Ci sarà un motivo?

Ci sarà un motivo?

È tutta questione di… mistero.

Mistero_00-300x233Potrebbe essere utile, per l’evoluzione della nostra specie, essere ragionevolmente proiettati verso il mistero.

E mi spiego meglio nelle righe che seguono.

L’ignoto, in quanto tale, non suscita nessun interesse, nessun credo, proprio perché in esso ogni ragionevolezza si annulla, ogni possibilità umana ed intellettiva viene fagocitata dalla presenza di una assenza. L’ignoto è qualche cosa di vuoto, che non posso riempire con nulla, con nessun oggetto, pensiero e parola, altrimenti cesserebbe di essere tale. L’ignoto ci ricorda sempre che è inutile utilizzare una ragione verso ciò che non è ragionevole, perché l’ignoto è il non compreso.

Eppure l’errore sta proprio in questo: nel tentativo, anche spasmodico, che la scienza attuale sta compiendo per cum prendere, ossia per inserire tutte le cose del mondo e della realtà dentro un contenitore in grado di tenerle tutte assieme secondo un ordine. E se qualche cosa del mondo non posso inserire in questo contenitore, anziché sostenere che possono essere elementi di un altro mondo, cioè appartenenti al mistero, affermo che non posso comprenderli, oppure sono persino al di fuori dell’ordine stesso.

Ma la conoscenza non è la sapienza, perché lo scienziato non è detto che sia anche sapiente.

Mistero_01-300x165La prospettiva invece legata al mistero pone l’uomo di fronte ad un’azione scientifica ulteriore, cioè un’azione di conoscenza secondo la quale, avvicinandosi al mistero stesso, con molta probabilità affioreranno altre frange di ulteriore mistero. Però la paura, quella su cui ogni forma di potere fonda i propri sedativi intellettuali per l’umanità e che abita l’ignoto, viene abbandonata.

Tutto è tremendamente e inesorabilmente legato e collegato. Senza limite il mistero sparisce e la scienza corre il rischio di diventare una certezza.

Si perde, così, lentamente, la sostanziale relazione che lega ogni individuo ai propri amori, che non possiedono un perché… ma esistono. Senza contare che, come ci ricorda Giuliana Mieli, se fossimo davvero perfetti non avremmo mai sperimentato la necessità di innamorarci di un altro, oppure di un’altra.

Nella perfezione non si ha bisogno di amore.

Ci sarà un motivo in tutto questo?

 
alessandro_bertirotti3Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).