Intervista alla ex regina Maria Sofia di Borbone

I SAVOIA VOGLIONO INDIETRO I GIOIELLI DI FAMIGLIA E ANNUNCIANO UNA CAUSA ALLA BANCA D’ITALIA: SI AVVERA LA PROFEZIA DELLA REGINA MARIA SOFIA DI BORBONE (CUI NON FU MAI RESTITUITA LA DOTE PERSONALE DEPOSITATA AL BANCO DI NAPOLI)

A Giovanni Ansaldo, che andò a intervistarla a Monaco, la ex regina Maria Sofia di Borbone raccontò delle sue condizioni economiche non certo floride, poi gli affidò una profezia con un monito che sembrava leggere nella storia futura d’Italia: “Dio non voglia che un giorno anche i Savoia non abbiano da difendere, dall’esilio, i loro patrimoni personali”.

Appena 85 anni sarebbe durato il Regno dei Savoia. La nemesi della storia diede ragione alla profezia dell’ultima regina delle Due Sicilie.
(Gigi Di Fiore, I vinti del Risorgimento, Utet, 2004-riedizione 2021, p. 262)

IMG_3753Appena 85 anni sarebbe durato il Regno dei Savoia. La nemesi della storia diede ragione alla profezia dell’ultima regina delle Due Sicilie.
(Gigi Di Fiore, I vinti del Risorgimento, Utet, 2004-riedizione 2021, p. 262)

In questa ultima intervista rilasciata nel 1924, un anno prima di morire all’età di 83 anni, la Regina Sofia lancia un “augurio” ai Savoia che suona come una profezia:
“…che don Giovanni Rossi, che era impiegato della Casa Reale nostra, e che aveva la custodia del “borderò” (dal francese “borderaux”: elenco di conti che si redigono in banca) di quattro milioni di ducati (76 milioni di euro), proprietà privatissima di mio marito, sia andato subito a presentarlo al Garibaldi appena costui entrò a Napoli (7 settembre 1860), per farsene merito, non mi meraviglia; che il Garibaldi, lo abbia subito confiscato insieme al borderò degli altri principi borbonici, neppure questo mi meraviglia; i rivoluzionari hanno sempre fatto così con i re caduti. Ma che i Savoia, dopo che ebbero annesso il Regno di Napoli, non abbiano sentito il bisogno di usare un po’ di riguardo ai Borbone, che erano stati re legittimissimi, come loro, questo è ciò che ancora oggi, dopo tanti anni mi fa meraviglia. Vittorio Emanuele (cugino di Francesco II) lo sapeva pure che quei quattro milioni di ducati provenivano dalla dote della madre di Francesco II, venivano dalla eredità di Maria Cristina di Savoia, erano il frutto della vendita dei beni allodiali del primo ramo dei Savoia, in Piemonte, e di palazzo Salviati, a Roma.
E sapeva bene che la villa di Caposele, a Mola, non aveva nulla a che fare con i beni della corona, con i palazzi reali di Portici e Capodimonte, per esempio; ma era stata proprietà personalissima di Re Ferdinando e da questi lasciata a Re Francesco, mio consorte, in testamento, proprio in testamento, come bene libero. Ma non fece nessuna distinzione, neppure lui, come il Garibaldi. Fu un re che si comportò con noi come un rivoluzionario, e ciò non è un bene. La repubblica francese fu molto più signora con gli Orleans di quanto sia stato il regno d’Italia con noi… E ora voi mi dite che i figli del re d’Italia sono sani e belli e che si godono la vita. Io ne sono felice e auguro loro ogni bene. Ma il modo in cui hanno trattato noi è di brutto augurio.
Dio non voglia che un giorno anch’essi non abbiano da difendere dall’esilio i loro patrimoni personali…”