Rashida Tlaib rinuncia al viaggio in Israele

L’ultimo espediente dell’industria che denigra Israele

di Andrew Ash 25 agosto 2019

Pezzo in lingua originale inglese: Latest Antics from the Israel-Bashing Industry
Traduzioni di Angelita La Spada

Rashida Tlaib aveva chiesto di recarsi in “Palestina”, un paese che finora non esiste, in un viaggio organizzato e co-finanziato da un’organizzazione palestinese no-profit, Miftah, guidata da Hanan Ashrawi, nemica di lunga data di Israele. Nelle pagine del Washington Examiner, Becket Adams ha descritto Miftah come “un gruppo particolarmente antisemita che elogia i terroristi palestinesi e afferma che gli ebrei usavano il sangue dei cristiani durante la Pasqua ebraica. L’organizzazione pubblica anche materiale neonazista e invoca la distruzione di Israele”. Miftah ha inoltre definito le donne kamikaze delle eroine.

“Non mi sono mai sentita più palestinese di quanto mi sia sentita al Congresso”, ha dichiarato con aria di sfida alla Michigan Coalition for Human Rights, nell’aprile scorso. Il che sembra un po’ assurdo, se detto dalla stessa donna che ha twittato che i senatori che hanno appoggiato un disegno di legge pro-Israele “dimenticano quale paese rappresentano”.

Sembra semplicemente indifferente a qualsiasi tipo di protesta che non comporta espulsioni chiassose o arresti, o in cui non può ricevere attenzione o essere considerata una vittima. È difficile non chiedersi cosa stia facendo per il suo elettorato. Il desiderio di colpire Israele è davvero ciò che tiene svegli la notte i buoni elettori del Michigan? L’antisemitismo è ora il nuovo volto accettato del Partito democratico?

 

ST PAUL, MN - AUGUST 19: U.S. Reps. Rashida Tlaib (D-MI) and Ilhan Omar (D-MN) hold a news conference on August 19, 2019 in St. Paul, Minnesota. Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu blocked a planned trip by Omar and Tlaib to visit Israel and Palestine citing their support for the boycott, divestment, and sanctions (BDS) movement against Israel. (Photo by Adam Bettcher/Getty Images)
La deputata statunitense Rashida Tlaib (a sinistra nella foto) aveva chiesto di recarsi in “Palestina”, un paese che finora non esiste, in un viaggio organizzato e co-finanziato da un’organizzazione palestinese no-profit, Miftah, che è stata descritta nelle pagine del Washington Examiner come “un gruppo particolarmente antisemita che elogia i terroristi palestinesi e afferma che gli ebrei usavano il sangue dei cristiani durante la Pasqua ebraica”. (Foto di Adam Bettcher/Getty Images)

La deputata democratica del Congresso statunitense Rashida Tlaib (eletta in Michigan) ha deciso di rinunciare al viaggio in Israele che avrebbe dovuto fare con la sua collega, membro della “squadra”, Ilhan Omar, dopo che entrambe erano state invitate a partecipare a un viaggio ufficiale del Congresso, ma avevano declinato l’invito.

Anche se alla Tlaib e alla sua altrettanto esplicita collega Omar era stato inizialmente negato l’ingresso in Israele a causa delle loro opinioni radicali che promuovono la distruzione dello Stato ebraico con la campagna per il boicottaggio, entrambe non potevano immaginare che sarebbero state boicottate. Alla Tlaib è stato alla fine concesso il permesso per “motivi umanitari”, dopo un toccante appello al ministro dell’Interno israeliano Aryeh Deri, in cui la congressista ha esposto le ragioni per voler visitare la nonna palestinese, residente in Cisgiordania.

Ma poi la Tlaib ha fatto marcia indietro e ha deciso di rinunciare al suo viaggio.

Sua nonna, ha twittato la deputata americana, non vorrebbe che lei le facesse visita alle condizioni che aveva già concordato, ossia astenendosi dal cogliere l’opportunità di trasformare il suo viaggio in Israele in una piattaforma politica. “Mettermi a tacere e trattarmi come una criminale non è ciò che lei vuole per me”, ha scritto amorevolmente la Tlaib.

La nonna della signora Tlaib ha 90 anni, pertanto, questa potrebbe essere l’ultima occasione per incontrarsi di nuovo. Ma per la congressista pare che questa opportunità persa sia semplicemente un danno collaterale quando si tratta dei progressi del programma politico anti-Israele. Dover mostrare un po’ di moderazione per un giorno o due è, a quanto pare, un affronto alla sua coscienza.

Considerando che la Tlaib e la Omar appena due settimane prima avevano rifiutato di partecipare a un viaggio programmato in Israele, insieme ad altri neo-eletti al Congresso, l’intero episodio sembra più una cortina di fumo per nascondere la motivazione principale: sobillare.

Rashida Tlaib aveva chiesto di recarsi in “Palestina”, un paese che finora non esiste, in un viaggio organizzato e co-finanziato da un’organizzazione palestinese no-profit, Miftah, guidata da Hanan Ashrawi, nemica di lunga data di Israele. Nelle pagine del Washington Examiner, Becket Adams ha descritto Miftah come “un gruppo particolarmente antisemita che elogia i terroristi palestinesi e afferma che gli ebrei usavano il sangue dei cristiani durante la Pasqua ebraica. L’organizzazione pubblica anche materiale neonazista e invoca la distruzione di Israele”.

Miftah ha inoltre definito le attentatrici suicide delle eroine. Ci vuole un gran bell’impegno per essere “particolarmente antisemita”.

Quindi, per Israele, sembra chiaro fin dall’inizio che ogni decisione è stata manipolata per essere una battaglia persa. Dove sono le critiche della Tlaib alla Cina per aver occupato il Tibet, o alla Turchia per l’occupazione di Cipro Nord, o al Pakistan per aver occupato il Kashmir, o ancora all’Inghilterra per aver negato l’ingresso allo stimato studioso Robert Spencer mentre i predicatori d’odio sono i benvenuti?

Il comportamento eloquente della Tlibi rivela molto probabilmente la reale motivazione sottesa alla visita proposta, che ora sembra più avere a che fare con un’apparente propensione a colpire Israele e a inseguire le luci della ribalta, anziché essere mossa dal desiderio di recarsi dalla nonna. Quella che sembrava essere una prospettiva allettante di andare in Israele e di fomentare la situazione davanti alle telecamere evidentemente è diventata meno interessante dopo aver promesso di comportarsi bene. Ma un viaggio che non può combinarsi con qualche copertura controversa evidentemente non ha senso.

La Tlaib è famosa, nel tentativo di esprimere le sue preoccupazioni politiche, per dare spettacolo. Nel 2016, a un comizio a Detroit dell’allora candidato presidenziale Donald Trump, la “protesta” della Tlaib degenerò presto in disordini. In un video in cui la donna oppone resistenza agli agenti dei servizi segreti e alle guardie del corpo di Trump, la si sente urlare: “Siete tutti pazzi!” – prima di essere scortata fuori dall’auditorium.

Nel 2018, mentre era ancora candidata al Congresso, partecipò a una presunta manifestazione “pacifica” di protesta davanti un ristorante McDonald’s, a Detroit. Ancora una volta, la Tlaib venne allontanata con la forza – e in quell’occasione arrestata – mentre protestava per un salario minimo di 15 dollari l’ora.

Quando non è impegnata a essere fisicamente rimossa da un luogo, la Tlaib trova patriottico inveire contro gli agenti della polizia del Campidoglio nell’espletamento delle funzioni loro assegnate dal Congresso: arrestare i manifestanti che ostentano un simile disprezzo per la legge e per l’ordine.

“Non mi sono mai sentita più palestinese di quanto mi sia sentita al Congresso”, ha dichiarato con aria di sfida alla Michigan Coalition for Human Rights, nell’aprile scorso. Il che sembra un po’ assurdo, se detto dalla stessa donna che ha twittato che i senatori che hanno appoggiato un disegno di legge pro-Israele “dimenticano quale paese rappresentano”.

La disparità di criteri contenuti nelle sue frecciate, purtroppo, diminuiscono ogni credibilità che lei avrebbe potuto avere nell’essere una donna palestinese che lotta per i diritti della patria di sua nonna. Il suo comportamento contribuisce a sminuire la gravità delle questioni che afferma di rappresentare. Sembra semplicemente indifferente a qualsiasi tipo di protesta che non comporta espulsioni chiassose o arresti, o in cui non può ricevere attenzione o essere considerata una vittima. È difficile non chiedersi cosa stia facendo per il suo elettorato. Il desiderio di colpire Israele è davvero ciò che tiene svegli la notte i buoni elettori del Michigan? L’antisemitismo è ora il nuovo volto accettato del Partito democratico? Non sorprende che la sua visita proposta possa aver destato qualche preoccupazione in Israele.

Come M. Zuhdi Jasser, autore e fondatore e presidente del Forum islamico americano per la democrazia, ha affermato in merito all’episodio:

“Ve lo devo dire, è necessario innanzitutto capire che cos’è il movimento BDS [per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni]. È un movimento antisemita sostanzialmente genocida che vuole la fine di Israele. Pertanto sia chiaro, questi non sono moderati che si recano in Israele. Israele, secondo la propria legge del 2017 ha il diritto di vietare l’ingresso nel paese agli attivisti, soprattutto a quelli che vogliono vederlo cancellato dalla carta geografica.”

Le ultime idee che affiorano dall’industria della denigrazione di Israele sono quelle espresse da “una decina di democratici” della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti che intendono stigmatizzare l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti, Ron Dermer, e l’ambasciatore americano in Israele, David Friedman, per una “profonda mancanza di affidabilità e di fiducia”. L’agenzia di stampa McClatchy ha rivelato, citando una fonte del Congresso, che i Democratici stanno “valutando tutte le opzioni”.

In un tweet, la Tlaib ha poi proposto di boicottare un programma televisivo di Bill Maher, che ha avuto la sfortuna di osservare in merito al BDS: “È una stronz*** – un test di purezza da parte di persone che vogliono sembrare sveglie, ma di fatto hanno dormito durante la lezione di storia”. E ha continuato dicendo:

“È basato sull’idea – un’idea peraltro molto superficiale – che gli ebrei in Israele sono per la maggior parte bianchi e i palestinesi più scuri, e pertanto questi ultimi devono essere considerati innocenti e giusti, mentre gli ebrei hanno torto.

“Come se l’occupazione fosse venuta fuori dal nulla e che questa gente totalmente pacifica si fosse ritrovata occupata. (…) Immemore delle intifada, degli attentati suicidi, dei razzi e delle numerose guerre.

“Permettetemi di leggere Omar Barghouti, uno dei cofondatori del movimento (…) La sua citazione: ‘Nessun palestinese raziocinante (…) accetterà mai uno Stato ebraico in Palestina’. Ecco da dove viene questo movimento, qualcuno che non vuole nemmeno uno Stato ebraico. In qualche modo, questa tesi non viene mai presentata dai media americani. È molto strano”.

Il deputato democratico statunitense Ted Lieu (eletto in California), non volendo evidentemente essere escluso, si è unito al coro accusando l’ambasciatore americano in Israele, David Friedman, di “fedeltà a una potenza straniera” – ma non ha accusato la congressista Tlaib di fedeltà alla “Palestina”.

Nel corso di una conferenza stampa strappalacrime, tutte le verità scomode sono state distorte o omesse, a cominciare dal loro itinerario di viaggio pianificato; per non parlare poi del motivo per cui Israele si è sentito obbligato a costruire una barriera di sicurezza e se la decisione di erigerla avesse qualcosa a che fare con gli innumerevoli attacchi terroristici palestinese in cui “sono rimaste uccise più di 900 persone” e “migliaia sono rimaste ferite”; come pure, se tale barriera funziona davvero. Secondo il governatore del Wisconsin, Scott Walker, Israele “ha ridotto del 90 per cento le azioni terroristiche in quel paese, riduzione attribuita a un’efficace barriera di sicurezza. (…) Se Israele può agire così efficacemente, non c’è motivo per cui l’America non possa farlo”.

Tra le altre favolette raccontate alla conferenza stampa, spiccano tra le varie calunnie, i tentativi di paragonare Israele al Sudafrica dell’apartheid, quando di fatto gli arabi in linea di massima vengono trattati allo stesso modo degli ebrei; sono giudici della Corte Suprema e membri del parlamento, hanno partiti politici e sono ammessi a svolgere qualsiasi professione. La congressista Omar ha inoltre definito “disumani” i checkpoint, quando invece essi servono solo a fermare gli attacchi terroristici palestinesi. Ovviamente, durante la conferenza stampa non è stata fatta alcuna menzione del fatto che l’Autorità palestinese, sotto il suo leader Mahmoud Abbas, il quale sta per giungere al quattordicesimo anno del suo mandato quadriennale, ha “vietato a un gruppo palestinese che si batte per i diritti LGBT di organizzare qualsiasi attività in Cisgiordania e ha minacciato di arrestare gli attivisti, affermando che tali attività sono contrarie ai ‘valori della società palestinese'”. Al contrario, Israele organizza ogni anno una delle più importanti Gay Pride Parade al mondo.

Risvolti come questi di un invito che la stessa Tlaib aveva richiesto – “Questa potrebbe essere l’ultima occasione che ho di vederla [la nonna]. Rispetterò qualsiasi restrizione e durante la mia visita non promuoverò il boicottaggio di Israele” – dimostrano che la preoccupazione di Israele era giusta.

Andrew Ash vive nel Regno Unito.