Foibe – celebrata la “Giornata del Ricordo”

Foibe – celebrata la “Giornata del Ricordo”

La celebrazione della Giornata del Ricordo per “raccontare, ricordare e capire” la persecuzione Titina esplosa nel dramma delle foibe dove trovarono morte atroce migliaia di italiani, ha un sapore ancora più triste e amaro per la comunità di Pontelandolfo. In uno dei 1700 inghiottitoi di origine carsica del Friuli Venezia Giulia, le Foibe in dialetto giuliano, profondi oltre venti metri, risulta da qualche anno che fu infoibato anche un certo Zappone di Pontelandolfo, parente di quel Celestino Zappone Commissario di P.S., che dopo una lotta infinita contro la mafia siciliana e contro il famigerato bandito Salvatore Giuliano, venne barbaramente trucidato a colpi di granate in un agguato lungo le strade di Partinico il 3 settembre del 1948. E’ una legge del 2004 del Parlamento Italiano, la numero 92, cosiddetta “legge Menia” (dal nome del deputato triestino Roberto Menia che la propose) che dopo lunghi anni di oblio ricorda la tragedia dimenticata e riconosce il 10 febbraio (anniversario del trattato di Parigi), come il “Giorno del ricordo in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale e concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati”. Fu uno degli episodi più drammatici e sconosciuti della Seconda Guerra Mondiale e dell’immediato dopo guerra, fu pulizia etnica contro tutti gli italiani presunti oppositori o potenziali nemici del futuro Stato comunista jugoslavo. Raccapriccianti, orribili spaventosamente crudeli avvenivano le uccisioni. I poveri condannati venivano legati l’uno all’altro ai polsi con un filo di ferro molto lungo. Schierati sugli argini delle foibe, gli spietati “giustizieri” a raffiche di mitra colpivano a morte non tutto il gruppo, ma soltanto i primi tre o quattro della catena che precipitando nell’abisso delle voragini, trascinavano nelle trappole della morte tutti gli altri, condannati così a sopravvivere per giorni sui fondali delle foibe sui cadaveri dei loro compagni di malasorte. Immani sofferenze patirono migliaia di italiani vittime della crudele repressione Titina gettati nelle foibe o deportati nei campi sloveni e croati a morire di stenti.

Gabriele Palladino