LIPU – Gli alberi secolari in Campania

PRESENTAZIONE
L’albero ha dato moltissimo all’umanità nel corso della storia: forse è giunto il tempo di contraccambiarlo. Scriveva nel secolo scorso John Muir, pioniere americano della conservazione della natura: “qualsiasi stupido è capace di distruggere gli alberi!”. Ancora pochi hanno invece il cuore, l’intelligenza e la dedizione necessarie per salvarli, custodirli e piantarli.

Uno dei primi censimenti degli alberi secolari è stato fatto dal WWF allo scopo di salvare i patriarchi verdi del nostro paese. “Gli Alberi Secolari” testimoni viventi della storia d’Italia sono lì da secoli, hanno visto passare briganti e armigeri, re e presidenti; eppure sono drammaticamente esposti a incuria, vandalismo, incendi. Nel 1982 il Corpo Forestale dello Stato li ha censiti su tutto il territorio nazionale permettendo così di salvarne molti.

L’obiettivo del progetto della LIPU di creare una banca dati degli alberi secolari in Campania mettendo in rete anche il censimento del WWF e della Forestale è ambizioso. Innanzitutto si vuole sensibilizzare la gente sull’importanza degli alberi monumentali e permetterne la loro conoscenza, poi si vuole intervenire su di essi con apposite cure e misure di salvaguardia. Fondamentale è stato l’apporto di competenza e di professionalità del Corpo Forestale dello Stato, decisivo sarà l’impegno assunto dall’Assessore al Governo del Territorio della Regione Campania, Gabriella Cundari, che con una delibera regionale garantirà la tutela dei “Patriarchi della Natura”.

La realizzazione di questa guida, illustrata da suggestive fotografie e corredata da schede descrittive, curiosità e storia, sarà certamente di aiuto nel promuovere presso scuole, associazioni, singoli cittadini e circuiti turistici, la conoscenza delle piante più maestose della Campania.

Rino Esposito Consigliere Nazionale LIPU – Claudio d’Esposito
Responsabile Settore Flora WWF – Penisola Sorrentina


Gabriele Palladino, funzionano del Comune di Pontelandolfo (BN), ha effettuato un’accurata ricerca sugli alberi secolari presenti sul territorio favorendo quel processo di divulgazione e di conoscenza delle risorse ambientali e culturali necessario per una loro effettiva tutela. Il paese di Pontelandolfo è famoso, tra l’altro, per l’arte degli scalpellini. E’ un paese costruito sulla roccia e le case, almeno quelle di una volta, sono tutte in pietra lavorata a faccia vista, come dicevano gli antichi. Una tradizione di lavoro e di arte che corre il rischio di essere soppiantata dall’uso indiscriminato del cemento, ma che resiste ancora grazie agli abitanti ed agli amministratori di Pontelandolfo, molto legati alla loro storia. In Piazza Roma, luogo di aggregazione principale del paese costruita tutta in pietra locale, vi sono tre platani che seppur di modeste dimensioni rivestono un grande significato culturale e sono molto amati dai cittadini. Essi hanno un’età compresa tra i 70 e gli 80 anni. In piazza Avv. Michele Colesanti, contigua alla Piazza Roma, vegetano invece due splendidi esemplari di Tiglio, di circa 80 anni.
Sia i Tigli che i Platani hanno avuto il compito di colmare il grande vuoto lasciato dal Tiglio secolare che si trovava da epoca immemorabile in Piazza Roma, chiamata in gergo dagli abitanti “Sòtta a la Téglia” (un tempo chiamata appunto Largo Tiglio) e che morì di vecchiaia nel 1956.
Ma Pontelandolfo è famoso anche per la faggeta di Monte Calvello, a circa 900 mt. di quota. Essa è inclusa nel S.I.C. (Sito di Importanza Comunitaria) n.31 “Pendici meridionali del Monte Mutria” ed è stata tutelata dalla Deliberazione di Giunta Comunale n. 98 del 17.12.04. Così scrive Gabriele Palladino: “Inoltrandoci appena nel bosco, l’occhio rimane attonito a tanto splendore. Adagiato sul dorso della montagna, il bosco ci appare immutato nei secoli. Un mondo fantastico, quasi magico, dove la voce del silenzio viene interrotta, di tanto in tanto, da un’armonia di rumori e suoni, taluni misteriosi, altri di facile percezione: il cigolio dei rami piegati dal vento, il fruscio delle foglie secche, il grido di libertà del falco che si libra in volo. Alcuni esemplari di faggi raggiungono l’altezza di 30 metri. Particolarmente interessante è la presenza di diverse buche circolari e profonde sparse qua e là nel sottobosco. Sono le cosiddette N’vèr. Venivano utilizzate dagli abitanti del luogo nei mesi invernali per raccogliere e conservare la neve, usata poi per scopi terapeutici, come riserva d’acqua oppure come merce di scambio. Facilmente individuabili nel bosco sono, altresì, le piazzole destinati – un, tempo, alla carbonizzazione, dette, in gergo, ri catòzz’. Nel 2006 con i fondi del POR Campania sono state realizzate alcune opere di recupero miglioramento dell’antica sentieristica esistente nella faggeta, con la creazione di aree sosta e di osservazione. La faggeta, inoltre, è percorribile anche dai disabili visivi e ud – grazie a cordoli perimetrali in legno e ad un itinerario basato sulla stimolazione olfatto prodotta dalle numerose erbe officinali e frutti del sottobosco posizionati lungo il percorso.