Così la sonda Schiaparelli si è schiantata su Marte

Così la sonda Schiaparelli si è schiantata su Marte

Qualcosa è andato storto e il prezioso mezzo è andato distrutto. Ora la conferma ufficiale che Schiaparelli si è schiantata sulla superficie del Pianeta Rosso
Giovanni Neve

Altro che fallimento. Su Schiaparelli tutti i dispositivi di bordo sono entrati in funzione nella sequenza corretta, solo, non sono entrati in funzione nel modo corretto. “Le ultime letture dei dati ci indicano che dopo lo spegnimento dei razzi – ha spiegato Barbara Negri, responsabile dell’esplorazione e dell’osservazione dell’Universo dell’Agenzia Spaziale Italiana al suo rientro da Parigi, dal quartier generale dell’Esa – c’è stato un assorbimento di potenza compatibile con l’accensione di Dreams, la piccola stazione meteorologica che si sarebbe dovuta accendere dopo l’atterraggio sul suolo marziano. Questo implica – ha detto Negri – due cose: che tutti gli strumenti sono entrati in funzione e che il computer ha impartito ordini in maniera errata agli strumenti, perchè evidentemente pensava di essere già arrivato al suolo”.

Ormai il destino della sonda dell’agenzia spaziale europea Esa, Schiaparelli, è chiaro: qualcosa è andato storto e il prezioso mezzo è andato distrutto. Ora la conferma ufficiale che Schiaparelli si è schiantata sulla superficie del Pianeta Rosso.A mano a mano che i dati cominciano ad essere letti ed interpretati nella maniera corretta, cominciano a definirsi meglio i contorni dell’avventura di Schiaparelli su Marte. Anche il bilancio di questa missione sembra essere meno negativo. Sono infatti ormai più di 48 ore che i tecnici dell’Agenzia Spaziale Europea a Darmstadt e quelli della Agenzia Spaziale Italiana a Roma stanno passando al setaccio gli oltre 600 megabytes di dati che la sonda, nel suo volo verso il suolo marziano, è riusciata a inviare a Terra. “Il team ha lavorato per 18 ore di fila”, ha raccontato all’Agi Enrico Flamini, coordinatore scientifico di Asi, stamattina al suo rientro a Roma da Parigi. Diciotto ore di lavoro frenetico che hanno permesso di estrarre e di leggere informazioni preziosissime: cifre, numeri, codici che raccontano nel dettaglio l’evoluzione della traiettoria e la sequenza di accensione dei diversi strumenti e componenti di bordo, dai due scudi termici (anteriore e posteriore) al paracadute supersonico, ai sistemi di sganciamento, ai tanto discussi retrorazzi, che pure hanno funzionato perfettamente perchè si sono accesi e spenti simultaneamente come da programma.

“Siamo riusciti – ha spiegato Flamini – a capire dove c’è stato il problema. Ora dobbiamo capire cosa lo ha generato”. Qualcosa ha ingannato il sistema e gli ha fatto credere che il lander si trovasse a fine corsa, quando invece era ancora ad un minuto dall’arrivo. “Si è trattato di un errore fatale – ha commentato Negri – che ora dobbiamo identificare e analizzare con accuratezza. Dobbiamo capire cosa non ha funzionato, se, per esempio si tratta di un problema di software (un bug?) o di mancato invio dei dati da parte dei sensori di bordo. Per ragioni di ingegneria di sistema – ha proseguito Flamini – escluderei che si tratti di un guasto all’altimetro. Forse l’errore è altrove, sono certo però che, nei prossimi giorni, lo scopriremo”.