FEGATO di Domenico Iannantuoni

libroFEGATO
di Domenico Iannantuoni
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INTRODUZIONE

E’ questo un libro particolarmente dedicato ad un pubblico maturo, sebbene ambientato nel mondo scolastico meridionale delle scuole scolopiche elementari. Una storia che parla di giovinetti delle scuole primarie dello Stato delle Due Sicilie in un periodo particolarmente importante per la sua Capitale Napoli e che va dal 1859 al 1860.
Naturalmente esso è scritto anche per il suo pubblico di riferimento, ossia quello dei bambini dagli otto ai tredici anni, purchè accompagnati nella lettura alle riflessioni che si pongono in ogni sua pagina.
Qualcuno potrà anche dire che questo libro è stato scritto in risposta a “Cuore”, di Edmondo De Amicis; certamente sarebbe una risposta un po’ tardiva ma che in effetti non è lontana dalla volontà di chi scrive. Infatti il menabò è praticamente il medesimo ma dobbiamo aggiungere che la sostanza ed i racconti sono completamente diversi.
Allora è una specie di “verso” a Cuore? Sì, penso di sì. Ma questo libro, è più vero, anzi verissimo.
Scritto in appunti da Francesco, un grazioso e intelligente bambino di terza elementare, ed abbandonato come si fa spesso con i diari personali, esso fu poi ripreso dal padre, un meticoloso impiegato dell’amministrazione Statale delle Due Sicilie, rivisto e corretto con grande rispetto dei suoi contenuti e poi dato alla stampa. La lettura di questo libro vi donerà sensazioni uniche e vi porterà a profonde riflessioni; ne sarete tutti entusiasti.
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CAPITOLO I
OTTOBRE
Il primo giorno di scuola
17, lunedì
Che felicità riprendere la scuola e ritrovarsi con tutti gli amici per potersi raccontare le esperienze trascorse in vacanza. Io dovevo iniziare il secondo ciclo di studi, ossia la terza elementare e pur con la testa ancora al bel mare del Cilento in provincia di Salerno, tenevo stretta la mano di mia madre che mi portava al bancone delle iscrizioni sistemato nell’atrio della mia scuola “Luigi Vanvitelli”.
Napoli era già una grandissima Città e contava oltre seicentomila abitanti, come spesso mi diceva mio padre quando voleva farmi capire il significato e l’importanza della mia città che era seconda solo a Parigi nel continente europeo e terza contando anche Londra. La piazza davanti alla scuola era gremita da una folla indescrivibile di genitori che accompagnavano i loro bambini. Davanti alla scuola erano ben piazzate due alte guardie urbane che controllavano il regolare afflusso di bambini e genitori. Le librerie vicine erano stracolme di gente impegnata negli ultimi acquisti necessari agli studenti. Proprio sull’ingresso incontrai la mia maestra di prima e seconda che mi salutò con un sorriso. Sapevo che non l’avrei più vista in classe poiché il secondo ciclo elementare imponeva il cambio degli insegnanti. Le sorrisi con affetto anch’io. Finalmente si entrò nell’atrio dove il vociare era decisamente insopportabile ma le indicazioni appropriate degli insegnanti che completavano rapidamente le iscrizioni mi consentirono in breve di raggiungere la mia classe che stava al primo piano. Baciai mia madre e corsi sulla scalinata per raggiungere i miei vecchi o nuovi compagni e insieme a loro entrai nella mia nuova aula. Piano piano il vociare si ridusse di intensità e dopo poco il silenzio regnò in tutta la scuola. Il Direttore, sempre lui ma un po’ più anziano secondo il mio parere, accompagnò nella nostra classe il mio nuovo maestro Antonio Riggio spiegandoci che egli veniva da Cosenza e che felicemente ci avrebbe portati fino alla fine dell’anno. Alle undici del mattino eravamo cinquanta studenti perfettamente seduti ai posti che in parte avevamo litigato tra di noi. I più “lecconi” si erano accaparrati immediatamente i primi posti vicini alla cattedra avvinghiandosi sul banco e lasciandosi poi cadere sulla sedia. A me toccò un terzo banco ma non ebbi interesse in ciò; tanto sapevo che nei giorni appresso il maestro avrebbe sicuramente cambiato la disposizione.
Il maestro Riggio era veramente simpatico e subito iniziò a parlare. Era alto ed aveva un bel paio di baffi ed un pizzetto che lo rendevano curioso. Ci parlò della Città di Cosenza e degli incantevoli posti calabresi che aveva abbandonato per poter studiare ancora a Napoli. Stava frequentando Giurisprudenza ai corsi serali.
Di colpo giunsero le dodici e trenta e la campana scolastica, azionata dal capo bidello, ci avvisò che era ora di uscire…proprio mentre il maestro Riggio ci stava incantando con le descrizioni dei monti del Pollino e dei maestosi ed antichissimi pini loricati.
Questo primo giorno di scuola fu bellissimo, solo un paio d’ore si sapeva già. Ordinatamente si formò la nostra colonna per l’uscita ed il maestro ci accompagnò, giù per le scale fino al portone e ci salutò.
Mia madre era già lì fuori con alcune borse della spesa ed io corsi da lei ad abbracciarla.
– Allora Francesco, dimmi come è andata?-
– Bene, risposi io, ho un sacco di amici nuovi e tanti della seconda che già conoscevo.-
– Ottimo – Disse mia madre- Sarà per te un felice anno.