La Litania in napoletano alle Anime Pezzentelle A Napoli

 La Litania in napoletano alle Anime Pezzentelle A Napoli, nella Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco e al Cimitero delle Fontanelle nel rione Sanità, è ancora viva (nonostante il divieto della Curia nel 1969, nella persona dell’arcivescovo di Napoli card. Corrado Ursi) la devozione “magico-religiosa” popolare verso le “Anime Pezzentelle” e un particolare rito, che prevedeva l’adozione e la sistemazione di un cranio detta «capuzzella», al quale corrispondeva un’anima abbandonata («pezzentella» quindi) in cambio di protezione e favori. In un ambiente cosi suggestivo e magico non potevano non nascere le varie personificazioni delle “Anime Pezzentelle”.

Ecco dunque nascere la figura di Lucia, una giovinetta morta subito prima del matrimonio o, le presenze di uomini morti in guerra, principesse e cavalieri. Talvolta poi, i teschi hanno una storia e un nome trasmessi attraverso racconti tramandatisi nel tempo; è il caso del “Monaco” (o’ capa e Pascale) in grado di far conoscere i numeri vincenti al gioco del lotto, quella del “capitano”, figura di riferimento emblematica del Cimitero delle Fontanelle o quella di “Donna Concetta” nota più propriamente come “a’ capa che suda”. Altro aspetto significativo è legato alle leggende sulle storie dei bambini in particolare quella di “Pasqualino”.

Al Cimitero delle Fontanelle, il comportamento rituale si esprimeva in un preciso cerimoniale: il cranio veniva pulito e lucidato, e poggiato su dei fazzoletti ricamati lo si adornava con lumini e dei fiori. Il fazzoletto era il primo passo nell’adozione di una particolare anima da parte di un devoto e rappresentava il principio affinché la collettività adottasse il teschio. Al fazzoletto si aggiungeva il rosario, messo al collo del teschio per formare un cerchio; in seguito il fazzoletto veniva sostituito da un cuscino, spesso ornato di ricami e merletti. A ciò seguiva l’apparizione in sogno dell’anima prescelta, la quale richiedeva preghiere e suffragi.

I fedeli sceglievano chi pregare e a chi offrire i lumini nelle loro visite costanti e regolari. Solo allora il morto appariva in sogno e si faceva riconoscere.
In sogno comunque la richiesta delle anime è sempre la stessa: tutte hanno bisogno di refrisco, cioè di refrigerio: la frase ricorrente nelle preghiere rivolte alle anime purganti era infatti la seguente: «A refrische ‘e ll’anime d’o priatorio».
Si pregava l’anima per alleviare le sue sofferenze in purgatorio, creando un vero e proprio rapporto di reciprocità, in cambio di una grazia o dei numeri da giocare al lotto. Se le grazie venivano concesse, il teschio veniva onorato con un tipo di sepoltura più degno: una scatola, una cassetta, una specie di tabernacolo, secondo le possibilità dell’adottante. Ma se il sabato i numeri non uscivano o se le richieste non erano esaudite, il teschio veniva abbandonato a se stesso e sostituito con un altro: la scelta possibile era vasta. Se il teschio era particolarmente generoso si ricorreva addirittura a metterlo in sicurezza, chiudendo la cassetta con un lucchetto.
I teschi, inoltre, non venivano mai ricoperti con delle lapidi, perché fossero liberi di comparire in sogno, di notte. Secondo la tradizione popolare infatti l’anima del Purgatorio rivelava in sogno la sua identità e la sua vita. Il devoto ritornava allora sul luogo di culto, raccontava il sogno, e se l’anima del teschio era particolarmente benevola, si concedeva a tutti di pregare lo stesso teschio determinando così una sorta di santificazione popolare.
Rozze panche di legno, sistemate nelle caverne laterali innanzi ai cumuli di teschi, ospitavano i devoti per la recita di giaculatorie e litanie.

 

La Litania si snodava come segue:
Guida: “Requie, repuoso, refrische, cunzolo” (Pace, riposo, refrigerio, consolazione)
Coro: “Requia materna” (Eterno riposo)
Guida: “Requie, repuoso, refrische, cunzolo”
Coro: “Requia materna”
Guida: “Requie, repuoso, refrische, cunzolo”
Coro: “Requia materna”
Poi la Litania da collettiva diventava individuale con i suffragi indirizzati ad anime invocate per nome.
Guida: “Guè, pè l’anema ‘e (Giuvannino!)
Coro: “Requia materna” (Eterno riposo)
Guida: “Guè, pè l’anema ‘e (Nanninella ca murette sgravanno!)
Coro: “Requia materna” (Eterno riposo)
Guida: “Guè, pè l’anema ‘e (Vincenzino ca s’accerette ‘a coppo ‘o ponte ‘a Sanità!)
Coro: “Requia materna” (Eterno riposo)
E così via…
Veniva infine recitata coralmente la preghiera in suffragio delle Anime degli appestati:
“Io ve chiammo aneme tutte,
Aneme appestate cchiù de tutte;
Mò che nnante a Dio state
A me mischinu scunzulatu
E nun ve ne scurdate.
Pregate alla nostra divina clemenza,
Arapitece ‘e porte de la santa divina clemenza pruverenza:
Pregate alla vostra divina Redentora,
Ce favorite il nostro ‘ntenzione;
Mille e tanta vote
Reque, refrische, repuose, sullievo e pace A chest’ aneme appestate mie rilette; Venite a casa mia ca v’aspetto; E paura nun me ne metto.
Venite co lu nomme ‘e Giesù Cristo, Sant’Anna e Maria; ‘E case noste cuntente e cunzulate sia.
Pe lu nomme de la Santissima Ternità
Tutt’e ppene, tutte ‘e turmiente
Tutt’e guaie nc’adda acquietà.
Pe li voste battitore
Fance grazia vosto Signore;
Pe tre chiove trapassate
Refrische e sullievo a chell’aneme sante appestate.
Gesù mio misericordia;
Gesù mio misericordia;
P’e lacreme ‘e Mamm’ Addulurata
Refrische all’aneme de l’appestate.”

Pasquale Peluso

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