“Chiamami dottora”

“Chiamami dottora”: l’ultima follia della Ue sulla parità di genere

31 Marzo 2022
Nella città romagnola sono stati installati dieci pannelli sul rispetto della parità di genere finanziati dalla Commissione europea in collaborazione con il comune tra cui uno in cui è raffigurata una donna con il velo e la scritta “Non chiamarmi signorina, chiamami dottora”

Francesco Giubilei

Pochi giorni fa a Ravenna sono stati installati dieci pannelli informativi in vari punti della città con l’obiettivo di promuovere una cultura di “rispetto della parità di genere, di sensibilizzazione alle pari opportunità e prevenzione e contrasto alla violenza di genere”. Un’iniziativa sulla carta giusta che dovrebbe essere scevra da ogni connotazione ideologica ma che, nei fatti, si è rivelata una campagna intrisa di ideologia come testimoniano alcuni dei pannelli realizzati. Il problema è che si tratta di un’iniziativa finanziata con i fondi della Commissione europea nell’ambito del progetto “Shaping fair cities – agenda 2030” e realizzata grazie alla collaborazione tra le associazioni del territorio Liberedonne Aps – Casa delle donne, Villaggio globale, Femminile maschile e plurale e il Comune di Ravenna.

Emblematico il caso di un pannello raffigurante una giovane donna con il velo e la scritta: “Non chiamarmi signorina, chiamami dottora”. Il velo rappresenta tutt’altro che un simbolo di parità di genere e rispetto dei diritti delle donne e utilizzarlo per una campagna con queste finalità è non solo contraddittorio ma fuori luogo, tanto più se finanziato con i soldi dei contribuenti italiani ed europei. Come se non bastasse l’immagine, la scelta testuale è allo stesso modo discutibile con la parola “dottora”. Più che parità di genere siamo di fronte all’ignoranza della lingua italiana – una contraddizione nella città in cui è sepolto Dante Alighieri – dal momento che già esiste la parola “dottoressa”.

L’iniziativa rientra in un progetto più ampio iniziato nel 2019 con un workshop intitolato “Le ragazze stanno bene a Ravenna” da cui sono emersi dieci slogan “per una campagna di comunicazione incentrata sulla parità di genere e sul sessismo della lingua italiana”.

I pannelli sono stati esposti in vari punti della città tra cui il consultorio pediatrico e perciò visibili anche ai bambini con frasi del tipo: “Perché vuoi sapere se sono maschio o femmina?”.

La parità di genere è un tema importante e andrebbe affrontato con progetti in grado di coinvolgere tutta la cittadinanza e senza l’ideologia che porta a raffigurare una donna con il velo e a pensare che utilizzare il termine “dottora” invece di “dottoressa” sia un modo per “superare il sessismo della lingua italiana”.

 

https://www.ilgiornale.it/news/politica/ravenna-lue-finanzia-progetto-sulla-parit-donna-velata-2022481.html