Cecità urbana

Cecità urbana

E’ possibile evadere dalla concezione per cui bisogna sempre dare un prezzo alle cose tralasciando il suo vero valore? L’ideale tipico di un aziendalismo bieco e spropositato mette in moto una serie di atti fisici e artificiali che mirano a destrutturare ciò che in precedenza con cautela è stato fatto. Il raggiungimento ultimo lo si ottiene quando, con assoluta perspicacia, lo scenario auspicabile di ogni minuto agglomerato urbano diviene il campo da gioco per meglio sfruttare gli obiettivi di una società futura.

In sostanza emergo dal silenzio dannoso e oscuro, che ospita la nostra comunità, per cercare di chiarire alcuni aspetti che riguardano la familiare capacità di non vedere. Siamo caratterizzati da un forte quanto folkloristico fomento per le cause che, inizialmente, interessano la maggior parte di noi; nell’ultimo periodo, in particolare dalla costruzione del parco eolico, il ring dove si combatte l’ultima battaglia tra sostenitori e oppositori è il network. Tutti schierati contro l’obbrobrioso atto, o per meglio dire lo “sturcio”, perpetrato nel nostro paese. Bene! In merito esistono varie scuole di pensiero: colui che odia a prescindere l’impianto sia per un fattore visivo sensoriale sia per un’ipotetica distruzione, seppur momentanea spero, della viabilità della cittadina; c’è l’onnipresente cultore – non in senso dispregiativo – che dispensa pillole di diritto per accreditarsi un primo posto nella lotta facebookiana; infine colui che è tiepidamente in accordo con l’innalzamento delle strutture e che sostiene l’energia rinnovabile in quanto pulita e necessaria, ma crede nel posizionamento off-shore dell’impianto. Ribadisco che le posizioni sorrette dalle tre componenti di questo lieve scontro sono assolutamente legittime e considerate. Oltre alla caratteristica estetica e di superfice appena descritta, i tre gruppi, così teorizzati per comodità, condividono, come il resto della popolazione, un elemento tenue e quasi inavvertibile: la falsa cecità. Sembra strano, ma la sicurezza di avere degli occhi con cui vedere non garantisce una reale percezione di ciò che in sostanza ci delimita. Due sono i motivi dell’apparente quanto finta cecità: interessi personali e distrazione dovuta alla passività locale. Vi propongo quattro semplici esempi di cecità quotidiana pontelandolfese.

Il primo: la nostra facoltà visiva e intellettuale permette di notare, prima dell’ingresso del paese venendo dal capoluogo sannita, lo scenario eolico che segue la lunga costola al di sopra delle nostre teste; nello stesso punto, la nostra abilità di non vedere, o di non voler vedere, omette un ulteriore danno estetico che, sempre alle soglie del paese venendo da Benevento, caratterizza l’inutilità e l’alienazione di una sorta di monumento, la famosa e conosciuta scheggia sannita, che, chiaramente e per fortuna, è stato dimenticato.

Panorama eolico

Il secondo: il finto vedente, una volta entrato nel paese, avverte l’imponente torre che sovrasta piacevolmente il piccolo centro; si gonfia il petto e magari prosegue la strada, alla sua sinistra, che lo conduce presso la casa comunale. Distratto dalla visione dell’orgogliosa torre, distrazione del tutto lecita, non può realmente notare la penosa condizione e lo sbriciolamento di una delle più antiche strade del centro storico. Restando in quell’angolo geografico del paese, il cieco omette altri due particolari aberranti: la coppia di casermoni che si guardano, tra incuria e abbandono, in un amplesso architettonico spregevole; per meglio capirci, l’enorme palestra e il palazzo conosciuto come labirinto.

Palestra centro storico

Labirinto

Il terzo: recandosi in chiesa, quella di recente costruzione, il credente constata l’ignobile condizione della piazza antistante il luogo sacro, contrassegnata da un errata scelta della pietra completamente inadatta a un attraversamento delle auto (non lo dico io, ma la condizione della piazza stessa). Ciò che però non entra nel raggio visivo del fedele sono i fatiscenti ex bagni pubblici: in pieno centro, a due passi dalla scuola e dalle attività commerciali, l’ex spazio dedicato ai bisogni pubblici è un focolaio di germi, una pattumiera a cielo aperto destinato a deteriorarsi. E’ lì da anni nascosto, all’oscuro ma, se si vuole, si vede.

Ex bagni pubblici

Il quarto e ultimo: abbandonando il centro e dirigendosi verso la statale, in prossimità del bivio principale del paese, il cieco pontelandolfese non vede un ulteriore monumento tralasciato al suo stesso declino: quello dedicato ai caduti di Bridgeport. A parte la scelta discutibile dello stile artistico, lo stato in cui vive il mausoleo commemorativo è vergognoso. Lo si può definire, solo perché è bianco, il gemello buono dell’opera di cui accennavo al punto uno.

Strada comune

Il ridotto numero di esempi si arresta sia per non eccedere con le parole sia per evitare un’analisi noiosa e pedante.

Lo scritto non si propone come un insulto verso la popolazione, non si palesa come un atto violento e fazioso; la volontà dell’articolo risiede nel fornire al lettore un invito a lasciare la tastiera e il ring dell’eolico e, dopo un attento e minuzioso esame di coscienza, cominciare a vedere, a indagare, a riattivare i cavi ottici dei nostri occhi, a far presente fisicamente dello stato ignobile in cui versa il paese.

Le pale rappresentano solo la ciliegina su una torta fatta di “sturci”. L’eolico è l’ultimo arrivato.

Gianmarco Castaldi 

16/04/2019