“non puoi fare i conti senza …l’oste”

I CONTI SENZA…L’OSTE
di Valentino Romano (*)

Acerra, luglio 1864.
Se chiedi all’oste com’è il vino non potrà che risponderti che è buono. A te, però, resta il compito di verificare sul campo, anzi nel bicchiere. Perché, non a caso è ricorrente nella saggezza popolare il detto “non puoi fare i conti senza …l’oste”: lui devi venderti la sua mercanzia; è quello che sa far meglio, è il suo mestiere. Ma, soprattutto, quando ti regala qualcosa, o comunque ti dà una dritta … qualcosa c’è sempre sotto. Meglio faresti, perciò, ad essere prudente e a verificare il tutto.
Non tennero in conto queste considerazioni i sei soldati del Regio Esercito che erano stati mandati in perlustrazione a caccia di briganti nei dintorni di Acerra. Dopo ore e ore di giri estenuanti sotto il sole e inutili “appiattamenti” se ne erano tornati nel paese. Non vedendo l’ora di riposarsi e di rifocillarsi, avevano depositato in fucili in custodia presso i quartieri della Guardia Nazionale e se ne erano andati in una bettola.
Un piatto caldo, un fiasco di vino e qualche chiacchiera potevano allontanare i fastidi per un po’ i disagi di una guerra strana, combattuta su un terreno infido, contro un nemico spesso invisibile, quasi mai facilmente identificabile, sempre circondati – nella migliore delle ipotesi – dalla diffidenza di quella gente ostile e refrattaria che il Re galantuomo aveva preteso di liberare. Fu così che dopo il ristoro dello stomaco e, complice anche quel benedetto fiasco, avvertirono l’urgenza del cosiddetto “riposo del guerriero” (che i rapporti dei loro superiori definirono poi assai più prosaicamente “bisogno carnale”). Per soddisfarlo si rivolsero allora all’oste che, in ragione, del suo mestiere si era mostrato amichevolmente cortese e complice. Un ammiccamento, una frase buttata quasi per ridere e l’oste era stato lesto a fornire le indicazioni necessarie al soddisfacimento del suddetto bisognino: alla periferia del paese abitava una tale Filomena Riccardi, disponibilissima ad agevolarli. Naturalmente l’oste garantiva sulla qualità dei servizi offerti espingeva la sua benevolenza al punto da mettere a disposizione un ragazzino per guida. Detto fatto, proposta accettata con entusiasmo. E il ragazzino aveva compiuto diligentemente il compito assegnatogli, li aveva portati sul posto e, prima di dileguarsi, li aveva invitati ad aspettare un poco, indicando la finestra di una modesta abitazione: lì abitava e “riceveva” l’oggetto dei loro desideri; sarebbe bastato bussare con discrezione alla porta accanto per essere accolti.
I soldati eseguirono fedelmente le istruzioni della guida, passeggiando per un po’ nei dintorni e poi – quando ormai in giro non si vedeva più anima viva, bussarono alla porta di quello che ritenevano un piccolo paradiso, seppure a pagamento. Solo che, ormai infoiati come si ritrovavano, sbagliarono porta e vennero respinti a male parole da una donna di mezz’età che, invece di mandarli in Paradiso, li aveva indirizzati a …quel paese: frastornati ma determinati bussarono finalmente alla porta giusta.
Di òlì a qualche istante le imposte della famosa finestra si schiusero lasciando intravedere Filomena, bella, scarmigliata e distinta, che chiede cosa diavolo andassero cercando a quell’ora di notte.
I giovanotti non stavano più nei pantaloni e – senza inutili giri di parole – chiesero alla donna di avere quello per cui erano venuti: si aspettavano un sorriso compiacente, un garbato “accomodatevi”, insomma un sì sussurrato. E, per qualche istante, pregustarono le delizie di un amore mercenario, in cuor loro rendendo grazie all’oste amico. La realtà, però, si appalesò ben presto in tutta la sua crudeltà: dalla bocca della bella popolana venne fuori una sequela d’improperi e un grido d’aiuto ai vicini. E non basta: dalla finestra piovve su di loro tutto ciò che Filomena si trovava a portata di mano. Ma – anche se le carte d’archivio parlano pudicamente di “pietre” e altri oggetti, essendo quella la finestra di una stanza da letto, dove i meridionali erano soliti tenere i servizi igienici …portatili – è facile intuire cosa potesse avere a portata di mano la fanciulla e cosa potesse riversare sulla testa dei soldati per raffreddarne i bollori: un “pitale” ben ripieno, tanto per non girarci intorno con le parole.
Richiamati dalle grida, nel frattempo, erano usciti tutti i vicini che – chieste spiegazioni a Filomena – avevano circondato minacciosi i soldati.
La situazione si era fatta pesante, sembrava la classica scintilla che fa sempre esplodere la reazione dell’occupato nei confronti dell’occupante. Qui, per i popolani di Acerra, era in gioco anche l’onore delle proprie donne e, si sa, su questo argomento i meridionali poco o nulla transigono: ospitali oltre ogni dire per cultura e definizione, è vero, ma … non oltre la soglia della stanza da letto!
In aggiunta, a rendere ancor più incandescente la situazione ci si metteva anche il legittimo fidanzato della bella Filomena, un certo Renella, tipo alquanto collerico, poco conciliante e di risaputi sentimenti antigovernativi.
Insomma … la rivolta era dietro l’angolo e sarebbe certamente scoppiata se, richiamata dal trambusto, non fosse intervenuta la Guardia Nazionale a sottrarre i malcapitati dal linciaggio, facendoli riparare nella caserma. Al mattino i poveracci, con le divise non propriamente linde, riprendevano i fucili e se ne tornavano al reparto: li attendeva non solo un’altra giornata di guerra ma anche i rimbrotti dei superiori e l’inevitabile scherno dei commilitoni.
La storia finisce qui. Però, a leggere bene nel relativo incartamento d’archivio, ci si può rendere anche conto delle cause profonde dell’equivoco: Filomena veniva indicata come la più bella del paese e come tale era da tutti concupita, oste compreso, il quale, in aggiunta, non era poi nemmeno tanto entusiasta della nuova bandiera: per sovrapprezzo il Renella fidanzato della fanciulla esercitava, in stretta concorrenza con l’oste, la medesima attività.
Quale occasione migliore allora per cogliere più piccioni con una fava e farsi gioco, tanto dei soldati del Regio Esercito quanto del rivale in amore e in attività?
Vatti a fidare dell’oste, allora! È proprio vero, senza di lui non si possono fare i conti: per bene che ti vada … rischi di ritrovarti con un pitale pieno addosso.
Buona domenica, amici!

(*) Promotore Carta di Venosa