Ferragosto Feroce

FERRAGOSTO FEROCE
Poi un bel giorno di ferragosto, per uno strano gioco del destino, ognuno decide per conto proprio di arrendersi nelle stesse ore dello stesso giorno, al Generale Estate, all’Imperatore Agosto, che come è noto deve il suo nome proprio ad un imperatore, a dimostrazione di quanto imperativo sia il suo ordine di sgombrare dalle città. E in poche ore miseramente salta l’Italia emancipata furba e moderna, che sa far le ferie senza ferragosto. Le ferie scaglionate si scoprono d’un tratto ferie scoglionate, per via delle noiose attese ai caselli e agli imbarchi. Così gli italiani scendono con le mani alzate e la bandiera bianca dalle loro città assediate dalla Canicola, si vanno a costituire al più vicino casello autostradale, accettano la deportazione in massa nelle code ataviche di agosto, come i loro padri trent’anni addietro. A far cornice a questa resa di massa alle vacanze dementi c’è l’onda soave e ormai rituale di incendi boschivi che servono per allietare il clima e per rafforzare il tepore delle giornate a quaranta gradi che sciolgono non solo il sudato sud ma anche il padano nord umiliato nel suo clima, colonizzato dall’afa cafona del sud, terronizzato senza pietà, ridotto ad un’appendice focosa del Mezzogiorno. Dalla Padania alla Brace.
I teoremini sulle vacanze intelligenti nulla possono difronte a Madre Natura, alle sue fumanti ascelle, alla sua ciccia grondante di sudore, ai suoi piedi feroci. Non c’è aria condizionata che tenga, non c’è dandismo da agosto in città che possa resistere, quando il sole fa la parte del leone e sbrana i corpi, sfessa le menti. Non resta che il mare; ma sì, anche il venale, pacchiano mare d’agosto.
Visto che ci siamo, spariamoci una bella festa patronale, la banda del paese, il torrone e lo zucchero filato, la granita o lo spumone ai tavoli, il ventaglio e gli aloni sotto le ascelle. Ci siamo meritati l’ingorgo e la fila: pochi telepass, molti teleferm, la civiltà dell’automobile non è ancora finita. Come l’analfabetismo di ritorno, c’è pure l’ingorgo di ritorno, un colpo di coda del passato che non vuole passare. E chi va in ferie, lo dice la parola stessa, diventa feroce.