Anniversario della morte di Michelina Di Cesare

Ricorre in queste ore l’anniversario della morte di Michelina Di Cesare, una delle icone del brigantaggio postunitario al femminile; un’icona celebrata per la sua notorietà, per il dualismo fra la bellezza della foto che la ritrarrebbe in tutto il suo splendore giovanile e il raccapriccio del suo cadavere violato nell’intimità. Ed è anche giusto celebrare le icone, anche se è sempre dietro l’angolo il rischio di eroicizzare qualcuno oltre i propri meriti (e anche – forse – oltre le sue intenzioni), per fargli indossare i panni delle proprie convinzioni ideologiche, per farne l’eroe “terzo” nel quale rifugiarsi. A me piace oggi ricordare tutte quelle donne che, senza il suffragio della memoria di oggi, difesero – a torto o a ragione (ma non è certamente un social la sede adatta per discuterne compiutamente) – l’altare degli affetti, la patria contadina della famiglia: le donne contadine del “brigantaggio”. Si opposero, questo è il dato certo! Lottando confusamente contro una condizione sociale che le opprimeva, ebbero il coraggio, la dignità e la coerenza di anteporre le leggi del cuore a quelle dello Stato.

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E mi piace ricordarle, riportando un brano di un illuminante saggio che coglie benissimo la drammaticità dell’opposto dualismo “individuo-Stato”: “…Antigone-Ismene, la donna ribelle <<appassionata dell’impossibile>> e la sorella, donna rassegnata alla subalternità. E poi legge contro giustizia; legge scritta contro legge non scritta; modernità contro tradizione; le leggi transitorie degli uomini contro quelle eterne degli dei; le esigenze della società contro i valori dell’individuo; diritto positivo contro diritto naturale …”
(Marta Cartabia – Luciano Violante, Giustizia e mito, Il Mulino, Bologna, 2018, p.85)

Valentino Romano

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