I piccoli borghi rispondono a Boeri

I piccoli borghi rispondono a Boeri: “Lavoriamo insieme a un piano nazionale”

Uncem e Associazioni dei borghi d’Italia rispondono alle archistar: “Siamo pronti a fare la nostra parte, da tempo chiediamo incentivi fiscali, azzeramento del digital divide, messa in sicurezza del territorio e trasporti per riportare i giovani a vivere nei piccoli comuni”
di CRISTINA NADOTTI
22 aprile 2020

I piccoli borghi, siano quelli artistici o quelli delle comunità montane, tirati in causa su Repubblica da grandi architetti e urbanisti come Stefano Boeri e Massimiliano Fuksas, rispondo lusingati e un po’ stupiti. Dall’associazione dei Borghi più belli d’Italia, dall’Unione nazionale Comuni, Comunità ed Enti montani (Uncem) e dall’Associazione Borghi autentici arriva lo stesso messaggio: grazie dell’attenzione che ci riserva chi si è occupato fino ad ora di città: lavoriamo insieme, siamo pronti a fare la nostra parte e, anzi, le nostre proposte e soluzioni sono nero su bianco da anni.
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Il punto, sottolineano le due associazioni, è che la rivitalizzazione dei borghi è centrale non soltanto in tempi di emergenza e necessita di un grande piano nazionale. “Che il futuro sia nei borghi come dice Stefano Boeri – dice Marco Bussone, presidente di Uncem – è essenziale nella logica del risparmio del consumo di suolo, dell’efficienza energetica, di una rifunzionalizzazione degli spazi, di economie circolari che sappiano dare risposte alla crisi climatica e non soltanto alla crisi della pandemia che stiamo affrontando”.

Uncem riunisce 3.850 Comuni montani per oltre la metà della superficie dell’Italia, 10 milioni di abitanti  ed è nata nel 1952 e da sempre, sottolinea Bussone, “promuove un confronto costante per definire percorsi politici, istituzionali, economici, sociali, capaci di essere antidoto all’abbandono”. Due i cardini che l’Unione ritiene indispensabili per proporsi davvero come alternativa durevole alla città: fiscalità differenziata e peculiare per queste aree montane e soluzione al digital divide che penalizza alcuni centri.
L’Associazione dei borghi più belli d’Italia, che dal 2001 rappresenta oltre 300 borghi sotto i 15mila abitanti, riassume in quattro punti le sue proposte: riqualificazione; messa in sicurezza dagli eventi naturali quali terremoti, smottamenti e alluvioni; recupero del patrimonio artistico e architettonico; rigenerazione del tessuto commerciale e turistico di prossimità per abbandonare il concetto di “seconda casa” e recuperare quello di “abitare un luogo per viverci e lavorare” . Osserva infatti Fiorello Primi, presidente dell’associazione dei borghi: “Rispetto alle considerazioni di Stefano Boeri ci siamo portati avanti da anni e abbiamo presentato le nostre proposte a Regioni e Governo. Certo, ora con l’emergenza coronavirus i nostri borghi diventeranno più appetibili anche per il turismo, poiché si cercheranno di più luoghi meno affollati, ma il nostro ruolo non è soltanto quello di offrire località di villeggiatura”.

“Da tempo studiamo soluzioni per incentivare nuovi residenti – continua Primi – che non possono essere soltanto le case a un euro. I borghi rivivono se i giovani possono venire a viverci stabilmente perché possono lavorarci. Per questo è indispensabile superare il digital divide e recuperare il patrimonio pubblico da offrire a chi apre nuove attività per quello che chiamo artigianato 4.0”.

Sulla stessa linea Bussone dell’Uncem, che propone all’urbanista e architetto Boeri “un patto”: “Lavoriamo insieme per rafforzare le reti dei servizi. 200 Comuni in Italia, tra quelli che lei enumera su Repubblica, non hanno più un negozio o un bar. È gravissimo. Altri 500 sono a rischio. Il digital divide distrugge i borghi più del tempo. Insieme a Lei, possiamo spingere sulle Istituzioni per l’accelerazione del Piano banda ultralarga e per nuovi ripetitori che consentano a 1200 Comuni italiani di non registrare più difficoltà a telefonare, mandare messaggi o vedere la tv. Lavoriamo insieme anche per un’azione che porti servizi scolastici, sociali e trasporti di qualità, affinché i territori, i borghi, le zone montane del Paese, non subiscano continui tagli quando i bilanci degli Enti regionali e dello Stato vengono sforbiciati. E lavoriamo insieme sulla fiscalità differenziata e peculiare per queste aree montane, per chi vive oggi e per chi vuole vivere e fare impresa nei borghi”.

Osserva la presidente dell’Associazione borghi autentici d’Italia, Rosanna Mazzia: “I borghi italiani sono la spina dorsale del nostro Paese,sono luoghi in cui si vive meglio e diversamente dalle grandi città, a misura d’uomo; sono luoghi del pensiero e della lentezza, quella lentezza che rappresenta la cifra dell’Italia artigianale, dell’agricoltura di qualità, della tutela della biodiversità, del paesaggio sospeso tra città e campagna, tra mare ed entroterra.Sono questi concetti che tuteliamo e diffondiamo come associazione per rendere sempre più attraente vivere in questi luoghi spesso periferici.Solo da qualche anno i borghi italiani sono stati rivalutati, perlopiù come luoghi da visitare per le vacanze e in effetti in numerosissimi borghi non vi sono ancora le condizioni necessarie per decidere di trasferire la propria residenza o il lavoro, soprattutto quello smart”.

Si tratta, come conclude Primi dell’Associazione dei borghi, di avviare insieme “un grande progetto nazionale che coinvolga tutto il sistema Paese per uscire da una crisi, che non sarà né breve né piccola, con una nuova idea di società e di sviluppo”.

https://www.repubblica.it/cronaca/2020/04/22/news/i_piccoli_borghi_rispondono_a_boeri_pronti_a_fare_la_nostra_parte_ma_serve_un_piano_nazionale_-254691815/