I ricordi migliori del biennio peggiore

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Ma non c’ĆØ proprio niente da salvare di questi due anni passati in cattivitĆ , tra restrizioni, obblighi, paure e divieti?

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I ricordi migliori del biennio peggiore

Ma non cā€™ĆØ proprio niente da salvare di questi due anni passati in cattivitĆ , tra restrizioni, obblighi, paure e divieti? Qualcosa da salvare cā€™ĆØ ma non riguarda la vita pubblica, le istituzioni, la storia e la profilassi; riguarda piuttosto la vita nuda, inerme, con le sue bellezze e le sue tenerezze.

Del lockdown salverei ad esempio la deserta bellezza di Piazza Navona; grazie allā€™assenza di umani, traffici e bancarelle, era cresciuta perfino lā€™erba sul selciato e tra i sanpietrini; o la maestosa solitudine del Pantheon restituito agli Dei, senza il brusio, i selfie e il viavai.

Poi salverei la bellezza dei volti femminili castigati ma esaltati dalle mascherine. Ne ho visti e ne vedo di splendidi, che prima non avrei notato: ĆØ come se negli occhi superstiti si concentrasse tutto il volto, il sorriso e il dolore, la sorpresa e lā€™amore. Spesso deludono i volti interi, sono banali, a volte rifatti o rugati; ma i promettenti sguardi che sporgono dai volti coperti, restituiscono agli occhi lā€™intensitĆ  dellā€™espressione, il senso verace della persona, tornano a brillare le finestre dellā€™anima. Occhi di ragazza, quanti cieli che ti aspettanoā€¦

Salverei pure di questo infame biennio di clausura e paura, che minaccia di protrarsi ancora a lungo, la trepida attesa su un balcone di tre nipotini che vedono da lontano comparire i loro nonni, spariti da Natale a Pasqua, segregati nella loro casa e finalmente rimessi in libertĆ  che vanno a ritrovare i loro figli e nipoti. Ogni passo diceva ā€œvi siamo mancatiā€ e ogni sguardo rispondeva: ā€œci siete mancatiā€. E viceversa. Lā€™eccitazione e lā€™euforia dellā€™attesa, lā€™annuncio reciproco di una vita che ricomincia.

Salverei di quei giorni le anime ardenti che si facevano ardite e sfidando i divieti andavano in chiesa a pregare, a volte senza il parroco o contro la sua volontĆ . Da millenni sapevano che il rifugio dalle pestilenze epocali ĆØ in chiesa e non volevano mancare allā€™appuntamento, come avevano fatto le madri delle loro madri. Salus non vuol dire solo salute ma anche salvezza, e non si puĆ² barattare lā€™una per lā€™altra. Era bello vederli nelle Chiese del Silenzio; piĆ¹ belli gli altari, gli affreschi e le statue, come usciti dal nostro tempo e rientrati nella loro aura originaria.

PiĆ¹ bello di sempre nei giorni di quarantena era il mare immacolato dā€™inverno, deterso di bagnanti, lettini, frastuoni. Tutto della pandemia scivolava al mare, non lo toccava minimamente; e a vederlo, magari entrando nel suo freddo ventre, ti immergevi nella sua dimenticanza, cancellando quel che succedeva nel mondo, nei video, con le ambulanze. Il mare restituiva le sirene al mare della mitologia, togliendole alle strade dellā€™emergenza.

Di quei giorni di primavera ancora sotto sequestro da coprifuoco, salverei anche un tuffo beato in un campo immenso di papaveri; naufragare tra i fiori, lasciarsi cadere in mezzo a quel verde rosseggiante animato dal vento, perdersi alla vista della strada. I papaveri ondeggiavano finalmente liberi da passanti e depredatori. E di quei giorni salvo il profumo del pane che tornĆ² a farsi in casa; a parte gli esiti diversi, fu un ritorno di antica fragranza.

Dei piĆ¹ recenti divieti sono indimenticabili pure i risvolti grotteschi. In un bar del mio paese ho assistito a una scena surreale: entra una coppia di anziani rozzi, primitivi e il barista chiede il green pass, loro lo guardano e si guardano esterrefatti, ripetono GrinpĆ ? CedĆ  grinpĆ ? CedĆ  sta nel dialetto locale per cosā€™ĆØ. Ancora piĆ¹ misterioso appariva a loro il tentativo di spiegare, il richiamo ai vaccini, alla card, al certificato. Ma che sta dicendo, suggerivano i loro sguardi incrociati come davanti a un marziano, un frastiero (forestiero). Non erano no-vax ma ante-vax, superstiti ignari di ere precedenti; non erano al corrente di nulla, non so dove avessero vissuto nel frattempoā€¦ Ma la loro assoluta estraneitĆ  al tempo della pandemia era prodigiosa e perfino invidiabile.

Salverei di questi due anni la riscoperta delle trascurate prossimitĆ , quel che ci era intorno e non ci facevamo caso per inseguire ciĆ² che ĆØ lontano, grandioso e globale: la porta dā€™ingresso del tuo quartiere che torna ad essere la soglia tra la sicurezza e la libertĆ , il negozietto a due passi da casa, la panchina della piazzetta per lā€™ora dā€™aria dei reclusi da pandemia, il giardinetto mai notato prima che conserva segrete bellezze, le cose ritrovate in soffitta o in cantina, relitti di vite passate che giacevano da tempo in attesa di resurrezioneā€¦ La pandemia ha riabilitato i mondi minori, a noi piĆ¹ vicini e pure scordati.

Certo, da salvare di questi due anni ci sono i medici e gli infermieri che si sono prodigati rischiando, i religiosi e i volontari; ci sovvengono tanti episodi di generositĆ  e dedizione, fino al sacrificio di sĆ©. Ma salverei anche qualche piccola trasgressione. Per esempio la sfacciata bellezza di un ragazzo e una ragazza che credendo di non essere visti da nessuno, si sono smascherati e a volto scoperto si sono baciati a lungo per strada ā€“ non si fa, non si fa- e hanno ritrovato gli abbracci di prima, i corpi e il fiato lā€™uno nellā€™altro. Non sembravano sfidare la sorte ma chiederle indulgenza e complicitĆ : non infierire su di noi, risparmia due bocche che combaciano nella gioia dā€™amare. ƈ la rivolta della vita ragazza contro lo spirito mortale di gravitĆ . Piccola dose dā€™incoscienza, ma talvolta anche di quella serve un richiamo.

Si, cā€™ĆØ qualcosa da salvare e da ricordare perfino di questo pessimo biennio da dimenticare.

MV, Panorama (n.4)