Minorenni e social: “Vietarli ai minori di 13 anni”

Minorenni e social: “Vietarli ai minori di 13 anni”, “La soluzione è l’educazione”

8 Giugno 2023
Il dibattito sull’utilizzo dei social media da parte dei minori è sempre più acceso e c’è chi vuole limitarne l’accesso. Ne parliamo con il Dott. Giuseppe Lavenia presidente dell’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche

Gabriele Cappi

Esclusiva

È notizia di questi giorni che Carlo Calenda e Azione intendono presentare in parlamento una proposta di legge che mira a regolamentare l’accesso dei minori ai social media. Ispirandosi al modello francese, l’intento è quello di proibire l’uso dei social ai minori di 13 anni. Per coloro che hanno tra 13 e 15 anni, invece, si propone l’introduzione dell’autorizzazione genitoriale.

Il tema è variegato e complesso e per fare luce abbiamo raggiunto il Dottor. Giuseppe Lavenia, psicologo, psicoterapeuta e presidente dell’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche

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Dott Lavenia partirei dalle dichiarazioni di Calenda che dice: “serve una legge che vieti i social ai minori di 13 anni, e solo consenso tra i 13 e i 15. I ragazzi stanno 5 ore al giorno sui social network e aumentano le malattie alimentari e comportamentali”. Esiste davvero una correlazione tra accesso ai social network e questi disturbi?

“Ci sono dei dati chiari che correlano un utilizzo assiduo dei social e il peggioramento della salute mentale e fisica dei ragazzi. In primis si crea una immagine distorta del corpo. Una ricerca condotta dal sito bulimia.com ci dice che il 50% delle immagini online che rappresentano il fisico sono irrealistiche, ritoccate o false. È chiaro che nel momento in cui un adolescente si identifica in un ideale irraggiungibile cercherà poi di imitarlo, per cui proporrà online una versione perfetta di sè e contemporaneamente avrà paura a uscire dal mondo virtuale. Si crea la paura di mostrarsi con le proprie imperfezioni.
Non dobbiamo però pensare che sia un problema solo degli adolescenti, già i bambini neonati tendono a essere svezzati con lo smartphone. Ricerche dicono che i bambini, esposti ad uno schermo passivo nei primi 24 mesi per 1.30h al giorno, hanno il 45% in più di possibilità di sviluppare un disturbo della socialità già 5 anni. A 10 anni invece, abbiamo 7 volte il rischio che si generi un disturbo dell’attenzione o iperattività (ADHD). La correlazione di cui parla Calenda esiste ed è sotto i nostri occhi”.

Alla luce di tutto questo basta davvero una legge? O dobbiamo intervenire in modo diverso?

“Lo dico chiaramente, la legge fatta così non serve a nulla. Sono contento però che Calenda metta il tema sul piatto ma la norma di per se non è attuabile. Sono divieti facilmente aggirabili, non si può oscurare internet e a volte sono gli stessi genitori che mettono in mano il telefono ai figli fin dall’infanzia. Gli interventi che servono sono altri e noi come Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche li promuoviamo ogni anno grazie a una giornata nazionale sul tema. Le nostre sono delle proposte concrete, la prima è l’introduzione dell’educazione digitale nei bilanci di salute. Questo cosa vuol dire? Se mi nasce un bambino e vado dal pediatra è lui in primis che mi fornisce le informazioni sui rischi dell’esposizione prolungata di un bambino ad uno schermo passivo. Molti genitori non conoscono i danni che può fare il mettere in mano a un infante uno smartphone o un tablet senza regole. Creiamo una generazione che non sa reggere la frustrazione perché qualsiasi problema viene immediatamente risolto mettendo loro davanti a uno schermo. Non c’è più la capacità di attendere. Prima di creare consapevolezza nei bambini va creata nei genitori”.

Tornare a dire no dunque…

“Esatto. Nel 2022 con la nostra associazione abbiamo fatto una ricerca che ha coinvolto più di 13mila famiglie. I dati ci dicono che già a 3-4 anni i bambini fanno uso regolare di smartphone. I primi a opporsi all’uso dei social devono essere i genitori non una legge. Il paradosso è che, come associazione privata, investiamo soldi e tempo per creare una giornata sulle dipendenze tecnologiche. Lo facciamo come privato e lo stato non si accorge che c’è un problema enorme. Abbiamo aperto anche una clinica a Lucca che tratta questi disturbi e siamo pieni. Non abbiamo dati pubblici e l’unico database che abbiamo è creato da noi come onlus. Calenda ne parla, proponendo una legge utopica, ma fa bene perché il problema deve arrivare all’attenzione delle istituzioni”.

 

https://www.ilgiornale.it/news/benessere/calenda-vietare-i-social-ai-minori-13-anni-lesperto-non-2163717.html