Dopo la Carrà, chi sono gli ultimi Televisauri

𝗗𝗼𝗽𝗼 𝗹𝗮 𝗖𝗮𝗿𝗿𝗮̀, 𝗰𝗵𝗶 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝗴𝗹𝗶 𝘂𝗹𝘁𝗶𝗺𝗶 𝗧𝗲𝗹𝗲𝘃𝗶𝘀𝗮𝘂𝗿𝗶
Ora che se n’è andata Raffaella Carrà, sono rimasti Pippo Baudo, Maurizio Costanzo e Bruno Vespa a rappresentare senza quote rosa i Fratelli Bandiera dell’Italia televisiva.

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Dopo la Carrà, chi sono gli ultimi Televisauri

Ora che se n’è andata Raffaella Carrà, sono rimasti Pippo Baudo, Maurizio Costanzo e Bruno Vespa a rappresentare senza quote rosa i Fratelli Bandiera dell’Italia televisiva. Sono loro gli ultimi reperti di un’Italia televiva venuta dal bianco e nero e dalla radio, a riannodare la piccola storia dei nostri anni. Quella storia che hanno contribuito a fare con la loro famigliare, assidua, ingombrante presenza nei focolari televisivi di tutte le case. Eccola, l’inossidabile Trinità televisiva della nostra tele-Patria che ci accompagna da mezzo secolo. Il trio lescano dei nostri schermi che presidia da sempre l’informazione, l’intrattenimento e la ricreazione del popolo televisivo, la terna arbitrale in campo. Oltre i tirannosauri della Tv, è rimasto il Grande Reduce della Bella tv di una Volta, Renzo Arbore, che rappresenta la Tv in contropelo, versione notturna e goliardica. Costoro sono per noi non solo un tuffo nel passato, ma anche una piccola terapia contro l’alzheimer collettivo per ritrovare il filo d’Arianna della memoria e la strada di casa, fino all’altarino domestico, la Tv.

La Carrà, i tre Moschettieri, più l’Arbore d’Artagnan raccontano l’autobiografia di una nazione. Vista dalla finestra per eccellenza, la Tv, che è stata per decenni la piazza, il pulpito e il ritrovo del nostro paese, man mano che perdeva la storia e la tradizione e si attaccava al presente e alle presenze in video. L’arco della nostra vita, privata e politica, televisiva e sentimentale, per noi over, è coperto e scandito da quei televisauri. Furono loro ad accompagnarci dal bianco e nero al colore, dal telefono appeso al muro allo smartphone, dalla macchina da scrivere all’i-pad. Dopo i Carosio, i Martellini, i Pizzul, la Trinità del Calcio in Tv, sono loro gli ultimi reperti della nostra preistoria nazionale e collettiva.

Sono vecchiarelli ormai, il più ragazzo di loro è Vespa che ha “solo” 77 anni e infatti lavora a pieno regime, anche se i regimi cambiano; ma lui si adatta con una capacità mimetica e professionale ammirevole. Baudo è invece più monumentale e sembra suggerire l’idea che lui non si limiti a descrivere l’Italia ma ne sia l’inventore. Costanzo, peccato per il suo biascicare in video, è il primo fondatore del confessionale pubblico, dell’Italia salottiera e liberosessuale, divani&divani, poltronesofà, gossip & outing, testa e pancia, al posto di testa e croce. E dietro di loro i gossip, su Baudo e la Ricciarelli o i suoi tanti retroscena; su Costanzo diventato negli anni il principe consorte di Maria De Filippi, su Vespa di cui si narra la fantasiosa paternità ducesca in quel di Campo Imperatore. Leggende viventi, le ultime rimaste, dopo la scomparsa di Mike Buongiorno, Andreotti, Proietti e qualche altro Antico Monumento Nazionale. E dopo l’ultima sorpresa amara di Carramba.

Il mitico parrucchino di Pippo, la famosa pappagorgia di Maurizio collocata direttamente sul busto senza passare per il collo, la proverbiale farcitura di nei di Bruno, come un parrozzo abruzzese coi canditi di un panettone. E poi lei, la Raffaella maga maghella, tucatuca, lo sguardo, la risata, le cosce, il caschetto in orbita. La Carrà è stata il sogno erotico inconfessato di molti di noi adolescenti del bianco e nero. Perfino il tuca tuca eccitava… Ma ti vergognavi a dirlo, un ragazzo non poteva sbavare per una prima serata di Raiuno, erano passioni erotiche parastatali e condominiali. Di ciascuno di loro ognuno di noi ha sparlato negli anni ̶ è capitato sicuramente ̶ ha criticato o mal sopportato ora lo strapotere, ora l’onnipresenza, ora il modo di fare, ora un programma, un’intervista, un risvolto laterale, privato, o altro.

Ma quando un paese perde storia e memoria, appare in balia di un presente, disancorato da ogni passato ma pure da ogni futuro, quando un paese è vecchio e imbronciato come il nostro, e non conosce più nessuno tra pavenu, esordienti, garzoncelli e meteore, allora si attacca a quei volti noti che sono il nostro passato, la nostra terapia contro l’amnesia, e magari il segno che pure a ottant’anni o giù di lì si può dire, fare, essere qualcosa e qualcuno.

Ora è venuta a mancare tra i Vecchi Zii pure la Vecchia Zia Raffaella, per una stele in memoria del ramo soubrette, eros domestico e risata contagiosa. Ma quando cominci a perdere conoscenza del tuo paese, lo vedi in preda al rancore, agli sbarchi, ai trans e all’ignoranza, ti attacchi ai nonni. Il paese ha perso d’un colpo i padri, la generazione di mezzo. Si salta una generazione e al cospetto dei trentenni e quarantenni di oggi, non restano che i Nonni a ricordarci chi fummo, da dove veniamo almeno negli ultimi decenni. Nonni di un’Italia senza eroi, che non partirono per il fronte ma per il video, e ci fecero compagnia in casa. Inno patriottico, Com’è bello far l’amore da Trieste in giù.

MV