Pino Aprile – Il male del Nord

“IL MALE DEL NORD”: IL NUOVO, IMPORTANTE E UTILISSIMO LIBRO DI PINO APRILE TRA EMERGENZA E FUTURO.

IMG_8616Che cosa sarebbe successo se l’epidemia fosse partita da Sud e non da Nord? Come si sentirebbero, lì al Nord, se avessero subito quello che il Sud subisce da oltre 150 anni e anche in questi giorni? Provate a passare dal “noi, mentre loro”, al “noi, al posto loro”… Che cosa deve succedere per cambiare idee e politiche italiane e per cancellare (immotivati) complessi di superiorità “padani” e (immotivati) complessi di inferiorità “terroni”? Sono alcune delle domande alle quali Pino Aprile cerca di rispondere nel suo nuovo libro chiaro, come capita spesso con i libri di Aprile, fin dal titolo più che mai efficace: “Il male del Nord. Perché o si fa l’Italia da Sud o si muore”. “E tu dov’eri?” è il giusto incipit per uno dei libri più riusciti dello scrittore-riferimento di tutto il mondo neo-meridionalista, un mondo che registra una grande, storica e significativa crescita anche in questi giorni.

E proprio nell’anno del decennale della pubblicazione del best-seller “Terroni”, spartiacque nella storia meridionale e meridionalista, potrebbe essere interessante leggere “in sequenza” i libri di Aprile, come una lunga storia con un inizio, una sua evoluzione, una serie di riflessioni a voce alta, una serie di idee, di progetti, di sogni, alcuni realizzabili, altri, forse, irrealizzabili, ma tutti uniti da un solo segno: l’amore per questa terra e per questa gente. Dal racconto delle brutali modalità per l’annessione (proprio tra “Terroni” e “Carnefici”), allora, all’analisi delle eccellenze di “Giù al Sud”, della continuità di certe politiche e di una discriminazione sistematica, tra “Il Sud puzza” e questo libro che evidenzia le stesse linee adottate dall’Italia anche durante questa emergenza. Un instant book ma con la documentazione e lo spessore di un libro che resterà attuale anche fra qualche tempo (felice la scelta di usare il passato remoto per fatti che stiamo vivendo in queste ore). “L’Italia che non è mai stata fatta potrebbe essere unita dallo choc di un disastro planetario che ci rammenta i vantaggi e il valore di una comunità grande e compatta e la miseria degli egoismi”. Numeri e fatti alla mano, qualcuno (onesto) potrebbe veramente dare torto a Pino Aprile? “Il coronavirus fu uno specchio e ci mostrò come siamo. Divisi: costruimmo lo Stato unitario nel sangue di un genocidio nascosto, ma senza far nascere un Paese… chi parla di questi temi è immediatamente accusato di ‘voler dividere’, come se il fatto non esistesse finché lo si tace”.

Il virus, allora, come occasione di riflessione e, come spesso capita nei libri di Aprile, di prospettive per il futuro, di fronte al crollo del mito del Nord e alla nascita di un nuovo senso di appartenenza al Sud, spesso travestito da ri-sentimento, più che giustificato se si pensa agli attacchi subiti anche addirittura in questi giorni e dei quali Aprile fa un ottimo resoconto includendo anche i successi di tante e massicce reazioni con le rettifiche/scuse che ad esse spesso sono seguite. Le prove del fallimento del mito del Nord? Tante e autorevoli, come sempre nei libri di Aprile (se solo qualcuno li leggesse prima di contestarli): il Los Angeles Times, El Pais, gli studi e gli articoli di Viesti, Marco Esposito (con lo “zero al Sud” del federalismo), Liliana Isabella Surabhi Stea (con l’illuminante approccio psicoanalitico e sociologico per la questione meridionale), Sales (“L’Italia ha retto perché la popolazione meridionale è stata di una compostezza e autodisciplina esemplari con un potenziale civile e comportamentale importantissimo”), quelli di Giannola sui progressivi fallimenti della costosissima economia del Nord ormai quasi tutta in mani straniere, quelli recentissimi di Vittorio Daniele che smantellano tanti miti negativi legati al Mezzogiorno preunitario, dalle industrie ai salari, dall’alimentazione alle scuole (“il numero medio di scuole per comune non era dissimile da quello del Nord”), quelli di Cristante e Cremonesini con quella “Parte cattiva dell’Italia” che da decenni e senza pause viene fuori dal racconto dei media, i dati ufficiali relativi ai mancati finanziamenti nella Sanità e nel resto dei settori più importanti nel passato e nel presente, fino agli oltre 840 miliardi di euro sottratti al Sud in questi ultimi 17 anni passando dai regionalismi ai “furti che non fanno scandalo” della spesa storica, dalle politiche leghiste a quelle del Pun (“partito unico del Nord”) trasversale e attivissimo anche mentre scriviamo.

Aprile non è “secessionista”, non è “borbonico” e neanche “neoborbonico” anche se è amico di tanti neoborbonici (ma non ditelo in giro) e quando scrive che senza la necessaria equità tra le due parti del Paese questo Paese potrebbe dividersi anche politicamente lo fa perché prende atto di una situazione che dura da troppo tempo e della quale non si accorge solo chi ha scarse facoltà mentali o magari utilizza questa situazione per interessi personali magari nelle solite cattedre di “tutta colpa del Sud” che ben conosciamo.
E questo libro che si può leggere davvero tutto di un fiato in un paio di notti, può essere un libro utile. È un libro per il Nord che non ha mai saputo e per il Sud che ancora non sa: “il tentativo di far comprendere, agli onesti del Nord, cosa significa essere meridionali (terroni) in Italia”. Così, nella “fantacronaca di un disastro” si analizza che cosa sarebbe successo se la Campania (e non la Lombardia) avesse registrato quel numero di vittime, se si fossero verificati ad Acerra e non a Bergamo tutti quegli errori, dalle zone rosse non istituite ai ritardi nell’assistenza, dalle aperture e alle chiusure “unificate” fino alle migliaia di aziende che hanno continuato tranquillamente a lavorare e ai contagi che continuano a preoccupare l’Italia e non solo. E così i servizi televisivi con i cronisti di turno a caccia di strade affollate (“ora non ci sono ma vi giuriamo che poco fa c’erano”) diventano il paradigma per capire come funziona il sistema-Italia da troppi anni. In tanti, forse troppo abituati al razzismo, hanno accusato i meridionali di essere razzisti contro i settentrionali confondendo i cordoni sanitari con l’odio razziale.
“Senza la Lombardia l’Italia sarebbe nona nel mondo per vittime e il Sud sarebbe fuori classifica” è stata giudicata come una tesi offensiva da gente che da 150 anni grida che “senza il Sud il Nord sarebbe primo in Europa”… E così, pur di continuare a vivere nel mito della grandezza lombarda e di non ammettere errori e forse colpe contrapposte agli oggettivi meriti dei meridionali, è iniziata la caccia agli alibi anche da parte dei non lombardi e si è più volte parlato di aria, di clima, del mare o del dna. Ed è lo schema usato per giustificare la questione meridionale, a caccia di qualsiasi motivo pur di non ammettere errori e colpe italiane e non possiamo che concordare con questa analogia ben sintetizzata nel libro.
Il futuro, invece, potrebbe passare per le stradine molisane di Castellino del Biferno, nel racconto di quella vecchietta citato da Pino Aprile, in quei borghi dimenticati del nostro Sud, in quelle “terre di mezzo” fatte “di saperi, storie, riti, tradizioni, gastronomia, castelli e cattedrali”.

Secondo il governatore della Lombardia Fontana, nelle antiche famiglie contadine se c’era una sola bistecca la si dava all’uomo che doveva lavorare ed è questa la filosofia che ispira da tanto tempo il “prima il Nord” di matrice non solo leghista e il mito della “locomotiva” italiana che anche pochi minuti fa è stato rispolverato da giornalisti non leghisti (De Bortoli, tra gli altri). Per Pino (e per noi) non è così: nella nostra civiltà mediterranea (e cristiana) quella bistecca la dividevamo tra tutti i familiari e l’uomo di casa spesso si inventava “un blocco allo stomaco” e regalava agli altri la sua parte. Aprile non poteva scegliere un racconto migliore per spiegare la “missione” del suo libro: far capire che esiste, che deve esistere, anche in presenza, forse, di civiltà diverse, un’altra strada per il futuro della nostra gente, magari nella conoscenza e nel rispetto reciproco. È questo il “paese sognato” di Pino Aprile e noi condividiamo da tempo il suo sogno.

Gennaro De Crescenzo