I banditi di Re Marcone

I banditi di Re Marcone

Nel 1563, Crotone fu occupata dai banditi di “Re Marcone” ovvero Marco Berardi, contadino originario di Mangone e di fede valdese.

Re Marcone, dopo la strage dei protestanti di Guardia Piemontese, San Sisto e Montalto Uffugo del 1561, fu catturato e finì nelle carceri di Cosenza. Riuscì a fuggire e, forse animato da spirito di vendetta, arrivò in breve tempo a costituire una banda di un migliaio e mezzo di uomini. Nel giro di un anno i banditi iniziarono a muoversi nel territorio di Crotone realizzando vessazioni d’ogni sorta, violenze, furti e taglieggiamenti. Coi suoi rivoltosi Re Marcone cercò pure di imporre la sua autorità con tasse e funzionari di sua nomina, istituì anche delle taglie sui soldati spagnoli ed una di duemila ducati sul feudatario Marino Caracciolo, marchese di Bucchianico. I banditi infestavano le contrade, assalivano diligenze, derubavano i viandanti, violentavano le donne ma spesso riuscivano ad ammantarsi d’un alone di giustizieri, di romantici Roob Hood contro i soprusi dei feudatari e dell’aristocrazia.

Il Duca d’Alcalà, allora viceré di Napoli, spedì un piccolo drappello di militi per liberare la città, ma i soldati furono respinti. Tuttavia una scomunica gli tolse seguaci e sostenitori ed un secondo contingente militare riuscì a sconfiggerlo. La battaglia finale si ebbe alle porte di Crotone. Il bandito aveva davanti a sé il Fabrizio Pignatelli, Marchese di Cerchiara, con un’armata forte di 2000 fanti e 600 cavalieri. Per Re Marcone la rotta fu totale.

Così si legge in Teatro eroico, e politico de’ governi de’ vicerè del regno di Napoli di Domenico Antonio Parrino (1692): “Sterminati gli Eretici, ed acchetate le liti, fù necessario d’estirpare i Banditi, ch’in questo medesimo tempo infestarono la Calabria. Capo di questa gente perversa fù un tal Marco Berardi d’un Casal di Cosenza, che si chiama Mangone, ed era comunemente nominato il Rè Marcone. A questi accostatasi una moltitudine di ribaldi, n’erano stati eletti i più temerarj, che vuol dire in buon linguaggio i piggiori, e fatti Capi di molte picciole squadre, ch’unite insieme componenvano un corpo di 1500 persone. Con questo picciolo Esercito danneggiavano la campagna, e si fecero lecito d’aspirare all’acquisto della Città di Crotone, Fortezza in quelle parti di non picciola conseguenza. A danni loro fù spedito un Commissario con soldatesca Spagnuola dal Vicerè; ma ò fosse differente la maniera del guerreggiare de’ ladri, da quella, che si pratica ne gli Eserciti, ò ‘l numero delle Regie milizie non fosse stato sufficiente à debellare i Banditi, la verità si è, che fù fatta de gli Spagnuoli una grandissima strage; e quelli, che scampata la morte, inciamparono nelle lor mani, furono venduti a’ Corsari. Così in vece d’estinguersi, andava cescendo il male, che sarebbe, senza fallo, divenuto maggiore, se non vi fosse stato spedito D. Fabrizio Pignatelli Marchese di Cerchiara, Cavaliere d’ugual prudenza, e valore, con duemila Fanti e seicento Cavalli, al quale essento stato appoggiato dal Vicerè il Governo della Provincia, havutone i Banditi l’avviso, e conoscendosi incapaci à resistere, si disunirono da loro stessi; in guisa tale, c’hebbe maggior facilità il Marchese d’andargli estinguento, e distruggendo pian piano. Tale è la forza, che la Providenza Divini hà collocato in sul volto severo della GIustizia, che rende i più temerarj, timorosi, e codardi”.

Tuttavia di Re Marcone non si trovò più traccia e ciò fece nascere numerose leggende. Secondo alcuni fu trovato morto insieme alla moglie Giuditta in una grotta nei boschi della Sila, secondo altri fu catturato e torturato sino a morte dallo stesso Marchese di Cerchiara. Altre voci invece lo vollero rinchiuso in una gabbia di ferro appesa al campanile della Chiesa di San Francesco di Cosenza dove i suoi resti sarebbero rimasti sino al 1860 quando Garibaldi ne ordinò la sepoltura. La sua figura fu oltretutto rivalutata da alcuni storici nel corso del Risorgimento come simbolo di libertà contro il dominio spagnolo e della Chiesa di Roma al pari di filosofi e scienziati come Telesio, Bruno e Campanella.

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Fonte foto: dalla rete

Da:www.historiaregno.it