Seul – “bihaha” a colazione – II riflessione

Ore undici circa del mattino. Sto lavorando in ufficio e la segretaria My-Ion entra e molto gentilmente mi dice prima buongiorno, poi mi chiede se la stanza del mio appartamento era sufficientemente calda e se ho fatto colazione. Sono perplesso, ma so che è una loro consuetudine di iniziare il discorso con una serie di frasi di circostanza prima di venire al dunque. Rispondo con cortesia, che l’appartamento in cui dormo era sufficientemente caldo, la rassicuro di aver fatto una buona colazione e le do ragione sul fatto che fa molto freddo fuori. Apprezzo la gentilezza e aspetto che arrivi al dunque. Poi lei mi chiede: Vuole una “bihaha” per il lunch ?
Non capisco assolutamente cosa sia una “bihaha” ma non voglio rovinare il suo entusiasmo e accetto volentieri. Anzi, voglio essere ancora più gentile e le dico che apprezzo moltissimo una “bihaha” qualunque cosa sia, pur di sfuggire il pranzo nella mensa aziendale. A mezzogiorno viene Kim, il ragazzo che guida l’auto per me e mi dice che mi accompagnerà fuori per il lunch. lungo il tragitto, mi astengo, per pura cortesia e per non metterlo in difficoltà, visto che non parla una parola di inglese, dal chiedere a Kim cosa sia una “bihaha” ma comincio ad avere forti perplessità. Mi porta con l’auto su una rampa in salita di un centro commerciale Wall Market, credo fino al settimo piano e qui scopro l’arcano . Nell’ultimo piano ci sono tanti piccoli ristorantini e su uno c’è scritto: “???? ??” che non mi dice niente, ma sotto la traduzione mi illumina: “Very Italian Pizzah” .
La h finale non è un refuso, solo che a loro non sembra ben conclusa qualsiasi frase se non ha almeno una h dentro.
Entriamo e cerco di condividere l’entusiasmo di Kim che mi descrive, nella sua lingua, di cui comprendo il senso solo perchè vedo le figure, la vera unica eccezionale macchina coreana per fare le pizze italiane (originali). Da un’imbuto di acciaio lucido escono pezzi di pasta lievitata che un rullo stende a mo di cerchio rotondo e poi da un beccuccio esce una sostanza rossa che vorrebbe essere o avrebbe l’ambizione di essere polpa di pomodoro. Il tutto passa per pochi minuti in un forno e poi, meraviglia delle meraviglie !! Ciascuno può prendere quella specie di pizza e cospargerla a volontà di cipolla tritata fresca. Per questo c’è una apposita macchina distributrice con beccuccio che è un grosso imbuto di acciaio pieno di cipolle pelate (spero lavate!) e ciascun cliente girando una apposita manovella può tritare le cipolle a volontà e cospargerle sulla pizza, anche a più riprese (refill), mi spiega con gesti entusiasti Kim. Ora, io ho una riunione alle tre del pomeriggio: molto importante, e pensare di ingurgitare kili di cipolla cruda, sono sicuro che non aiuteranno le mie relazioni sociali. Ma rifiutare non mi sembra giusto visto la loro gentilezza e apprezzo con entusiasmo. Non dico a Kim che una pizza così buona non l’ho mai mangiata perchè non capirebbe l’ironia. Calcolo mentalmente che mi ci vorranno dai due ai tre giorni abbondanti per digerire le cipolle della “Buonissima Bihaha Italiana.”
Al ritorno in ufficio My-Ion mi chiede come era la Bihaha. Rispondo che una cosa così davvero non l’ho mai mangiata (ed e’ vero). Lei mi risponde sorridendo.

Carlo Perugini

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