Antonio Ciano – Le scuse del Capo dello Stato

IL COLONNELLO NEGRI, CIALDINI, CAVOUR E I SAVOIA HANNO MASSACRATO PONTELANDOLFO. STANNO PAGANDO IL FIO DEI LORO CRIMINI DI GUERRA. DOPO 150 ANNI IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA HA CHIESTO SCUSA ALLA CITTà ECCIDIATA DAI BERSALGLIERI.
IL COMUNE HA CAMBIATO MOLTI TOPONIMI- QUESTA STRADA ERA INTITOLATA VITTORIO EMANUELE TERZO. OGGI è INTITOLATA AI FRATELLI RINALDI.

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Due dei giovani, che erano stati salvati dal De Marco in quanto liberali, nel vedere tanta barbarie e tanto accanimento contro i loro concittadini e contro la loro città, dopo essersi consultati col proprio padre, si diressero verso il colonnello Negri. Non avrebbero dovuto!
I due giovani avevano appreso le idee liberali frequentando cir- coli culturali a Napoli, sognavano un’Italia Una, libera, indipendente; sognavano la fratellanza. La loro adesione al liberalismo fu vanificata da quelle scene di terrore e di orrore; di colpo s’accorsero che il re sabaudo era un macellaio e che il vero liberale era il Re Borbone.
Il più giovane dei due aveva finito da poco gli studi all’università di Napoli e stava per cimentarsi nella libera professione dell’avvocatura; il più grande era un buon commerciante a Pontelandolfo.

IMG_5789I due benpensanti liberali pontelandolfesi furono accompagnati al cospetto del colonnello Negri dal garibaldino De Marco.
L’avvocato si rivolse verso l’ufficiale piemontese, quasi a rimproverarlo: «Signor colonnello, siamo venuti qui da liberali, da unitari e nazionali quali siamo sempre stati a fare pubblica rimostranza per quello che sta accadendo nel paese.»
Negri: «Cosa sta accadendo?»
Rinaldi, così si chiamava l’avvocato: «I bersaglieri stanno in- cendiando tutte le case di Pontelandolfo e stanno uccidendo tutti.
In nome di Dio, li fermi!»
Negri: «Quei luridi reazionari hanno massacrato quaranta sol- dati piemontesi, quaranta eroi; per ogni soldato moriranno cento cafoni, capito?»
Rinaldi: «Signor colonnello, ciò che lei dice è contro le più elementari leggi, è immorale, devono essere presi i responsabili e giudicati da un tribunale.»
Negri: «Da un tribunale? Io conosco un solo tribunale, quello che stai vedendo. La vendetta militare.»

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Rinaldi: «Ma lì non ci sono militari, vi è solo gente indifesa.»
Negri: «Quella gente ha massacrato quaranta piemontesi e pa- gheranno con la morte.»
Rinaldi: «Signor colonnello, questo è un eccidio, passerete alla storia come un criminale di guerra, un assassino!»
Negri: «Guardie, guardieee! Prendete questi due e fucilateli, sono come gli altri, sono terroni, liberali o non liberali, fucilateli! I veri liberali stanno a Torino.»
Dieci bersaglieri presero i Rinaldi, li svuotarono dei soldi che avevano nelle tasche e li portarono nei pressi della chiesa di San Donato. I due fratelli chiesero un prete per l’ultima confessione; gli fu negato.
Istantaneamente furono bendati e fucilati. Morirono gridando ai piemontesi: «Assassini maledetti!», furono raggiunti dai pallet- toni mentre sputavano verso il plotone d’esecuzione.
L’avvocato morì subito mentre il fratello, nonostante fosse stato colpito da nove pallottole era ancora vivo. Il colonnello Negri si avvicinò e lo finì con un colpo di baionetta.
La strage continuò: ogni casa veniva rovistata, saccheggiata, incendiata. I morti venivano accatastati l’un sull’altro, e fra quei corpi vi era anche qualcuno ancora vivo, che per il dolore mordeva il corpo del cadavere sottostante. Chi non riusciva a morire subito doveva anche sopportare la tortura del fuoco, che veniva appiccato sopra i cadaveri con legna secca e fascine fatte portare lì da giovani sotto la minaccia delle baionette.
Il colonnello Negri, il generale De Sonnaz, il generale Cialdini, il maggiore Rossi erano orgogliosi di portare la coccarda azzurra come segno di fedeltà a Casa Savoia. Tutti appartenevano alla casta militare piemontese, tutti di fede massonica.
Pontelandolfo stava bruciando; i saccheggi continuava o senza sosta come pure gli assassinii.
Moltissime donne furono violentate e poi ammazzate; alcune che s’erano rifugiate nelle chiese furono trucidate dopo essere state denudate davanti all’altare. Una, oltre a opporre resistenza, graffiò a sangue il viso di un piemontese; le vennero mozzate entrambe le mani e poi finita a fucilate. Furono uccisi uomini, donne e bambi- ni. Tutte le chiese furono profanate e spogliate dei doni centenari.
Le ostie sante furono gettate, le pissidi, i voti d’argento, i calici, le statue, i quadri, i vasi preziosi e le tavolette votive, rubati.

Capitolo tratto da “I SAVOIA E IL MASSACRO DEL SUD” DI Antonio CIANO. Oggi grazie a brigantesse coraggiose e alcuni briganti, siamo ritornato nel luogo delle memoria.Siamo sempre più coinvinti che quei criminali debbano essere processati dalla Corte dell’Aja per CRIMINI DI GUERRA.

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