L’ultimo re di Napoli verso la beatificazione

IL MATTINO: FRANCESCO II E LA SANTITÀ. UN’OTTIMA SINTESI STORICA E INTERVISTE a don Luciano Rotolo e Gennaro De Crescenzo: “per capire la sua profonda cristianità e l’amore per i suoi popoli bastava leggere decreti e appelli dell’ultimo re delle Due Sicilie… Ancora oggi il suo esempio può essere prezioso”. Due mondi contrapposti: da un lato chi bombardava gli ospedali a Gaeta e massacrava i civili, dall’altro chi salvava i nemici feriti nel fiume Volturno e ancora oggi al Sud in tanti, per valori e tradizioni, sceglierebbero la seconda strada… Chi ancora oggi diffonde leggende false su Francesco II o ne critica le scelte semplicemente non conosce la storia del Regno delle Due Sicilie, dei suoi popoli e dei Borbone.
ARTICOLO COMPLETO DI Antonio Folle a questo link.

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FRANCESCO II
L’ultimo re di Napoli verso la beatificazione, l’annuncio del cardinale Sepe: «Dio interviene nella storia della nostra terra»
 
Venerdì 11 Dicembre 2020 di Antonio Folle

 

Francesco II, l’ultimo re del regno delle Due Sicilie, si avvia verso la beatificazione. L’annuncio del cardinale Sepe ha scatenato il frenetico entusiasmo di quanti, ormai da decenni, si battono per il riconoscimento delle virtù dell’ultimo monarca che ha governato da indipendente sul più vasto regno d’Italia. Lo scorso anno la Fondazione Francesco II delle Due Sicilie aveva inoltrato la richiesta ufficiale alla Chiesa. Il procedimento preliminare è giunto a naturale conclusione e Francesco II, figlio di Maria Cristina di Savoia, proclamata Beata nel 2014, potrebbe salire alla gloria degli Altari per le virtù mostrate in vita.

«Non è una predilezione di Dio nei nostri riguardi – ha affermato il cardinale Crescenzio Sepe – si, abbiamo tante miserie, tante difficoltà, tanti limiti. Però Dio interviene nella storia della nostra città e della nostra regione, oltre che nell’animo dei tanti buoni che sanno immolarsi e raccogliere questa volontà per tradurla in opere di carità».

Quando il regno delle Due Sicilie si trovò stretto nella “morsa” degli invasori – i garibaldini da sud e i piemontesi che arrivavano da nord, senza dichiarazioni di guerra e invadendo lo Stato Pontificio – Francesco II scelse di abbandonare Napoli, la sua Capitale, per non esporla agli orrori della guerra civile che avrebbe provocato migliaia di morti. Non solo. Fu ordinato ai soldati che ancora presidiavano i principali forti cittadini di non aprire il fuoco sui garibaldini per evitare una inutile strage.

Durante la battaglia del Volturno, ma anche durante l’assedio di Gaeta, il giovane sovrano napoletano ordinò ai suoi soldati di rimandare indietro i prigionieri piemontesi e garibaldini, strappandoli ad una prevedibile “vendetta” – la convenzione di Ginevra sui prigionieri di guerra non esisteva ancora – dei suoi soldati napoletani esasperati dal continuo tradimento di ministri e generali che defezionavano in massa precipitandosi nel campo nemico. Dopo la caduta del Regno fu ospite di Pio IX, che per la pazienza e l’abnegazione con la quale aveva sopportato la sconfitta militare, la perdita del Trono e le tragedie familiari – come la morte dell’unica figlia Maria Cristina Pia -, lo ribattezzò “il Piccolo Giobbe”.

Anche dopo la fine del Regno e la perdita della quasi totalità dei suoi averi – Garibaldi prima e i Savoia dopo spogliarono i Borbone di tutti i loro beni, subordinandone la restituzione alla rinuncia di qualsiasi diritto al Trono – Francesco continuò ad assistere i suoi popoli, elargendo somme di denaro a sostegno degli ex sudditi alle prese con una crisi economica senza precedenti che avrebbe causato l’emigrazione in massa di milioni di meridionali e che va avanti ancora oggi.

«Bastava leggere gli appelli e i decreti di Francesco II – ha commentato il presidente del Movimento Neoborbonico Gennaro De Crescenzo – per capire che eravamo di fronte ad un re buono, ad un re santo nei comportamenti e, da ora, nel cammino che ha indicato il cardinale Sepe, nella Chiesa. Bastava registrare la frequenza di parole come “pace” per i suoi popoli, “fraternità” per i suoi nemici, o basterebbe evidenziare le sue tante opere di carità e di beneficenza nonostante l’esilio e nonostante la mancanza di beni anche personali che i Savoia gli confiscarono e non gli vollero mai restituire. La sua – prosegue De Crescenzo – non fu rassegnazione, ma consapevolezza cristiana di fronte addirittura alla perdita di un regno intero. Francesco II, primo emigrante tra gli emigranti, quando morì ad Arco di Trento si faceva chiamare “signor Fabiani” per discrezione e riservatezza. Lui è il re che faceva salvare i nemici feriti nel fiume Volturno mentre altri re avrebbero bombardato case e ospedali a Gaeta, oltre al massacro di civili in tutto l’attuale Sud. Quest’anno – ha concluso il numero uno del Movimento Neoborbonico – la consueta cerimonia religiosa che si tiene nella chiesa di San Ferdinando il 27 dicembre sarà una cerimonia più che mai sentita».

L’elevazione di Francesco II alla gloria degli Altari potrebbe, è la speranza di molti, porre fine finalmente alla lunghissima “damnatio memoriae” che ha colpito l’uomo, oltre che il sovrano. Subito dopo l’unità d’Italia, infatti, furono avviate delle vere e proprie campagne diffamatorie che colpirono tanto Francesco quanto la sua giovanissima consorte Maria Sofia.

«Dopo 160 anni – spiega don Luciano Rotolo della Fondazione Francesco II delle Due Sicilie – siamo convinti che sia necessario riscoprire finalmente questo personaggio e dargli la giusta dignità. La nostra Fondazione circa un anno fa ha dato mandato ad un avvocato per la presentazione di una istanza per l’apertura della causa di Beatificazione di Francesco II. Siamo felici che il cardinale Sepe abbia accolto favorevolmente la nostra istanza – prosegue don Luciano Rotolo – perchè riteniamo che Francesco II sia una figura ancora attuale e che, soprattutto, abbia molto da insegnare sia ai credenti che ai non-credenti. Può essere un modello per l’onestà e la rettitudine con cui ha amministrato, sia pure per breve tempo, il suo Regno, ed un modello per l’attenzione che ha sempre mostrato, anche durante il suo triste esilio, per i bisogni della popolazione».

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