UN LACRYMA CHRISTI PARTICOLARE.

UN LACRYMA CHRISTI PARTICOLARE.
di Valentino Romano (*)

Amici, oggi è il primo giorno dell’anno e ci conviene pasteggiare con un buon vino; “nunc est bibendum” dicevano i miei antenati che di buon vivere se n’intendevano e parecchio pure.
Ed è tempo d’allegria e di serenità. Per questo ho scelto una storia che muove al sorriso ma che, come al solito, nasconde profonde verità: è una storia che – soprattutto oggi – va raccontata con bonomia, senza astio geografico e ideologico. Con un sorriso, appunto!
Eccola.
Siamo nelle prime settimane del 1862: il conte di Cavour è appena scomparso e, a sostituirlo, è stato chiamato il barone Bettino Ricasoli; uno dei suoi primi atti governativi è l’abolizione della Luogotenenza nelle provincie meridionali e il conseguente trasferimento dei poteri a un militare che andrà a sommare in sé la carica di Comandante del VI Corpo d’Armata a Napoli e quella di Prefetto per la stessa provincia. Il disegno è chiaro militarizzare i territori annessi e centralizzare il controllo politico delle provincie meridionali. Con buona pace delle “autonomie” locali.
Il prescelto per il delicato incarico è il generale Alfonso La Marmora, del quale si dice un gran bene.
Ricasoli e La Marmora ancora non si conoscono personalmente ma, per ragioni d’ufficio, instaurano una fitta corrispondenza che sfocerà poi in consuetudine, se non in un rapporto di vera amicizia. E noi oggi dobbiamo alla pubblicazione del loro fitto epistolario se possiamo leggere la storia del Lacryma Christi.
Il 28 febbraio Ricasoli scrive al generale: “Eccellenza, non si metta a ridere se comincio di cosa che deve molto contrastare con le cure nostre: ma non è male dare al nostro pensiero qualche lieto indirizzo almeno per il suo riposo”.
E mi pare pure giusto, aggiungo io: anche i politici e i militari hanno diritto a qualche svago, che diamine! Le cure della Nazione spesso non lo consentono e i “lieti indirizzi” passano sempre in secondo piano e quando ce se ne rende conto, magari, è pure tardi.
Per questo Ricasoli va dritto al sodo: “In effetti mi sono ricordato forse un poco tardi delle mie antiche letizie e dove devo tornare presto: mi sono ricordato dei miei campi e delle mie vigne e ho pensato a Lei, che mi avrebbe potuto fare cosa piacevole”.
La Marmora sobbalza sulla poltrona: vuoi vedere – pensa sulle prime – che questo adesso vuole pure che gli coltivi le vigne?
Ma, proseguendo nella lettura della missiva, si tranquillizza subito: Ricasoli vuole solamente che il generale “gli procuri dei magliuoli (sarments) di Lacrima Cristi. Dubito che sia un po’ tardi; ma il tenar non è male. Ne vorrei un migliaio, di buona qualità, con il nome vernacolo varietà per varietà. Ella mi farebbe grande piacere se potesse procurare alle mie vigne questa qualità di vite scelta nel suo proprio territorio. Io faccio l’augurio di bevere insieme all’E.V. alla salute d’Italia la prima bottiglia”.
La Marmora si rincuora: proprio non gli andava di andare a zappare la vigna di Ricasoli. Tuttavia, non può che farsi una risata pensando a un capo di governo che, invece di preoccuparsi di ricostruire una nazione, pensa a a … ricostruire la sua vigna. Adesso, amici, evitate di fare collegamenti con i capi di governo che verranno dopo Ricasoli e che si preoccuperanno delle loro aziende. A Capodanno non è consentito essere maliziosi!
Torniamo a La Marmora: è certamente sconcertato dalla richiesta ma, com’è risaputo, al Capo non si può dire di no, una sua preghiera è sempre un ordine simulato. Tuttavia, pur obbedendo, una battutina piuttosto pungente ci sta tutta. E questa arriva puntuale nella risposta: “ Malgrado la di Lei raccomandazione io non potei fare a meno di ridere quando mi vidi incaricato di una commissione agricola, del che poco o nulla mi intendo”. E subito si mette alla ricerca dei tralci. La cosa non è facile: in zona ci sono più briganti che barbatelle e la caccia a queste ultime è più difficile di quella ai primi. Così chiede aiuto al principe di Fondi, il quale “ha immensi poderi di ogni sorta”. Costui, però, non ne ha e gli indica l’unico possessore possibile, il Principe Ottaviano. Qui si presenta un piccolo problema: il nobile, accusato di aver favorito uno degli uomini della banda La Gala, è stato accusato di manutengolismo ed arrestato; anche se poi è stato prosciolto da ogni accusa, ed è poco probabile che sia disposto a collaborare. Il principe, però, come una consistente parte di meridionali, non è per niente rancoroso e accetta di collaborare. “Purtroppo la stagione – fa sapere La Marmora a Ricasoli – è assai troppo inoltrata per questi piantamenti”. Il Generale, perciò, chiede lumi a Ricasoli che, nel frattempo, è stato sostituito alla Presidenza del Consiglio da Rattazzi e se ne è tornato alla sue amate vigne: “V.E. mi dirà se vuole che io la commissione affidi per il dicembre al Principe Ottaiano, o se intende aspettare”.
Nel novembre La Marmora ritorna alla carica: ieri venni a trovarmi il Principe Ottaiano per dirmi che i magliuoli e le radicette di viti che Ella fin dalla primavera scorsa aveva esternato di avere sono tutte pronte e che essendo propizia la stagione per piantarle, la prega a volergli indicare dove e a chi deve indirizzare”.
Ormai siamo in ballo e balliamo, sembra dire La Marmora, precisando che “pagherei io stesso l’ammontare di quella piccola spedizione, se pur Ella lo desidera”.
Ricasoli, che in questo preciso momento non ha un cavolo da fare, risponde immediatamente: “accetto pure l’offerta che l’E.V. mi fa di pagare l’importo di quei magliuoli” E ti pareva! Aggiunge, è pur vero, un timido “debbo pregarla di dirmi dove io potrò rimborsare l’E.V.” Come dove? Benedetto barone, allo stesso recapito dove hai indirizzato le richieste, no?
Ma questa, come si dice dalle mie parti sembra proprio “na bbabbiata” di circostanza.
La storia delle barbatelle finisce qui. Il carteggio non ci consente di dire se poi il pagamento sia stato onorato o meno. Io propendo per la seconda ipotesi. Anzi quel folletto impertinente che talvolta mi si agita entro il cervello, insinua che le barbatelle non siano state pagate nemmeno al Principe Ottaviano.
La domanda che mi pongo è, però, un’altra: c’era proprio bisogno di scendere da queste parti e combinare tutto quel casino solo per procurarsi le barbatelle? Se ce le avessero chieste garbatamente gliele avremmo mandate a casa e, per giunta, senza spese. La Storia invece è andata com’è andata e non ci hanno fregato solo le barbatelle del Lacryma Christi ma pure … le lacrime per piangere!
Ma, alla fine della fiera, ci resta una sottile soddisfazione.
Amici, pensateci! I nostri amici leghisti del Nord pasteggeranno oggi con i vini delle tenute Ricasoli, convinti di stare a bere un’eccellenza esclusiva delle loro terre. E se ne vanteranno orgogliosamente, non sapendo che in quella riconosciuta “eccellenza” c’è anche … il meglio del Sud! Impagabile!!! Beati i poveri di spirito! E anche coloro che non conoscono la Storia, aggiungo io. Il che, nel caso dei leghisti “duri e puri”, si coniuga alla perfezione con la massima evangelica di cui sopra.
A voi tutti, con … un calice di Lacryma “tutto nostro” in mano, l’augurio di un anno sereno insieme da parte mia.

(*) Promotore Carta di Venosa