Pontelandolfo assume il ruolo di testimonial del Comitato “No Lombroso”

Il Comune assume il ruolo di testimonial del Comitato Tecnico Scientifico “No Lombroso”

L’Amministrazione Comunale di Pontelandolfo, sempre attenta alla tutela dei valori umani, morali e religiosi che difendono la dignità dei defunti e tutelano la dignità dell’uomo e il rispetto dovuto ai suoi resti mortali, aderisce al formale invito e assume il ruolo di testimonial del Comitato Tecnico Scientifico “No Lombroso”, contro la riapertura a Torino del museo intitolato a Cesare Lombroso. Cesare Lombroso fu fondatore di una scienza dimostratasi successivamente erronea e senza fondamento alcuno, poggiata sulla tesi dell’uomo delinquente nato o atavico, riconoscibile dalla misurazione antropometrica del cranio. I teoremi di Lombroso sono stati alla base delle dottrine razziste, facendo si che nel nostro Paese prendesse vita la teoria delle “Due Italie” fortemente discriminante nei confronti del Sud Italia. Per le teorie di Cesare Lombroso numerosi furono, infatti, i cadaveri sottoposti dallo “scienziato” ad autopsie e studi, resti che sono ancora oggi conservati nel museo torinese a lui dedicato. Il Comune, dunque, condivide gli scopi del Comitato Tecnico Scientifico “No Lombroso” e in particolare le azioni promosse dallo stesso al fine di ottenere la restituzione dei resti delle numerosissime spoglie ancora esposte presso il museo torinese e della tutela e del rispetto dei diritti umani, nel rifiuto di qualsiasi atteggiamento di discriminazione, razzismo e offesa della dignità dell’uomo. Tanti sono i Comuni italiani che sostengono il Comitato che fa capo a Domenico Iannantuoni di Milano, le cui azioni “proseguiranno finché l’ultimo reperto umano presente presso il museo – per lo più teschi “terroni”, resti di pseudo “briganti” meridionali condotti dall’esercito Sabaudo al cospetto di Cesare Lombroso -, non avrà ricevuto degna e cristiana sepoltura”. Una battaglia legale il Comitato insieme al Comune di Motta Santa Lucia in provincia di Catanzaro, pure riuscirono a vincere contro il museo “Lombroso” dell’Università di Torino. Su ordinanza del Tribunale di Lamezia Terme del 2012, infatti, essendo superata la teoria del Lombroso, i resti di Giuseppe Vilella, presunto brigante, sarebbero dovuti essere restituiti al Comune catanzarese, il suo paese natale. La Corte di Appello di Catanzaro, invece, ne ha sospeso l’efficacia. Avverso il provvedimento del Tribunale, anche l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catanzaro aveva proposto appello nell’interesse dell’Università degli Studi di Torino, chiedendo la sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento. E così Giuseppe Vilella, il cranio della discordia, il patriota incarcerato per errore, non torna a casa, almeno per ora.

Gabriele Palladino