducono alla meditazione. Chi sono? Dove andrò? Che ci faccio qui? A cosa valgono ori e poteri? Perché l’umanità è così pregna di ipocrisia? Ma davvero esiste una politica? Esistono dei sentimenti, dei valori universali? E la cultura? Cosa significa davvero cultura? Possibile che l’Uomo si affezioni così tanto a cose effimere e che hanno un termine annunciato e non si elevi? Ma allora, prende in giro se stesso? E meditando meditando, sugli inutili corsi e ricorsi storici, sentimentali, politici mi è venuta in mente una scenetta del grande Ettore Petrolini: Nerone. Ed ho sorriso, perché l’Arte, quella vera, è da sempre scrigno di verità eterne. Insostituibile il suo adagio: “Il popolo quando sente le parole difficili…si affeziona”. Ribadisco fortemente e ad alta voce che la politica e la cultura (arte pura) sono due entità, che non possono essere coniugate insieme. La cultura, quella vera, tira le orecchie alla politica, non è compagna di merende, bensì eleva gli uomini dalle furie del vil potere e del vil danaro. La cultura va verso il popolo, non chiama il popolo affinché la aduli… Meditate, meditate.

https://youtu.be/4Ik8Mi1DP48?list=RDiMcAIMVxa9s

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