Brioches

Brioches

Brioches_00-150x150È tutta questione di… educazione permanente.

Maria Antonietta d’Asburgo, da donna “illuminata” com’era, non avrebbe mai potuto consigliare di dare al popolo le brioches in assenza di pane. L’origine della battuta resta ancora incerta, anche se continua a testimoniare l’atteggiamento dei potenti, ancora oggi. Anche nella nostra contemporanea situazione emergenziale.

La mia riflessione, che prende le mosse dalle brioches metaforiche che il potere costituito (quale esso sia, non importa) elargisce a tutti noi, fa riferimento allo stile di vita nel quale siamo inseriti, ossia alle continue brioches che ci invitano a consumare, quando non abbiamo il pane.

Che cosa si intende per il pane di una nazione, qualsiasi nazione, di tutte le nazioni?

Un sistema di servizi alla persona, sia di tipo assistenziale-sanitario che esistenziale-sociali, grazie ai quali valga la pena superare le difficoltà della vita quotidiana. E questo ragionamento dovrebbe essere, se non affatto etico, almeno economicamente rilevante. Se muoiono troppe persone, senza che ovviamente non vi siano, come minimo, altrettante nascite, i ricchi del mondo non avranno più la possibilità di aumentare il proprio patrimonio vendendo le brioches ai poveri.

O mi sbaglio?

Se si vuole diventare sempre più ricchi, è necessario indurre bisogni inutili nei più, facendo credere che l’essenziale, che costa troppo, può essere superfluo. E così, siamo diventati social, ma non possiamo andare a farci curare in ospedale; non possiamo avere assistenza sociale da uno Stato che chiede solo di pagare per servizi che non fornisce, persino quando mette in atto una campagna pubblicitaria sulla didattica on line, quando non abbiamo banda larga e le connessioni sono del tutto insufficienti.

E non parliamo di come siamo stati allevati a dolciumi dai media! Si apre un abisso di sconforto. E che dire dei reality show, dai quali emergono persino sopravvissuti che si riciclano politicamente, rappresentando tutto l’oltraggio possibile a coloro che vorrebbero studiare medicina, ma devono sostenere test di ingresso inutili, discriminatori e corruttibili.

Dunque, in conclusione, forse (e, ripeto, forse…), questo virus, di sicura derivazione zoonotica, dovrebbe aiutarci a discernere con maggiore cognizione e coscienza ciò che i deficienti dell’informazione promulgano.

Si può diventare intelligenti, fino a quando morte non ci coglie.

È bene saperlo, e senza brioches, ma con il pane.

 
alessandro_bertirotti3Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).