Sei poeta e ami il tuo paesino? Sei violento

𝐒𝐞𝐢 𝐩𝐨𝐞𝐭𝐚 𝐞 𝐚𝐦𝐢 𝐢𝐥 𝐭𝐮𝐨 𝐩𝐚𝐞𝐬𝐢𝐧𝐨? 𝐒𝐞𝐢 𝐯𝐢𝐨𝐥𝐞𝐧𝐭𝐨
Voi non potete immaginare a che punto sta arrivando il regime di sorveglianza che si sta imponendo giorno dopo giorno nella nostra vita quotidiana, a cominciare dalle pieghe più marginali dei social.

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Sei poeta e ami il tuo paesino? Sei violento
di Marcello Veneziani
01 Aprile 2024

Voi non potete immaginare a che punto sta arrivando il regime di sorveglianza che si sta imponendo giorno dopo giorno nella nostra vita quotidiana, a cominciare dalle pieghe più marginali dei social. Devo raccontarvi un’esperienza, personale e non solo, che ci dice dove porta la demenza dell’Idiozia Artificiale (chiamata stupidamente Intelligenza Artificiale) ibridata all’ideologia woke. Dunque, è stato ripreso sulla mia pagina Facebook e sugli altri social (Instagram, Telegram, Tweet) un mio articolo uscito mercoledì scorso su Panorama, La poesia dei paesini perduti, in cui raccontavo l’impegno del poeta Franco Arminio in difesa dei piccoli paesini in via d’estinzione. Un piccolo atto d’amore verso le minuscole comunità locali, scritto con tenerezza e nostalgia verso quel piccolo mondo antico che rischia di scomparire. Ma il blog è stato censurato su Facebook e dintorni perché, leggo testualmente: “La nostra tecnologia ha mostrato che questo post è simile ad altri che violano i nostri Standard della community in materia di contenuti forti e violenti. Non consentiamo alle persone di condividere contenuti che mostrano violenza esplicita”.
Se c’è un mio scritto dolce e disarmato, dedicato a un poeta e all’amore per il proprio paesino, senza nemici, che non polemizza con nessuno, è questo.
Dopo essermi scervellato a capire cosa il demente sotto falso nome che si fa chiamare algoritmo può aver ravvisato come violento, sono arrivato a questa conclusione. Ad un certo punto, condividendo l’appello accorato del poeta Arminio a non abbandonare i paesini d’origine ma anzi a ripopolarli, ho scritto: “Tornate al vostro paese…cominciate la migrazione al contrario”. Questa frase, estrapolata dal contesto dei piccoli paesi del sud abbandonati dai suoi abitanti, è stata letta presumibilmente come un appello, anzi un avvertimento, ai migranti a tornare a casa loro. Tesi e opinione che reputo peraltro legittima, ma che non c’entra affatto con quello che scrivevo e sostenevo.
Vedete a che punto arriva l’automatismo della tecnica, combinato con l’input ideologico e intollerante di chi ne dovrebbe controllare i contenuti?
Da che parte sta la violenza se non nella censura e nel definire violento ciò che è esattamente il contrario, un atto d’amore verso le origini di ciascuno di noi?
Peccato, peccato pasquale. Devo dirvi che avevo in mente di scrivere per stamattina un articolo pasquale di fiducia e di speranza nella resurrezione civile e spirituale, nonostante tutto. Pensavo di scrivere una riflessione sulla necessità di predisporsi in modo positivo e propositivo, di non abbandonarsi all’accidia e allo scontento generale, non sentirsi alla fine del mondo o dell’umanità; ma di preparare il terreno alla fiducia che altre pasque verranno, non sarà l’apocalisse. Una riflessione che avrebbe cercato di vedere i lati buoni nel nostro tempo, confidando nella forza della realtà, della natura, delle cose che sono, rispetto alla tentazione di consegnarsi a tutto ciò che li nega.
Ma questa inquietante intrusione, cieca e ottusa, ha avvelenato il proposito pasquale, e mi ha fatto desistere. La spirito di negazione, ancora una volta, ha prevalso, con la forza dell’anatema, sull’amore per la realtà, per la vita vera, per i sentimenti più genuini.
Non è la prima volta che succede, e mi succede. Basta una parolina, un contenuto appena non allineato al mainstream, e subito bloccano, frenano, nascondono i tuoi liberi pensieri anche se sono ponderati, rispettosi, mai offensivi verso nessuno. Da tempo ha più difficoltà la circolazione dei blog.
Aggiungo tre cose che rendono questo pur piccolo episodio ancora più amaro. La prima è che non puoi nemmeno protestare con qualcuno, non sai a chi e come rivolgerti: nel regno dei social e dei gestori tutto si svolge in modo anonimo, impersonale, automatico, non puoi ricorrere a nessuno che ti ascolti, che riconosca l’errore e il danno e che ponga rimedio e faccia pubblica ammissione di aver sbagliato. La seconda è che probabilmente, anche questa mia reazione di protesta, stavolta energica, alla stupida, vergognosa censura sarà a sua volta censurata dai tecno-aguzzini automatici che veicolano i social.
La terza, più generale, è che da tempo denunciamo sulle colonne de la Verità e non solo, la deriva della dittatura woke e le quotidiane violazioni e limitazioni alla libertà di opinione, molti condividono la nostra denuncia (anche in questo caso molti mi hanno scritto riferendomi della censura); ma non succede niente, non cambia niente, la marcia della faziosa stupidità prosegue imperterrita, dagli Usa a casa nostra. E ogni giorno si aggiunge un piccolo tassello alla grande muraglia del Divieto Ideologico Globale.
Pensate infine che con la minore diffusione dei giornali, la crisi spaventosa delle edicole, rischiamo di non avere più un’informazione controbilanciata, ovvero la possibilità di denunciare questi abusi e avvertire il pubblico di questo progressivo scivolamento nel conformismo coatto. Tendono a eclissarsi le fonti alternative d’informazione, critica e cultura; esattamente come la chiusura o la sorveglianza punitiva dei social rischia di tappare la bocca a tanta gente che si rifugia nei social per ripararsi dagli altri media, espressioni di poteri e fonti di opinioni prefabbricate. Stiamo tra l’incudine e il martello, insomma. E con questo ho chiuso. Buona colomba a tutti, se l’augurio non configura un contenuto violento nei confronti dei volatili e del gender, con eventuali allusioni erotiche di tipo sessista.

La Verità – 31 marzo 2024