Recensione del romanzo “Con le migliori intenzioni”

 

Grazie a Monica Florio che sulla prestigiosa rivista “Il rievocatore”, recensisce (pag. 52) il mio nuovo romanzo “Con le migliori intenzioni” (Nova Delphi, 2019).

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IL REATO D’INTENZIONE DURANTE IL FASCISMO
di Monica Florio

Ambientato a Roma negli il anni tra il 1932 e il 1934,
Con le migliori intenzioni. Una bomba a San Pietro, di Enzo Di Brango, è una riflessione sull’antifascismo e sull’importanza della libertà, compromessa in un’epoca di consenso forzato, imposto attraverso l’abolizione degli altri partiti e il controllo della stampa.
Più che risolversi nella ricostruzione di fatti realmente accaduti l’attentato dinamitardo nella Basilica di San Pietro avvenuto il 25 giugno del 1933 ad opera dell’anarchico Leonardo Bucciglioni con la complicità di Renato e Claudio Cianca , il romanzo mira a rendere l’atmosfera tesa di un periodo in cui venne esteso l’obbligo di tesserarsi anche ai dipendenti pubblici.
Il protagonista è un cane sciolto, del tutto ignaro di essere manipolato dall’Ovra, la polizia politica fascista, che agevola i suoi intenti pur di incastrare i fuoriusciti Alberto Cianca, Carlo Rosselli e Gaetano Salvemini.
Il regime intende, infatti, debellare “Giustizia e Libertà”, fondata nel 1929 a Parigi dove Bucciglioni si reca in trasferta per organizzare il suo piano da alcuni esuli antifascisti come Rosselli e Salvemini.
Questo movimento politico era osteggiato dal Duce perché, negli anni in cui la propaganda fascista tendeva a nascondere o a camuffare la realtà italiana, svolgeva proprio una funzione di denuncia tesa informare e a sensibilizzare l’opinione pub¬blica sulla situazione effettiva del nostro Paese.
In un clima caratterizzato da omertà e delazioni, sarà proprio una vecchia conoscenza di Leonardo, Pasquale Capasso, un dipendente delle Ferrovie dello Stato disposto a tutto pur dì ottenere un avanzamento di carriera, a tradirlo.
Essendo il libro anche una spy-story, c’è una descrizione precisa del mondo squallido dei confidenti del regime, figure amorali passate per puro calcolo dal comuniSmo alla reazione. Alcune come Noemi, in arte Monna, si erano stabilite a Parigi dove si mescolavano ai fuoriusciti per spiarli e trasmettere le notizie raccolte ai fascisti italiani. Nella loro vuota esistenza, il sentimento cedeva il passo al piacere, a quel momentaneo godimento che poteva scaturire dalle relazioni intrecciate con altri servitori del Duce, con i quali, peraltro, non esisteva la minima solidarietà ma un atteggiamento di sospetto reciproco.
Al contrario di Noemi Geninazzi, Bice Pupeschi non è priva di una sua umanità, pur facendo parte col nome di Diana1 della rete di spie al servizio del regime. Amante del capo della polizia Arturo Bocchini, Bice assume inizialmente Giovanna come assistente personale in modo da carpirle informazioni su Leonardo, di cui la ragazza è innamorata invano.
Quando nella casa di appuntamenti da lei gestita e frequentata da personalità di rilievo, sorgerà un sentimento profondo tra Giovanna e la giovane entraineuse Marina sarà proprio Bice ad aiutare la coppia a fuggire in Belgio. Giovanna e Marina sono due figure trasgressive agli occhi della morale ipocrita di un epoca in cui solo chi deteneva il potere poteva essere, almeno in parte, libero. Emblematico è il personaggio di Caterina, moglie di un gerarca omosessuale, che, travestita da uomo, si intrattiene con delle donne nella casa di appuntamenti di Bice.
Giovanna e Marina incarnano un’immagine femminile invisa alla morale bigotta del periodo che vede la donna come il fulcro della famiglia, riducendola al ruolo di moglie e di madre, e condanna l’omosessualità considerandola una perversione.
Tale concezione è condivisa inizialmente dalla stessa Giovanna che vive il bacio scambiatosi con Marina con una tale ansia – “un peccato mortale che le annunciava la condanna della sua anima all’inferno – da confessarlo subito a un prete.
Né l’atteggiamento indulgente del gesuita («Non ho nulla di cui assolverti») la libererà da dubbi e sensi di colpa. Tuttavia, è proprio Giovanna a comprendere l’ingiustizia di fondo di un sistema basato sulla violenza perpetrata sistematicamente nei confronti dei dissidenti, mentre Marina giustifica i continui controlli, gli arresti, i pestaggi e il confino, considerandoli come una punizione necessaria per mantenere l’ordine.
Il metro assai discutibile di amministrare la giustizia toccò il culmine con il reato d’inten-zione di cui fu accusato Angelo Sbardellotto, arrestato il 4 giugno del 1932 per il proposito di attentare alla vita di Mussolini e poi fucilato. Come Sbardellotto, anche Bucciglioni era un anarchico, senza avere, però la coerenza e il coraggio del primo tanto da pentirsi in extremis e rinnegare le sue convinzioni in una lettera di¬sperata al Duce.
Lo si potrebbe definire un uomo senza carat-tere, pigro e immaturo2, così volubile da entu-siasmarsi subito a un’idea (al fascismo come alla rivoluzione), finendo con la stessa facilità per prenderne poi le distanze.
La confusione di Leonardo diventa ancora più evidente in carcere, quando si imbatte in Alvaro, un comunista che gli propone di aderire a un gruppo di antifascisti. Leonardo non vuole saperne, ormai il suo unico scopo è pentirsi per evitare di fare la fine di Sbardellotto.
Il verdetto finale punisce le “intenzioni” dei responsabili dell’attentato mancando, però, l’obiettivo principale, ovvero colpire “Giusti-zia e Libertà” e incriminare Rosselli, Cianca3 e Salvemini.
Quali siano state le intenzioni dell’autore nel dare alle stampe questo bel romanzo lo si evince dalle sue riflessioni (“Avvertenze”) in coda al testo.
Il passato – il fascismo – diviene lo spunto per riflettere sul presente e porsi degli interrogativi inquietanti sulla situazione attuale, caratterizzata da una violenza nei confronti delle mino¬ranze (gli stranieri ma anche gli omosessuali e i portatori di handicap) che sarebbe inutile negare.
Sono questi tempi duri in cui, quasi senza accorgercene, per superficialità e arrendevolezza, stiamo rinunciando alle libertà faticosamente conquistate.
Anche nella narrativa prevalgono il disimpegno e l’autorefenzialità, per cui molti prodotti un buon romanzo dall’approfondimento psicologico alla correttezza formale non vanno oltre il mero intrattenimento.
Con le migliori intenzioni è un monito a preservare quei valori oggi trascurati in primis, la tolleranza per non correre il rischio di ripetere gli errori del passato e ritrovarci come direbbe l’autore «nelle medesime, sciagurate condizioni».
ENZO DI BRANCO, Con le migliori intenzioni Una bomba a San Pietro (Roma, Nova Delphi, 2019), pp, 256,14,00 euro

1 Era consuetudine da parte del Capo della Polizia Bocchini affibbiare ai propri informatori nomi desunti dal mondo antico.
2 Per quest’aspetto Leonardo richiama alla mente Andrea Campese, il protagonista del racconto lungo Lo scialle andaluso di Elsa Morante (Torino, Einaudi, 1963). In¬quieto e irrisolto, il giovane abbandona il seminario per curare gli affetti familiari, salvo poi trascurarli e unirsi a un gruppo di sovversivi, senza mai capire cosa gli stia veramente a cuore.
3 II fuoriuscito Alberto Cianca è il fratello di Renato, condannato a trentanni come Bucciglioni (al giovane Claudio, figlio di Renato, sarebbero toccati, invece, di-ciassette anni dì reclusione).
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