Antonio Ciano – “Carnefici” di Pino Aprile

Antonio Ciano 

In una recensione un certo Sig D’Ambra, criticando il libro di Pino Aprile “CERNEFICI”, HA ASSERITO che quello piemontese, non è stato un genocidio. Come il D’ambra, qualche altro studioso da tastiera gli ha dato ragione. Il sottoscritto è di Gaeta, nato sulle macerie piemontesi e fasciste, cresciuto in una famiglia contadina, frequentatore di archivi secretati per 150 anni ( ma guarda un po’!, li tenevano secretati perché non volevano far sapere delle gesta eroiche dei loro massoni e criminali di guerra), aveva letto sulla CIVILTA’ CATTOLICA DEL 1861 CHE C’ERANO STATI UN MILIONE DI MORTI dopo un anno di invasione. Il D’Ambra e gli altri come lui, contestino l RIVISTA DEI GESUITI. Contestino le bombe di Cavorra, di Cialdini, contestino le migliaia di morti fatti dai vari generali felloni piemontesi, da Civitella del Tronto a Castellammare del Golfo, passando per Bronte, Calatafimi, Milazzo,. Solo nell’Ascolano e nel Teramano, il generale Pinelli incendiò 36 paesi e villaggi, fucilando e impiccando uomini, donne e bambini.Gli appennini furono messi a ferro a fuoco con migliaia di morti.. Foreste incendiate, come fienili e case agricole. Pontelandofo e Casalduni sono città martiri del Risorgimento piemontese come Gaeta, Civitella, Teramo, e altre mille città.I prigionieri li imbarcavano in tutti i porti del Sud, escluso quello di Napoli.( Mbè, li vi erano i giornalisti di tutta Europa e non dovevano vedere la Tratta degli Schiavi)Leggendo le lettere del Pinelli, nell’archivio di via Lepanto, mi son sentito male. Intanto, sig. D’ambra la invito a leggere ciò che successe a Gaeta. In seguito le parlerò di tutti gli eccidi che ho scovato negli archivi secretati dai piemontesi. Non dai Borbone. Ah! Il sottoscritto non è neo borbonico, è stato sempre comunista e Brigante: Se quello di Gaeta non è stato genocidio significa chei non abbiamo capito niente..Le racconterò ciò che successe negli Abruzzi, nel Molise, nel basso Lazio, in Campania, in Calabria, nelle Puglie, in Calabria, in Sicilia.E’ tutto scritto negli archivi piemontesi.Se non basta, potrei raccontarle delle stragi di Torino, di Genova di Milano e quelle dei fasci siciliani, paese per paese.Ricordi che siamo constantemente denigrati, ora da lei, in passato dai grandi giornalisti del Pompiere della sera, del Corrierino del Mezzogiorno.Tutti al servizio del Padrone delle ferriere tosco padane.Le daranno un premio. Pino Aprile, venderà sempre più libri, creando invidie ai liberal massoni, ai fascio borbonici, e ai reazionari massoni di tutto il mondo.

Il Risorgimento piemontese è stato un genocidio. E’ stato il cancro che ha devastato il sud in tutti i modi. Lo ha massacrato fisicamente e lo ha RESO COLONIA economica della Tosco padania che alcuni scambiano per l’Italia.Gaeta è stata la città che più di tutte ha subito le devastazioni dei cannoni Cavalli, sperimentati nella città fedelissima. Diventata, un laboratorio di morte. La nostra Repubblica è nata sulle ceneri di Casa Savoia e del Fascismo e non capiamo perché i nostri politici continuano a santificare dei criminali di guerra. Santificano un terrorista, Garibaldi. Fu il primo migrante clandestino,sbarcò a Marsala armato fino ai denti, senza passaporto: fucilò solo operai e contadini, mai un latifondista. Difendeva gli interessi britannici, dai quali fu finanziato con tre milioni di piastre turche.Moltissime sono state le città incendiate e rase al suolo dai bersaglieri( ne abbiamo contate più di cento). Ma l’inferno fu scatenato a Gaeta. La città fu rasa al suolo dal Generale Cialdini, su ordine di Cavorra ( Cavour) che, senza dichiarazione di guerra, attaccò il Regno delle Due Sicilie a Tradimento. Gaeta ha sempre chiesto i danni di guerra, fin dal febbraio del 1861, subito dopo la firma della resa. il sindaco Raffaele Ianni, chiese i danni al regno di Sardegna. I danni sono stati chiesti in continuità fino al 1914 dal sindaco Nicola Migiarra.Poi, causa la prima guerra mondiale ( un’altra carneficina) voluta dai Savoia. E altre guerre volute dal fascismo, le richieste dei danni si interruppero. La richiesta dei danni fu ripresa dalla Giunta meridionalista Raimondi – Ciano il 6 di dicembre del 2008. A Gaeta è stata scritta la pagina più nera del Risorgimento piemontese. La città ( 18.000 abitanti) fu rasa al suolo. Migliaia furono i morti tra militari di entrambe le forze in campo e i civili massacrati sotto le macerie provocate dai continui bombardamenti.
Il 5 febbraio del 1861 verso le 16.00 dalla batteria piemontese Conca nei pressi della spiaggia di Arzano, tra il Borgo di Gaeta e Mola ( l’attuale Formia) si sparò con particolare precisione. Una esplosione tremenda squarciò la terra. Saltò la polveriera San’Antonio a Porto di Terra, dove vi erano depositati 7.000 kg di polvere da sparo. Un potenziale di morte da far paura. Il giornalista del “Nazionale” Antonio Guerritore racconta che” Dalle batterie piemontesi si cominciò a urlare “ Viva l’Italia, Viva l’Italia!!
Una nuvola di fumo si innalzava dalla Fortezza colpita al cuore. La batteria venne completamente distrutta e con essa tutte le case del quartiere.Interi palazzi sbriciolati, crollati. Ancora oggi, in via Begani, vi sono le macerie di alcuni palazzzi. I propietari morti e i loro eredi introvabili o emigrati. Vi erano anche 40.000 cartucce che esplodevano a ripetizione. Militari e civili che si trovavano nella zona furono seppelliti dalle macerie. Si aprì uno squarcio dalla parte del mare e come i fumi dell’esplosione si depositarono i piemontesi con i loro cannoni rigati accentuarono il fuoco sulla batteria per ostacolare i soccorsi. Lamenti si udivano nei pressi dell’antro infernale prodotto dallo scoppio. Urla, accompagnati dagli scoppi a ripetizione. L’inferno era caduto in terra.
Il cappellano don Giuseppe Buttà si trovava nell’ospedale del >Torrione francese e gli fu ordinato dio correre in aiuto ai feriti dello scoppio. Ma era buio, non si vedeva niente , se non quando scoppiavano i proiettili piemontesi. Solo cumuli di macerie, strilli, urla. Le macerie divennero sepolcri, ne uscivano lamenti, urla, grida d’aiuto. Sotto le macerie vi erano rimasti oltre quattrocento persone, tra militari e civili. Tra loro molte donne e bambini. Mentre si scavavano le macerie, i piemontesi, su ordine di Cialdini continuavano a bombardare la città. Non si dava tregua.
La prima conta delle vittime diede numeri tremendi: 212 soldati morti e quattro ufficiali; 82 soldati e due ufficiali feriti. Tra le vittime anche il Generale Traversa. Fu trovato due giorni dopo con la testa schiacciata da una architrave. Charles Garnier, unico giornalista presente durante l’assedio scrisse che”…Un odore infetto annuncia che i cadaveri sono in corruzione.Lo sgombrosi opera con lentezza; fin ora non si sono tirate che due persone vive ma moriranno due giorni dopo. La situazione è molto critica” Solo il 21 febbraio , ad assedio concluso, si sarebbe tirare fuori dalle macerie tutti i cadaveri. le bare vennero allineate sui cumuli di macerie che ingombravano le strade adiacenti. 300 bare di civili, donne, vecchi, bambini. Vi erano anche le bare di una intera famiglia di undici persone, quella di Carmina Barone con i figli. Il Marito, Pasquale Trecentese, per una casualità fortuita, era uscito dalla casa pochi minuti prima dello scoppio. Ma con la famiglia distrutta era morto anche lui, dentro. .Lo spettacolo era spettrale. Macerie, rovine , corpi mutilati, teschi recisi, braccia e gambe stritolate. A Gaeta non c’era più vita.
Tutti i racconti dei soldati piemontesi entrati per primi nella Fortezza descivevano un luogo irriconoscibile; si imbattevano in cadaveri e brandelli di corpi umani, mobili sventrati, masserizie, schegge di proiettili. Antonio Guerritore descrisse sul “Nazionale” ciò che i suoi occhi avevano visto: una ecatombe!!
I nostri politici continuano a festeggiare quella che i Savoia hanno chiamato “Unità d’Italia” e il risorgimento piemontese. O sono traditori della Patria o sono ignoranti. Un giorno quell’epopea ci morte sarà condannata. E’ stata una Carneficina, è stato un genocidio. La repubblica è nata sulle rovine che i Savoia lasciarono in tutta Italia, non solo a Gaeta, che per la seconda volta in 83 anni, dall’8 settembre del 1943 al 19 maggio del 1944 fu distrutta e subì altri 800 morti.
3000 CITTADINI di GAETA mancano all’appello nella conta finale dei morti. Lo ha determinato una ricerca della Prof. essa Mariolina Corbo da uno studio sui censimenti. Molti furono fucilati. Lo abbiamo appreso anni fa dalla Civiltà Cattolica del 1861 Pag. 493 ( Serie IV- Vol XI).. già a Gaeta,,,scrive la C.C. egli diede saggio della sua protervia e della sua ferocia..e ordina fucilazioni sommarie di meschini denunziati come Borbonici..Nel 1960, mentre si stavano scavando le fondamenta della scuola Media sullo spiazzo di Montesecco. Una foiba con 2000 morti fucilati).
Charles Garnier, unico giornalista presente durante l’assedio., così ha ricordato quegli eventi: L’ultima ora è sonata. L’Indipendenza dell’Italia Meridionale è condannata; la monarchia sta per prendere la via dell’esilio. La capitolazione è stata firmata a Mola un momento fa ed il cannone termina di farsi di sentire…Gli assedianti hanno lanciato circa 60.000 bombe dal 10 a sera a questo momento; sessantamila bombe in tre giorni. Le vittime di queste 60.000 bombe grideranno vendetta eterna contro Cialdini…
Da lungo tempo l’onore è salvo; da lungo tempo non si combatteva più per l’onore. Sulle tombe di tanti prodi, che hanno sofferto con una rassegnazione inalterabile e che sono morti con semplicità magnanima, sulle rovine di una città che si è difesa cento giorni con mezzi esigui, io, straniero, semplice testimone,, ma non testimone insensibile, affermo che l’Assedio di Gaeta, sarà una delle pagine più belle della storia contemporanea. La gloria sarà dei vinti e non vi è uomo di cuore che rifiuti di inchinarsi con rispetto innanzi alla guarnigione, come davanti alle Maestà Reali…Il Popolo così provato , il Popolo decimato, il Popolo le cui abitazioni sono state distrutte, dimenticava le sue sfortune per piangere quelle dei principi. Il Re e la Regina Sofia che combatterono d a eroi sugli spalti della città.
Charles Garnier