Familiari a carico: i requisiti

Familiari a carico: i requisiti
Sebbene le scadenze per le dichiarazioni dei redditi siano ormai superate, può risultare egualmente utile fare un po’ di chiarezza sul concetto di famigliare a carico. Esso può infatti ripresentarsi anche in altri ambiti, come ad esempio l’ottenimento delle dichiarazioni ISEE e degli assegni famigliari oppure le misure a sostegno del reddito. Andiamo allora a capire cosa si intende per famigliare a carico e quali sono i requisiti per rientrare in questa categoria.
Da definizione, si intende a carico un componente della famiglia che da solo non sia in grado di percepire un reddito sufficiente al proprio mantenimento in misura autonoma. Sono quindi compresi nella definizione anche i minori e le persone impossibilitate a svolgere un lavoro. Per essere considerato famigliare a carico, il soggetto in questione non deve necessariamente risiedere con chi richiede l’agevolazione: sono infatti incluse nella categoria anche alcune persone residenti all’estero o comunque con una residenza diversa da quella del richiedente.
Sono considerati famigliari:
– il coniuge, anche se residente in luogo diverso, purché non separato;
– i figli naturali, adottivi o in affidamento, senza limiti di età e senza limitazioni legate all’attività svolta: quindi anche eventuali figli maggiorenni lavoratori, con un reddito ridotto o disoccupati;
– altre persone legate da un rapporto di parentela: in questo caso è tuttavia necessario che le persone a carico risultino conviventi. Rientrano in questa categoria anche i nipoti (figli dei figli), i genitori e i nonni, i coniugi dei figli, i suoceri, i fratelli e le sorelle.
Per essere considerato a carico, come già detto, il famigliare non deve superare una certa soglia di reddito. Essa, in particolare, è fissata dalle norme in vigore a 2.840,51 euro. In tale somma, oltre ai redditi da lavoro dipendente o autonomo o agli assegni pensionistici, rientrano anche altri tipi di redditi, che elenchiamo qui:
redditi derivanti dalla locazione soggetti alla “cedolare secca”;
retribuzioni corrisposte da enti ed organismi internazionali (inclusa la Santa Sede, sia per quanto riguarda le attività in Italia sia all’estero, come ad esempio le missioni);
i redditi esenti dalle dichiarazioni obbligatorie, ad esempio quelli derivanti dai lavori in zone di frontiera;
i redditi da lavoro autonomo soggetti a regimi speciali, quali il regime di vantaggio per i lavoratori in mobilità e i giovani (il cosiddetto “regime dei minimi”) o i regimi speciali destinati alle nuove attività imprenditoriali o produttive.