Maria Scerrato – “Fiori di Ginestra”

Alcuni episodi della vita di Maria Teresa Molinari tratti dall’autrice dal suo libro “Fiori di Ginestra”:

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MARIA TERESA ROSELLI MOLINARI
Nata a Castro dei Volsci nell’allora Stato Pontificio, nel 1838. La famiglia aveva rapporti con le bande che infestavano il territorio a ridosso del confine. Suo padre Domenico Roselli venne arrestato varie volte con l’accusa di manutengolismo e lei sposò giovanissima Giuseppe Molinari, noto brigante dal quale ebbe una numerosa prole. Il marito però venne catturato per aver preso parte ad un rapimento e fu detenuto a vita nelle carceri di Frosinone, lasciando la famiglia senza sostentamento alcuno.
I documenti di archivio la presentano il 12 novembre del 1864, quando venne arrestata insieme al padre. Il giorno successivo riuscì a fuggire in modo rocambolesco, lanciandosi dal treno in corsa all’altezza di Pofi, mentre veniva condotta a Frosinone. Tornata al campo base dei briganti, partecipò al combattimento a fuoco di Campo Lupino del giorno 22 ed infine si consegnò inspiegabilmente il 30 del medesimo mese, consapevole di una sentenza di carcere a vita che arrivò puntualmente, per aver preso parte attiva alla sparatoria, costata la vita a nove militi più altri feriti. Grazie agli effetti dell’Editto Pericoli, l’essersi presentata spontaneamente la salvò dalla condanna a morte per fucilazione. Le testimonianze rivelano che fu amante di Giorgio il Calabrese, affiliato alla banda Cima e che partecipava abitualmente alle azioni vestita da uomo e maneggiando con gran perizia e precisione di tiro le armi da fuoco.
Venne condannata all’ergastolo da scontare nel carcere papalino delle Terme di Diocleziano a Roma.

PROSEGUE IL RACCONTO DI MARIA TERESA ROSELLI MOLINARI “Cade di schiena sulle traversine, proprio in mezzo alle rotaie. Con gli occhi spalancati affronta il mostro di ferro che la sovrasta senza sfiorarla, con il suo sbuffare di vapore e fumo ed il rumore assordante. Le scintille ed i residui ferrosi prodotti dallo sfregare dei metalli che si alzano in aria vicino al suo viso la terrorizzano. Ha paura che le possano bruciare il volto ma è paralizzata e non riesce a muovere le braccia per proteggersi. Il puzzo di bruciato la invade fino nell’anima, soffocandole il respiro, costringendola ad aprire affannosamente la bocca, per tirare dentro un po’ di ossigeno. Al passaggio, si leva polvere e terra dal suolo, fino a ricoprirle le membra di un sottile strato di pulviscolo mentre giace tra i ciuffi d’erba, madidi per la brina mattutina. Un’ombra nera, lunghissima, la ricopre per interminabili minuti. Il frastuono assordante la investe: sono sibili, fragore di metallo e colpi. E poi un lungo silenzio, rotto solo dall’inconfondibile fischio. Impietrita, guarda il treno che sparisce attraversando la campagna ancora addormentata, correndo per un tratto insieme al fiume.”

PROSEGUE LA NARRAZIONE DI MARIA TERESA MOLINARI
Finalmente è libera. Il suo immediato desiderio è di tornare al piccolo nido di pietre e paglia a Collepece, sui monti poco lontani, dove l’aspettano cinque bambini che giorni addietro ha lasciato, affidati a Colomba, la maggiore, di soli dodici anni.
Senza di lei quegli uccellini implumi perirebbero e forse staranno già iniziando a morire di inedia, di paura e di ansia. Non sanno che la loro madre è stata arrestata e che la stanno portando in carcere. Chi mai avrebbe potuto avvisarli? Cosa penseranno di lei? Che li ha abbandonati? Che è morta lassù in montagna, cadendo in un burrone o arrampicandosi su una rupe?
Cinque sono i figli che ha avuto dal marito, il brigante Molinari. Tutti venuti al mondo in rapida successione, concepiti come fiori di carne, germinati nel suo grembo dal seme dell’uomo, dopo un abbraccio frettoloso che la lasciava esausta e insoddisfatta. Sono nati dalle sue viscere, tra dolore e sangue e si sono subito attaccati al seno, succhiando nutrimento e vita. Le loro voci la chiamano, le dicono di tornare ancora una volta alla casa dall’intonaco giallastro di fango. Lei vuole andare
per stringere le piccole mani sudice di terra e saliva, per lavare i grembiulini sporchi di moccio, le fasce non ancora smesse dall’ultimo nato e destarsi per i pianti che la terranno sveglia tutta la notte. Si rannicchierà con loro per dormire sul pagliericcio di foglie di mais, preparerà la polenta calda cotta nel latte e la verserà nelle stoviglie di legno, contenta nel vedere i piccoli attingere con le mani e le posate di stagno,
svelti nel riempirsi la pancia o rosicchiare un cantuccio di pane seduti sulla panca bassa, accanto al camino.

MARIA TERESA MOLINARI IV PARTE
Ai bisogni di quelle creature, Maria Teresa provvede da quasi due anni rapinando e saccheggiando, prendendo agli avari possidenti di Castro e San Lorenzo nello Stato
Pontificio le ricchezze che hanno accumulato, sfruttando il sangue ed il sudore dei contadini come lei. Ai figli bisognosi di tutto, è lei che porta il pane ed il latte, i vestiti caldi e le coperte.
Per loro ha preso il fucile e indossato i panni del brigante, quell’uniforme di morte e affanno che suo marito, Giuseppe Molinari rinchiuso nelle prigioni di Frosinone, le ha lasciato come unica eredità.
Da quando è rimasta da sola, è dovuta salire alla montagna, per prendere il posto del suo uomo nella banda, sostituendolo nelle azioni. Ha imparato a sparare e a dare la morte, scoprendosi spietata ed infallibile. Ha dovuto farlo per prendere la sua parte di bottino, per riportarla alla tana dai suoi cuccioli, come una lupa. Solo per loro continuerà nelle azioni delittuose a rischio della vita, perché non ha altro modo.
MARIA TERESA MOLINARI V PARTE
Al paese nessuno è disposta ad aiutarla o a darle un lavoro. È guardata con sospetto: intrattenere dei rapporti con lei può essere pericoloso, perché un’accusa di supporto ai briganti si paga assai cara. Tutti la scacciano come una cagna randagia incinta. Non le fanno fare nemmeno i lavori più duri come la contadina, la lavandaia o la fornaia. È andata a faticare alla cava di asfalto a Castro, spaccandosi la schiena per lunghe giornate, trasportando i secchi di bitume, lavorando come un uomo ma ricevendo solo la metà della paga di un maschio. Purtroppo quei soldi non bastano per sei persone.
Allora è andata a chiedere aiuto ai fuorilegge lassù in montagna. La banda l’ha accolta senza domande.
Ho appena terminato di pubblicare la prima pagina e mezza di FIORI DI GINESTRA, sperando di aver solleticato la vostra curiosità. Lasciamo per il momento Maria Teresa Molinari a Castro, nello Stato Pontificio, mentre si associa alla banda di Luigiotto Cima da Fondi e Giorgio il Calabrese e sale sulle montagne. Nei giorni successivi succederanno una serie di eventi che porteranno dei grossi rivolgimenti nella sua vita.
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